Il Prodotto Unico Fasi-Assidai è leader

Una copertura sanitaria fortemente innovativa che si impernia su un network unico di strutture convenzionate su tutto il territorio nazionale

Una copertura sanitaria fortemente innovativa, che integra pressoché totalmente il rimborso delle prestazioni previste dal Nomenclatore Tariffario Fasi. Anche nel 2023, l’adesione al Prodotto Unico Fasi-Assidai si conferma una grande opportunità per le aziende industriali, che possono così offrire ai propri manager in servizio uno dei benefit più richiesti in assoluto: l’assistenza sanitaria integrativa. Nel dettaglio, è possibile scegliere tra tre tipologie di offerta: Pacchetto Base, A o B.

Pacchetto Base – Prevede il rimborso fino al 100% del richiesto per i ricoveri con o senza intervento chirurgico e interventi ambulatoriali, fino a un massimo di 1 milione di euro l’anno per nucleo familiare nel caso in cui le prestazioni siano effettuate utilizzando la rete di case di cura ed equipe mediche convenzionate con il network IWS. È previsto, inoltre, un rimborso fino al 100% del richiesto e fino ad un massimo di 25.000 euro per nucleo familiare in caso di extra-ricovero, sempre in regime di convenzionamento diretto. Sul fronte odontoiatrico, si ha il rimborso fino al 90% dell’importo richiesto e fino a un massimo di 12.500 euro per nucleo familiare in caso di spese relative alle voci previste dalla Guida Odontoiatrica del Fasi in vigore e secondo i criteri liquidativi in essa riportati.

Pacchetto A – Prevede in aggiunta al Pacchetto Base, per i ricoveri con o senza intervento chirurgico, il rimborso del 100% della spesa totale anche se effettuata in forma indiretta. Inoltre, è previsto il rimborso per l’acquisto di lenti e occhiali, purché prescritto dal medico specialista o dall’ottico optometrista.

Pacchetto B – Rappresenta un ulteriore upgrade del Prodotto Unico, già eccellente nelle altre due formulazioni, e prevede per i ricoveri con o senza intervento chirurgico il rimborso del 100% della spesa totale anche se effettuata in forma indiretta; il rimborso per l’acquisto di medicinali; il rimborso per l’acquisto di lenti e occhiali e, infine, per le prestazioni non rimborsate dal Fasi è previsto un massimale aggiuntivo di 20.000 euro, con il 25% di scoperto.

 

LTC – è compresa in tutti i Pacchetti, senza alcun contributo aggiuntivo, la copertura in caso di non autosufficienza su cui Assidai è stato pioniere sul mercato e che garantisce una sicurezza a 360 gradi per i manager e le loro famiglie nei momenti più difficili della propria vita.
Completano l’offerta il network unico di strutture convenzionate su tutto il territorio nazionale e l’invio di una pratica di rimborso unica sia per Fasi che per Assidai, e che offre così alle aziende la possibilità di offrire ai propri manager una copertura sanitaria all’altezza.
Prodotto Unico Fasi-Assidai #UnicoPerDavvero!

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Riportiamo i giovani nella realtà

Intervista a Rocco Di Santo, Presidente della Società Italiana di Sociologia della Salute

“Bisogna offrire agli adolescenti la possibilità di vivere situazioni reali in cui è possibile relazionarsi con gli altri”. è questa, secondo Rocco Di Santo, presidente della Società Italiana di Sociologia della Salute, la strada da seguire per allontanare i giovani dalle dipendenze.

Un recente studio dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) evidenzia come 2 milioni di giovani siano a rischio dipendenze legate principalmente a cibo e social. Si ritrova in questa analisi?

Di fronte a questi dati, possiamo solo concludere che c’è una particolare emergenza. Le nuove tecnologie hanno catturato dapprima l’attenzione della persona, poi hanno invaso le altre sfere della vita. La sedentarietà e un’alimentazione errata sono strettamente connesse, perché non è solo utilizzo e consumo di prodotti e servizi online, ma è uno stile di vita errato. Dinanzi a questa condizione di vita “liquida”, tanto per citare il famoso Bauman, chi vive in balia delle onde sono proprio bambini, adolescenti e giovani adulti. Le nuove e nuovissime generazioni si trovano dinanzi a un fluttuare continuo di informazioni, notizie, immagini e video, tanto accattivanti quanto prive di contenuti educativi. La domanda da porsi è perché 2 milioni di giovani non hanno un’alternativa al mondo virtuale.

Tra i giovani, a seguito di queste dipendenze crescono ansie, depressione e isolamento. Il Covid e i lockdown che ruolo hanno giocato in tutto ciò?

