La sanità italiana è più forte dei tagli

La Corte dei Conti difende il Servizio Sanitario Nazionale che “ha preservato la qualità dei servizi ai cittadini” nonostante la razionalizzazione della spesa pubblica.

Il Servizio Sanitario Nazionale ha saputo proporre “scelte e metodologie organizzative profondamente innovatrici, in grado di preservare i livelli qualitativi dei servizi resi ai cittadini”. A maggior ragione visti i numerosi interventi in tema di razionalizzazione della spesa che si sono abbattuti sul comparto sanitario con tagli “spesso troppo lineari”. È una sentenza chiara quella emessa di recente dalla Corte dei Conti, per bocca del procuratore generale Alberto Avoli, che si è espresso nel tradizionale appuntamento della presentazione del “Giudizio di parificazione sul rendiconto generale dello Stato per l’esercizio finanziario 2017”. In altre parole, la sanità italiana conferma la propria solidità strutturale: a fronte delle persistenti difficoltà a far quadrare i conti pubblici, che inevitabilmente si riflettono anche sulle risorse a disposizione, continua infatti a garantire ai cittadini un servizio universalistico, gratuito (ticket permettendo) e di qualità. Caratteristiche che fanno del Servizio Sanitario un caso quasi unico al mondo, ma pongono inevitabilmente anche un tema di sostenibilità futura, che – a fronte anche dell’invecchiamento della popolazione – non potrà prescindere dallo sviluppo di una “stampella” privata (non alternativa, ma complementare al pubblico) con fondi integrativi come Assidai pronti a fare la propria parte.

Spesa in leggero aumento, calano deficit e debito

Secondo i numeri della magistratura contabile, nel 2017 la spesa sanitaria pubblica è stata pari a 117,47 miliardi (+1,34% rispetto al 2016), finanziata quasi interamente dal gettito tributario con una incidenza del 6,85% sul PIL, a fronte di una spesa pro capite salita a 1.939 euro dai 1.912 del 2016. In realtà, già a marzo la Corte dei Conti si era espressa sulla sanità italiana, sottolineando che, se confrontata con quelle dei maggiori Paesi europei, resta tra le (relativamente) meno costose, pur garantendo, nel complesso, l’erogazione di “buoni servizi”, anche se va tenuta alta la guardia sulla cosiddetta spesa out of pocket. Tra gli altri elementi positivi, inoltre, era stato sottolineato il calo del deficit (ridotto a 1 miliardo dai 6 miliardi di 10 anni prima e con buone prospettive di rientro) e l’abbattimento del debito verso i fornitori (-40% tra il 2012 e il 2016).

I trend negativi: investimenti e mobilità territoriale

La Corte dei Conti, tuttavia, ha evidenziato anche altri trend meno positivi che riguardano il Servizio Sanitario Nazionale. Tra questi, dando uno sguardo più approfondito alle varie componenti della spesa, spicca la contrazione della spesa per investimenti infrastrutturali e tecnologici, il che “determina e aggrava il significativo tasso di obsolescenza delle tecnologie a disposizione delle strutture”, sottolinea la magistratura contabile. Con un dato preoccupante: circa un terzo delle apparecchiature è operativo da più di 10 anni ed ha bisogno di frequenti manutenzioni che le rendono indisponibili per lungo tempo. Infine c’è il tema delle disparità territoriali, con differenze nella qualità e nella disponibilità dei servizi fra le varie Regioni: una situazione di diseguaglianza la cui prova lampante è la crescente incidenza della mobilità sanitaria, cioè il fatto che sempre più persone si spostino dalla sede di residenza per curarsi.

“Tra i trend meno positivi la contrazione della spesa per investimenti infrastrutturali e tecnologici e le disparità regionali che alimentano la crescente dinamica della mobilità territoriale”

“Nel 2017 la spesa sanitaria pubblica è stata pari a 117,47 miliardi (+1,34% sul 2016), finanziata quasi interamente dal gettito tributario, a fronte di una spesa pro capite salita a 1.939 euro rispetto ai 1.912 del 2016″

Come sostenere la natalità

Il punto di vista di Stefano Cuzzilla, Presidente Federmanager

Il tasso di natalità italiano, pari a 1,34 figli per donna, è tra i più bassi in Europa. Dobbiamo preoccuparcene perché se cambia l’organizzazione sociale, anche il welfare e le ricette economiche di sostenibilità devono modificarsi. Federmanager è in prima linea per trovare soluzioni concrete. I nostri Fondi sanitari tutelano la famiglia, prevedendo la possibilità di dare copertura sanitaria al nucleo familiare. Ma occorre sostenere un cambiamento culturale in azienda, dove il tema della maternità deve diventare un tema di sviluppo.