Il periodo di transizione bambino-giovane passa spesso attraverso un dispositivo, un monitor e una tastiera e in molti casi l’adulto non è in grado né di catalizzare né di giustificare e spiegare quanto visto, letto, ascoltato. Così facendo, le fragilità di un profilo psicologico in evoluzione possono amplificarsi, fino a sfociare in comportamenti devianti, manifestazioni patologiche e iso- lamento sociale. Il Covid è stato una cassa di risonanza al fenomeno, poiché internet è rimasto l’unico canale di socializzazione tra i giovani. Tutto ciò in due anni circa, un arco temporale assai ampio se consideriamo l’età evolutiva: un periodo della nostra vita in cui le relazioni e la socializzazione con l’altro è determinante per lo sviluppo del sé.

Quali possono essere i possibili rimedi alla situazione descritta dall’Iss?

Il rimedio sta nel recuperare il concetto di “comunità”, dove gli adolescenti possono sentirsi ancora protagonisti e dove la stessa comunità ha bisogno della loro energia, della loro vitalità e della loro creatività. Bisogna offrire agli adolescenti la possibilità di vivere situazioni reali in cui è possibile relazionarsi con gli altri. L’assenza di stimoli e condizioni reali porta nei giovani a vivere una povertà educativa. Non è necessario avere prodotti di ultima generazione se poi il minore si ritrova in modo passivo a utilizzarli senza nutrire interesse per le cose che accadono nella vita reale.

Come si possono “valorizzare” alcune predisposizioni dei giovani, ad esempio il molto tempo passato online su videogiochi, nell’ottica di una società futura che sarà sempre più costruita sul web?

Partendo dall’assunto che ogni minore sarà l’adulto di domani, non è immaginabile una società futura costruita esclusivamente intorno al web. Il talento, l’attitudine e l’intelligenza eccezionale nella odierna società non riguardano solo chi usa strumenti tecnologici di ultima generazione. La scommessa è scovare in ogni bambino le potenzialità innate e costruite.

Come intervenire sul fronte delle dipendenze alimentari, con gli eccessi di zuccheri e grassi, in modo da insegnare ai giovani stili di vita e abitudini sane?

Sempre l’ISS ha illustrato dati allarmanti rilevati prima della pandemia. In Italia la prevalenza di adolescenti che non svolge regolare attività fisica è dell’88,6% e un quarto di essi è obeso. Il problema non è solo nella tipologia di prodotti alimentari consumati, ma è soprattutto educativo: famiglia e scuola non assumono un ruolo determinante per garantire uno stile di vita sano. La prevenzione va fatta sempre e comunque offrendo alternative diverse rispetto a uno stile ed un modello non sano, adeguato e pericoloso. Le istituzioni hanno il compito di fornire soluzioni, chance e opportunità differenti.

Dott. Rocco Di Santo

Rocco Di Santo è Presidente della Società Italiana di Sociologia della Salute. Attualmente è referente dell’area “Welfare” dell’ente di formazione e ricerca ENFOR di Policoro (Matera) e Ceo dell’impresa sociale Presidi Educativi srl. è autore di articoli scientifici e saggi su temi inerenti la disabilità e la povertà educativa.

Giovani, 2 milioni a rischio dipendenza

L’allarme è su cibo, social e videogiochi

È quanto rivela uno studio realizzato dall’Istituto Superiore di Sanità. Focus sulla cattiva alimentazione.

Oltre un milione e 150mila adolescenti in Italia sono a rischio dipendenza da cibo, mezzo milione potrebbero averla da videogiochi, e circa 100mila hanno caratteristiche compatibili con la presenza di assuefazione da social media. Riassumendo: quasi 2 milioni di adolescenti della cosiddetta “Generazione Z”, quella che comprende i nati tra il 1997 e il 2012, sono a rischio di dipendenze comportamentali.

L’allarme arriva da un recente studio, realizzato mediante un accordo tra il Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità, in cui si invita a non sottovalutare anche il fenomeno dell’isolamento sociale (noto come Hikikomori nella sua manifestazione clinica estrema), che riguarda l’1,8% degli studenti medi e l’1,6% di quelli delle superiori.

Come è stata svolta l’indagine? Nell’autunno 2022 sono stati intervistati oltre 8.700 studenti tra gli 11 e i 17 anni: circa 3.600 delle scuole secondarie di primo grado e circa 5.100 di quelle di secondo grado, su tutto il territorio nazionale e selezionati per fornire un campione rappresentativo della popolazione.

La survey ha approfondito anche la relazione genitori-figli, coinvolgendo i genitori degli studenti delle scuole medie che hanno aderito allo studio: da questa analisi sono stati raccolti 1.044 questionari.

Ecco i principali risultati. Il 2,5% del campione ha caratteristiche compatibili con la presenza di una dipendenza da social media, definita come “frequentazione compulsiva di canali social (Facebook, Instagram, TikTok e Twitch) in modo incontrollato tanto da compromettere altri ambiti di vita quotidiana. Questa percentuale nel genere femminile raggiunge il 3,1% nelle ragazze di 11-13 anni e il 5,1% in quelle di 14-17 anni. Inoltre, gli studenti a rischio nella popolazione 11-13 anni hanno 10,1 volte in più di probabilità di avere una ansia sociale grave o molto grave e 5,5 volte in più di presentare un carattere di alta impulsività.

La food addiction aumenta la probabilità di depressione

Aspetto cruciale è sicuramente quello dell’alimentazione e in particolare della food addiction, la tendenza a mangiare in modo incontrollato cibi ricchi di zuccheri e grassi (dolci, bevande zuccherate, carboidrati, snack salati, cibi proteici grassi).

Questo rischio coinvolge circa 1.152.000 studenti tra gli 11 e i 17 anni, di cui più di 750.000 sono femmine (271.773 delle scuole medie e 485.413 delle superiori). Nel dettaglio, il 13,1% (circa 523.000 studenti) presenta un rischio lieve; il 6,4% (circa 256.000 studenti) un rischio moderato; il 9,3% (più di 373.000 studenti) un rischio grave. Senza contare che chi è caratterizzato da una food addiction grave nel campione 11-13 anni ha 11,62 volte in più la probabilità di avere una depressione moderatamente grave o grave; 6,55 volte di presentare una depressione moderata; 4,43 volte di presentare ansia moderata e 2,39 volte di avere depressione lieve.

Un quadro, dunque, molto preoccupante. Occorre poi tener conto degli effetti negativi per la salute, in ottica futura, dettati dall’adozione di stili di vita e alimentari scorretti sin dalla giovinezza.

Infine, c’è il rischio di disturbo da uso di videogiochi che vede coinvolto il 12% degli studenti (circa 480.000 studenti). I maschi sono più colpiti, con la percentuale che arriva al 18% negli studenti delle secondarie di primo grado e al 13,8% negli studenti delle superiori (contro il 10,8% nelle scuole medie e il 5,5% nelle scuole superiori per le femmine).

Melanoma, in futuro la possibile svolta da un vaccino

Un vaccino che, nel giro di alcuni anni (c’è chi ipotizza cinque), potrebbe effettivamente rappresentare uno strumento cruciale nella lotta contro il melanoma a livello mondiale.

Il messaggio di speranza è arrivato dall’utilizzo combinato di pembrolizumab e mRNA-4157 (V940) – rispettivamente un immunoterapico e un vaccino a mRNA – che si è dimostrato utile nel ridurre il rischio di recidiva nei pazienti con melanoma in stadio III/IV che hanno subito l’asportazione totale del tumore.

Il risultato, tra i primi a dimostrare l’utilità dell’approccio a mRNA nella cura dei tumori, è stato presentato al congresso dell’American Association for Cancer Research (AACR) a Orlando, negli Stati Uniti. Non tutte le persone, sottolinea la Fondazione Veronesi, rispondono positivamente all’immunoterapia nel caso del melanoma metastatico e per questo la ricerca si sta concentrando nel tentativo di trovare nuove strategie per migliorarne l’effetto dell’immunoterapia. È questo il caso dei vaccini terapeutici a mRNA. Questi, infatti, non hanno solo funzione preventiva: stimolando il sistema immunitario possono svolgere anche una funzione terapeutica.

L’utilizzo dei vaccini a mRNA ha l’obiettivo di stimolare la produzione di anticorpi e cellule immunitarie in grado di riconoscere particolari proteine poste sulla superficie delle sole cellule tumorali.

In Italia solo il 46% dei neonati allattato al seno

È quanto emerso dalla IV Conferenza nazionale sull’allattamento, svoltasi a inizio luglio presso il Ministero della salute, che invita a difendere questa pratica

“Essere allattati è un diritto fondamentale dei bambini, essere sostenute durante l’allattamento è invece un diritto delle mamme”. Così il Sottosegretario di Stato alla Salute, Onorevole Marcello Gemmato, aprendo i lavori della IV Conferenza nazionale sull’allattamento, svoltasi a inizio luglio presso il Ministero della Salute. “Oggi più che mai – ha aggiunto Gemmato – è necessario investire in una nuova cultura dell’allattamento e poiché i benefici sono ormai noti sia per la mamma che per il bambino, le azioni preventive e le ricadute positive devono essere declinate attraverso iniziative ad ampio raggio”. La Conferenza – come sottolineato dal Ministero sul proprio sito – ha rappresentato un momento di confronto per tutti gli operatori del settore e portatori di interesse.