Le soft skills femminili rappresentano un valore capace di risultati tangibili. Tuttavia, tra il 2011 al 2016 115mila neo-mamme hanno abbandonato il posto di lavoro. Questo dato esplicita quanto ancora sia difficile per una donna realizzare ambizioni professionali e, al tempo stesso, creare una famiglia.
Anche per questo stiamo organizzando, in partnership con la Santa Sede, un convegno internazionale che si terrà il 4 maggio 2018 sul tema “L’altra dimensione del management. Il valore aggiunto delle donne tra impresa, famiglia e società”. Un’iniziativa per sensibilizzare aziende e istituzioni ad adottare politiche di welfare e strumenti come lo smart working, funzionali non solo a un maggiore profitto ma anche a un miglior equilibrio sociale. Il beneficio che ne trarremo sarà una conquista di tutti, non solo delle donne.

La Breast Unit di Humanitas: un punto di riferimento per la diagnosi e la cura del tumore del seno

Centralità della paziente e approccio multidisciplinare: una struttura di eccellenza per la senologia certificata da Eusoma e Onda

Percorsi di diagnosi, terapia e follow-up organizzati secondo un approccio multidisciplinare: dallo psiconcologo al chirurgo plastico, dal chirurgo senologo al genetista, tutte figure fondamentali nel cammino oncologico della donna con tumore. Non ultimo il data management e la ricerca traslazionale. Il tutto finalizzato a garantire cure sempre migliori. È questo l’identikit della Breast Unit di Humanitas che dal 2010 riceve la certificazione di qualità europea Eusoma (European Society of Breast Cancer Specialist) e dal 2008 ottiene tre bollini rosa, il massimo riconoscimento fornito da ONDA, Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna, a conferma della qualità dei servizi offerti alle proprie pazienti per la prevenzione, la diagnosi e la cura delle patologie femminili.

“Il punto di forza delle Breast Unit è la qualità dell’assistenza che viene offerta alle pazienti, dalla diagnosi al follow up, forti di competenze consolidate nella gestione dei casi di tumore alla mammella” – spiega il dottor Corrado Tinterri, responsabile della Breast Unit di Humanitas –. “Farsi curare in centri di eccellenza, riduce la mortalità di circa il 20% Inoltre, come indicato da uno studio condotto su 25.000 pazienti, la sopravvivenza a 5 anni è maggiore del 9% negli ospedali che trattano più di 150 casi all’anno rispetto a chi se ne occupa di meno di 50”.

Informazione, comunicazione e consapevolezza sono le parole chiave della Breast Unit di Humanitas affinché la paziente si senta non solo supportata in ogni passaggio necessario per affrontare la malattia, ma che sappia anche cosa le sta succedendo, qual è la propria situazione e quali sono le opzioni di cura disponibili. E questo è reso possibile grazie anche all’introduzione della breast nurse che accompagna la paziente passo dopo passo. Che Humanitas sia un ospedale a misura di donna lo dimostrano anche le altre strutture del gruppo presenti sul territorio, altrettanto premiate con i bollini rosa di Onda. Fra queste Humanitas San Pio X a Milano, Humanitas Gavazzeni a Bergamo e il Centro Catanese di Oncologia a Catania.

Humanitas, inoltre, rende i suoi servizi sempre più accessibili con Humanitas Medical Care, andando incontro ai pazienti sul territorio fornendo prelievi, visite ed esami nei Poliambulatori e Centri Prelievo presso il Centro di Arese, il Fiordaliso a Rozzano e a Milano in via Domodossola, Ponti e Lippi. “Con l’apertura dei Medical Care sul territorio Humanitas si avvicina ai pazienti – dice Alex Carini, Direttore Private Healthcare di Humanitas – con l’obiettivo di fare prevenzione e diventare un partner per la salute dei cittadini che non si occupi solo della cura ma della salute a 360 gradi”.