Dalle relazioni è emerso come l’allattamento sia oramai considerato parte integrante di uno stile di vita salutare, in grado di ridurre i costi non solo per le famiglie, ma anche per la società e per il Servizio Sanitario Nazionale: occorre dunque – ha aggiunto il dicastero – lavorare per incentivare e difendere questa pratica naturale attraverso una serie di presidi.

A tal proposito, Riccardo Davanzo, neonatologo e presidente del Tavolo tecnico Operativo interdisciplinare per la promozione dell’allattamento al seno (Tas), intervenendo all’evento, ha sottolineato che “l’allattamento al seno porta benefici a lunghissimo termine per i bambini, è un investimento non solo in termini di soldi risparmiati per il latte artificiale, ma anche in termini di salute per il futuro”. I numeri? “Non esiste in Italia un monitoraggio permanente dell’allattamento, ma da una survey del 2022 dell’Istituto Superiore di Sanità – ha precisato – emerge che in media il 46% dei neonati a due-tre mesi di vita è allattato in modo esclusivo al seno, percentuale che scende al 30% a quattro-cinque mesi, con le regioni del Sud che hanno dati estremamente più bassi e questo è inaccettabile”.

Inoltre, Il confronto ha evidenziato come l’allattamento sia capace di offrire un’ampia gamma di effetti positivi anche dal punto di vista psicologico, facilitando e rafforzando la consapevolezza materna in merito ai propri bisogni e a quelli del neonato stesso. Per questo motivo, secondo il Ministero della Salute, deve essere promosso senza incertezze anche nelle donne con antecedenti depressivi o d’ansia, rafforzando il supporto dei servizi di assistenza e cura per la salute mentale perinatale.

 

allattamento al seno

Nessun negazionismo sul clima

di Stefano Cuzzilla, Presidente Federmanager

La politica, i media, la comunità scientifica, i cittadini, tutti dibattono sul cambiamento climatico, ormai così evidente. Abbiamo negli occhi le immagini dell’Emilia-Romagna alluvionata mentre attraversiamo un’estate di eventi estremi, con tempeste e grandine al Nord, incendi e caldo record al Centro Sud.

Se il clima è cambiato, la responsabilità principale è dell’essere umano. E le conseguenze cominciano ad essere altrettanto evidenti sulla salute delle persone e sull’economia dei territori. Proprio in questi giorni uno studio della Banca d’Italia analizza la correlazione tra temperature medie e andamento economico: un aumento di 1,5 gradi potrebbe costare all’Italia una perdita equivalente a tre volte il valore del Pnrr.

Secondo la ricerca, ci potremmo trovare nell’anno 2100 ad avere un livello di Pil pro-capite diminuito fino al 9,5%. Insomma, uno scenario apocalittico che obbliga noi e l’Europa a perseguire politiche correttive.

Lo ribadiamo, sono due le grandi sfide di questo tempo: la transizione green che i manager delle nostre industrie stanno affrontando e il tema della sostenibilità sociale, di governance e ambientale. È quanto mai necessario indirizzare le nostre migliori risorse verso l’obiettivo del raggiungimento di una piena sostenibilità: gli effetti, come abbiamo detto, saranno diretti sia sul Pil sia sulla salute. Di tale portata da rispedire al mittente qualsiasi negazionismo, minimizzazione o dileggio della crisi climatica in atto.

Melanoma, svolta con l’immunoterapia ma servirà anche tanta prevenzione

Intervista al Professor Ascierto: “Rispetto a dieci anni fa abbiamo fatto passi da gigante”

Grazie all’immunoterapia la battaglia contro il melanoma ha vissuto una svolta, ma non possiamo fermarci qui: la ricerca, anche sul fronte dei vaccini, deve proseguire di pari passo con la prevenzione. Ne è convinto il Professor Paolo Ascierto, Direttore dell’Unità di Melanoma, Immunoterapia oncologica e Terapie innovative dell’Istituto nazionale per lo studio e la cura dei tumori – Fondazione Giovanni Pascale di Napoli, e tra i massimi esperti mondiali in questo campo.

Negli ultimi anni lei è stato protagonista dello sviluppo dell’immunoterapia, in pratica stimolare il sistema immunitario affinché riconosca ed elimini le cellule cancerose, nel trattamento dei melanomi metastatici. I risultati ottenuti sono eccellenti. Ce li può illustrare?

Dal 2010 in poi c’è stata una rivoluzione. Basti pensare che in quell’anno, parlando di malattia metastatica, solo il 25% arrivava a un anno, con una mediana di sopravvivenza di sei-nove mesi, mentre a due anni non arrivava nessuno.

Oggi, grazie soprattutto all’immunoterapia e alla target therapy, dopo sette anni e mezzo la metà dei pazienti è ancora viva e possiamo considerarli guariti. Non solo: dalla malattia metastatica si è andati agli stadi più precoci, utilizzando gli stessi trattamenti per prevenire le metastasi. Tuttavia, resta un 50% di pazienti che muore e quindi dobbiamo sicuramente fare di più.

Quali sono i fattori di rischio del melanoma e come sta evolvendo la sua diffusione in Italia e nel mondo?

Il fattore di rischio è essenzialmente l’esposizione al sole. Non è un caso che il melanoma venga anche chiamato malattia dei colletti bianchi, che si espongono al sole solo due settimane l’anno, si ustionano e creano così danni alla pelle, che ha “memoria”, portando così a un aumento del rischio nel corso degli anni.

È importante ricordare che sono i raggi ultravioletti a far male, non il sole in sé: anni fa uno studio dell’Agenzia internazionale per la ricerca contro il cancro ha evidenziato che l’esposizione a una sola lampada abbronzante prima di 30 anni aumenta il rischio del 75%. Infine, notiamo un aumento dell’incidenza: se in Italia nel 2007-2008 c’erano 7.000 nuovi casi l’anno con 1.200 morti, oggi siamo a 15.000 casi con oltre 2.000 decessi.

Quindi, di sicuro, c’è una problematica anche se l’80% dei casi viene diagnosticato in fase precoce e guarisce con la sola operazione. Inoltre, il melanoma, che era una malattia degli anziani con un picco a 60 anni, ora colpisce fasce sempre più giovani della popolazione (picco a 40 anni) ed è diventato la prima causa di morte tra 20 e 30 anni.

In cosa consiste la prevenzione del melanoma? L’argomento è di particolare attualità d’estate perché le vacanze al mare e in montagna ci espongono ai raggi del sole: quali sono i principali accorgimenti che dobbiamo prendere?

Dobbiamo parlare di prevenzione primaria e secondaria. La prima riguarda lo stile di vita: le scottature vanno evitate, perché l’eritema solare è una scottatura di primo grado che crea un danno ai melanociti, le cellule dei nei e da cui può avere origine il melanoma.

Giovani e bambini sono l’anello debole. D’estate bisogna evitare il sole intenso, tra le ore 12 e le 15. Nel resto del giorno bisogna applicare sempre una crema solare ad alta protezione, superiore a 50, e ricordarsi che dopo un bagno va rimessa (a meno che non sia resistente all’acqua) e che dopo due ore la procedura va ripetuta. Se non è possibile proteggersi con la crema, serve una maglietta anti raggi ultravioletti. Anche in montagna, dove i raggi hanno un’incidenza maggiore, durante la settimana bianca l’effetto riflettente della neve rappresenta un’insidia ancora maggiore.

Come riconoscere un neo sospetto?

Qui parliamo di prevenzione secondaria, ovvero di diagnosi precoce. Partiamo da due informazioni chiave: la prima è quella delle lettere ABCDE dove A sta per asimmetria; ovvero una lesione che non è simmetrica; B sta per bordi irregolari, a cartina geografica; C sta per colore che cambia, D sta per dimensioni superiori a 6 millimetri; E sta per evoluzione nel giro di poco tempo, settimane o mesi.

Ecco, basta che due di queste lettere corrispondano al nostro neo per spingerci a una visita urgente da uno specialista. L’altra informazione chiave è quella del “brutto anatroccolo”: nell’ambito di tanti nei, se ce n’è uno più brutto degli altri va fatto vedere subito.

 

L’Università della North Carolina l’ha nominata massimo esperto mondiale di melanoma dell’ultimo decennio. Cosa si prova a ricevere un riconoscimento di questo tipo e che cosa rappresenta per l’Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori “Fondazione Giovanni Pascale” di Napoli, che si dimostra così un’eccellenza italiana nel mondo?

Fa molto piacere, però questo non deve essere un punto di arrivo, perché dobbiamo mantenere livelli alti. È quello che dico sempre a miei collaboratori giovani: non possiamo abbassare la guardia perché i pazienti continuano a morire e noi dobbiamo proseguire a fare ricerca per quelli che non ce la fanno.

E poi non dimentichiamo che una sana competizione nella ricerca porta anche risultati. Dunque, dobbiamo continuare a lavorare e al tempo stesso dare un servizio sempre migliore ai nostri pazienti.

 

Qual è il prossimo obiettivo nella lotta contro il melanoma? In futuro una svolta potrà arrivare da un vaccino?

L’obiettivo è abbassare il 50% di pazienti in fase metastica, di cui parlavo prima, che non riesce a sopravvivere.

Sui vaccini mRNA c’è molto fermento: uno studio presentato di recente ha evidenziato che un vaccino molto simile tecnicamente a quello usato per il Covid, associato a un classico trattamento adiuvante dopo l’intervento chirurgico in presenza di metastasi, ha dato ulteriori benefici ai pazienti, riducendo la comparsa di metastasi a distanza e aumentando il tempo senza recidiva. Parliamo di vaccini personalizzati, cioè creati in base al tumore del singolo paziente: questa strategia in futuro potrebbe essere applicabile anche ad altri tipi di tumore.

 

Paolo Ascierto

Paolo Ascierto
Direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative del “Pascale” di Napoli, dal 2011 è coordinatore delle linee guida italiane dell’AIOM per il melanoma e dal gennaio 2022 è coordinatore della linea guida ESMO (European Society for Medical Oncology) per il melanoma e i tumori della pelle.

È stato invitato come relatore a oltre 500 meeting nazionali e internazionali e ha realizzato più di 600 pubblicazioni su riviste specializzate. Viene considerato uno dei maggiori esperti a livello mondiale di immunoterapia dei tumori.

Al via il piano nazionale anti caldo

Il Ministero della Salute ha attivato il progetto per prevedere le ondate di calore con 72 ore di anticipo e proteggere chi è vulnerabile. Ecco come difendersi dalle temperature record

Con l’estate 2023 entrata ormai nel vivo e la colonnina di mercurio che a luglio ha toccato livelli record, è stato nuovamente attivato il Sistema nazionale di prevenzione degli effetti sulla salute delle ondate di calore. L’Italia, come ricorda il Ministero della Salute, è stato uno dei primi Paesi in Europa a introdurre, già dal 2005, un progetto di questo tipo, il cui punto di partenza consiste nell’attivazione del sistema nazionale previsione-allarme per ondate di calore, che coinvolge 27 città e consente di conoscere, con un anticipo di almeno 72 ore, l’arrivo di una situazione climatica a rischio per la salute.

In particolare, il sistema consente di individuare, giornalmente, per ogni specifica area urbana, le condizioni meteo-climatiche a rischio per la salute, soprattutto dei soggetti vulnerabili: anziani, malati cronici, bambini, donne in gravidanza. Le città monitorate sono Ancona, Bari, Bologna, Bolzano, Brescia, Cagliari, Campobasso, Catania, Civitavecchia, Firenze, Frosinone, Genova, Latina, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Perugia, Pescara, Reggio Calabria, Rieti, Roma, Torino, Trieste, Venezia, Verona, Viterbo.

Inoltre, dal portale del Ministero della Salute è possibile scaricare numerosi opuscoli e materiali informativi, utili sia per la popolazione generale sia per gli operatori del settore sanitario e socio-sanitario. A tal proposito, risulta molto utile il decalogo “10 semplici regole per un’estate in sicurezza”, ben riassunte dall’infografica in pagina.

Qualche esempio? Evitare di uscire nelle ore più calde, proteggendo soprattutto bambini e anziani ed evitando l’esposizione al sole; difendersi in casa e sui luoghi di lavoro, schermando le finestre con tende che blocchino il passaggio della luce, ma non quello dell’aria ed evitando di usare il condizionatore a temperature troppo basse (al massimo cinque gradi in meno rispetto all’esterno); bere almeno un litro e mezzo di acqua al giorno.

L’alimentazione è un elemento cruciale: bisogna mangiare molta frutta fresca e limitare il più possibile il consumo di bevande con zuccheri aggiunti, caffè e alcolici così come di piatti elaborati ricchi di grassi, riducendo i condimenti e utilizzando poco sale. Al tempo stesso, va fatta attenzione alla corretta conservazione degli alimenti, rispettando la catena del freddo.

Come vestirsi? Con indumenti di fibre naturali o che garantiscano la traspirazione: all’aperto è anche utile indossare cappelli leggeri. Per chi ama l’esercizio fisico, è bene allenarsi nelle ore più fresche della giornata, rammentando di bere molti liquidi e di mangiare in modo corretto. Infine, è nostro dovere offrire assistenza alle persone a maggiore rischio (per esempio gli anziani che vivono da soli) e ricordarci sempre di proteggere anche gli animali domestici: diamogli molta acqua anche quando siamo in viaggio e facciamo soste in zone ombreggiate. Per quanto riguarda i cani evitiamo di farli uscire nelle ore più calde della giornata per non farli camminare sull’asfalto rovente.

Infine, Il Ministero della Salute ha attivato il numero di pubblica utilità 1500 “Proteggiamoci dal caldo”, per offrire ai cittadini, in particolare a quelli di età avanzata o con problemi di autosufficienza, consigli medici e pratici per meglio affrontare il caldo. Il servizio è gratuito ed è disponibile tutti i giorni dalle ore 8.00 alle ore 20.00.

She Leads: noi ci crediamo

Il punto di vista di Stefano Cuzzilla, Presidente Federmanager

Nel nostro Paese una donna su due è occupata, tra i manager le donne sono appena il 28% e la maternità è tutt’ora un ostacolo alle carriere.

Non possiamo ignorare questa situazione, né precluderci la prospettiva che, se più donne fossero attive nel mondo del lavoro, il Pil italiano potrebbe salire anche del 12 per cento. Da sempre quello della parità di genere è un impegno formale e sostanziale di Federmanager, tanto che nel contratto dei dirigenti siglato con Confindustria, abbiamo introdotto un apposito articolo sulle pari opportunità, con particolare attenzione all’equità retributiva.

La parità nel lavoro può essere raggiunta solo se garantiamo alcune tutele specifiche, che abbattono le discriminazioni di fatto. Mi riferisco in particolare alle soluzioni di welfare integrativo e di conciliazione vita lavoro, oltre che alla promozione della salute e della genitorialità.

Anche di questo parlo in “She Leads: la parità di genere nel futuro del lavoro”, il libro che ho scritto con Andrea Catizone, Avvocata sui diritti della persona e delle discriminazioni e a cura della giornalista Silvia Pagliuca. Il volume, promosso da 4.Manager, indaga le ragioni del gender gap denunciando le fragilità attuali ed evidenziando le possibili vie di miglioramento, per diffondere una cultura aziendale più equa e inclusiva.

È possibile raggiungere questo obiettivo? Non sarà facile, ma noi ci crediamo.

She Leads: La parità di genere nel futuro del lavoro

She Leads: La parità di genere nel futuro del lavoro

Cancro al seno, lo screening è cruciale per diagnosticarlo in tempo e batterlo

Intervista alla Professoressa Chiara Pistolese: “Prima si scopre, più facile è guarire”

Professoressa Pistolese, che cosa è successo negli ultimi tre anni, anche a seguito della pandemia che ha modificato i nostri stili di vita e fatto calare i controlli? Un recente studio della Lilt ha evidenziato un calo degli screening e previsto un aumento dello 0,5% dei casi di cancro al seno rispetto al 2020. Ce lo conferma?

La pandemia, purtroppo, ci ha riportato a vedere e fare diagnosi ormai dimenticate. Le donne, infatti, hanno ridotto sensibilmente l’esecuzione dei controlli strumentali periodici indispensabili per poter individuare lesioni di piccole dimensioni, quando ancora non clinicamente apprezzabili: un dato rilevante ai fini della prognosi.

Ci siamo ritrovati a vedere lesioni di grandi dimensioni come anni fa, quando le donne non erano sensibilizzate ai controlli periodici. Saltando i controlli per uno o due anni la situazione cambia anche drasticamente, con un pesante impatto sulle dimensioni della lesione che determina l’evoluzione della malattia.

Ora più che mai possiamo dimostrare l’importanza dei controlli strumentali periodici.

Quali sono gli esami specifici per la prevenzione del cancro al seno, a quale età le donne devono effettuarli e con che frequenza vanno svolti?

Gli esami diagnostici specifici per la diagnosi precoce della patologia mammaria sono per le donne dai 35-40 anni la mammografia, eseguita con tecnica digitale, sia con acquisizioni 2D (bidimensionali) sia 3D (tomosintesi), che consentono di avere una visione volumetrica della mammella e aumentare il valore diagnostico della mammografia, in particolare nelle mammelle con molta rappresentazione della componente ghiandolare.

L’ecografia mammaria è complementare alla mammografia – che va eseguita contestualmente – guidata dalle immagini mammografiche, per completare il percorso diagnostico. Donne di età inferiore ai 35-40 anni effettueranno solo l’esame ecografico, per non essere sottoposte a radiazioni ionizzanti (seppur a bassissima dose), non trovando la mammografia indicazione in questa fascia di età.

È comunque importante sottolineare che gli esami strumentali sono effettuati tenendo conto della storia della paziente e in particolare del suo quadro clinico. In merito all’intervallo di tempo, i controlli strumentali di primo livello ovvero mammografia ed ecografia devono essere effettuati a cadenza annuale.

Qual è il valore dello screening per il cancro al seno? E il tasso di guarigione in caso di diagnosi precoce?

Il valore dello screening, inteso come esecuzione di controlli strumentali periodici, è fondamentale e determinante per sconfiggere questa patologia, che ricordiamo essere sempre più frequente. Numerosi fattori influenzano la sopravvivenza per tumore della mammella: lo stadio della lesione al momento della diagnosi, il grado istologico del tumore, lo stato dei recettori ormonali e altri parametri biologici.

I progressi scientifici, intesi sia in termini di avanzamento delle terapie oncologiche sia di nuove metodiche di imaging che consentono diagnosi tempestive e accurate, hanno significativamente incremento la sopravvivenza nelle donne affette da questa patologia.

Dai dati riportati in letteratura, la sopravvivenza a cinque anni per donne con diagnosi di carcinoma mammario diagnosticato al I stadio – ovvero quando vengono riscontrati agli esami diagnostici lesioni con dimensioni inferiori ai 2 cm, senza interessamento linfonodale né secondario a distanza – arriva quasi al 100%, ma si riduce al 26% per le pazienti che hanno ricevuto la diagnosi al IV stadio, quando il tumore si è già diffuso ad altri organi (ossa, fegato, polmoni).

Specifico che con la mammografia associata all’ecografia possono essere individuate lesioni anche di pochi millimetri, da qui l’importanza della diagnosi precoce.

Cosa si sente di raccomandare alle donne in generale su questo argomento, in particolare a quelle che – per paura o per ansia – tendono a rimandare gli screening?

Questo tipo di controllo fa paura a tutte le donne. È un tumore subdolo, non dà sintomi nella maggior parte dei casi. Tutte sappiamo che da un controllo annuale potremmo avere una risposta inaspettata, ma questo è l’unico modo per diagnosticare le lesioni quando sono ancora molto piccole, quando abbiamo dunque i mezzi terapeutici per aggredirle e guarire perché oggi di questo si parla: di guarigione.

Le donne sono forti, sono capaci di cose incredibili, devono capire che sottoporsi a controlli periodici è la sola “arma” a nostra disposizione per vincere questa patologia. Nascondersi, ignorare il problema, non serve a niente! Il tumore, se c’è, continua a crescere e ci toglie la possibilità di guarire e di continuare la nostra vita.

Secondo lei può essere un valore aggiunto la cosiddetta prevenzione primaria (stili di vita, alimentazione) per limitare l’insorgere di questa patologia?

Un corretto stile di vita è certamente indispensabile, corretta alimentazione, esercizio fisico, astensione dal fumo di sigaretta, nella prevenzione primaria di tutte le patologie oncologiche, anche se nel caso specifico del tumore della mammella, il maggior numero di casi si presenta in modo occasionale.

L’unico tipo di prevenzione è quella secondaria, ovvero la diagnosi precoce, che sta nell’individuare la lesione in una fase iniziale.

Un’ultima domanda sulla sua crescita professionale. È stata nominata Professore associato Radiodiagnostica all’Università di Roma Tor Vergata ed è Direttrice di master universitari fondamentali per formare nuovi professionisti. Ci racconta la sua esperienza?

Sono molto legata al mio lavoro e lo svolgo con passione, sono una donna e sono vicina alle donne. Lavorare in un Policlinico universitario mi offre la possibilità di continuare a crescere nella mia professione, di tenermi aggiornata sulle più innovative possibilità diagnostiche, grazie anche al grande numero di casi che giungono quotidianamente alla mia osservazione, essendo Tor Vergata centro di riferimento per la patologia mammaria sia di primo sia di secondo livello.

Il ruolo universitario che riguarda l’insegnamento continua a darmi grande soddisfazione. Poter trasmettere la passione, la dedizione per una professione oltre alle conoscenze sulla materia alimenta il mio entusiasmo e mi rende ottimista per nuove prospettive future.

 

Professoressa Chiara Pistolese

 
Chiara Pistolese
Medico chirurgo specialista in Diagnostica per immagini, è Responsabile U.O.S Senologia interventistica al Policlinico Tor Vergata e, di recente, è stata nominata Professore associato di Radiodiagnostica all’Università di Roma Tor Vergata. è, inoltre, Direttrice del Master universitario II livello “Tecniche avanzate di interventistica senologica” e del Master universitario I livello “Ruolo del tecnico di radiologia in diagnostica e interventistica senologica” ed esercita attività privata di diagnostica e interventistica senologica presso la Clinica Ars Biomedica a Roma.