A.L.I.Ce., solidarietà contro l’ictus

Una Onlus formata da medici, persone colpite dalla malattia e loro familiari e basata sul volontariato

È l’unica associazione, in Italia, a essere formata da persone colpite da ictus e dai loro familiari, neurologi e medici esperti nella diagnosi e nel trattamento dell’ictus, medici di famiglia, fisiatri e personale socio-sanitario addetto all’assistenza e alla riabilitazione. A.L.I.Ce. è l’acronimo di Associazione per la Lotta all’ictus cerebrale, ed è una Federazione di Associazioni Regionali: una Onlus basata sul volontariato e sui finanziamenti che derivano prevalentemente dalle donazioni e dai contributi di soci ed enti pubblici.

A.L.I.Ce. ha un obiettivo semplice: migliorare la qualità della vita delle persone colpite da ictus, di quelle a rischio e dei loro familiari. Per raggiungere questo traguardo, l’associazione si muove in diverse direzioni: ad esempio diffondendo informazioni sulla curabilità della malattia e sul riconoscimento dei sintomi (utile, al proposito, consultare il sito ufficiale).

Prevenzione e tempi di attesa, ecco le prossime sfide del SSN

Questi i punti rivelati da un sondaggio condotto nelle scorse settimane dall’Istituto Piepoli

Quali sono le priorità su cui si dovrebbero concentrare, nei prossimi anni, gli sforzi del Servizio Sanitario Nazionale? Questa domanda, nelle scorse settimane, è stata rivolta a un campione di 1088 persone, rappresentativo per genere, classe di età e ripartizione geografica nell’ambito di un ampio sondaggio condotto dall’Istituto Piepoli. I risultati, illustrati nel corso di “Inventing for Life – Health Summit” (convention organizzata da Msd Italia) sono chiari: prima per distacco tra le priorità per il SSN c’è la riduzione dei tempi di attesa per esami e interventi (col 78% di risposte), seguita dal sostegno alle fasce più deboli della popolazione (40%), dal rafforzamento delle politiche di prevenzione delle malattie (37%) e dall’aumento dell’assistenza domiciliare (32%). I cittadini mettono invece in secondo piano il valore della ricerca e dell’innovazione nella salute, visto che questa voce raccoglie soltanto il 29% delle preferenze mentre la riduzione degli sprechi si ferma al 22%. Ancora più in basso, tra gli altri, all’8% figurano invece una maggiore uniformità della qualità dei servizi sanitari tra Regioni e la garanzia di accesso ai farmaci innovativi in tempi rapidi.

Diverso il discorso, invece, per le priorità di salute pubblica, cioè gli ambiti in cui si dovrebbe investire di più. In questo caso il 72% degli intervistati indica i tumori, il 18% le malattie cardiovascolari e il 14% quelle neurologiche mentre il diabete e le malattie genetiche si fermano rispettivamente al 13% e al 12%. Decisamente meno importanti vengono considerate le malattie infettive, la prevenzione vaccinale e le malattie del sistema nervoso (tutte con il 2%). Sempre in termini di singole patologie laddove gli intervistati sbagliano il tiro è invece quando indicano su quali siano le malattie più costose per il Servizio Sanitario Nazionale, trascurando le cronicità che creano lunghe e sfiancanti situazioni di non autosufficienza: il 66% punta, infatti, il dito verso il cancro contro il 18% del diabete e il 19% delle patologie cardiovascolari.

Ma qual è la percezione del Servizio Sanitario Nazionale da parte del cittadino? In questo caso i risultati sono positivi se si pensa che, secondo il sondaggio, il 65% si dichiara molto o abbastanza soddisfatto mentre il 70% consiglierebbe l’offerta di servizi dello stesso SSN e il 69% si è sentito al centro dell’attenzione quando si è rivolto alla sanità pubblica. Anche per questo il 90% degli intervistati ritiene utile allocare più risorse al Servizio Sanitario Nazionale.

C’è, infine, un’ulteriore “gamba” del sondaggio dedicata alla sanità digitale, con particolare riferimento ai cosiddetti “Big Data” e ai possibili benefici che potrebbero portare nella cura di alcune malattie. Su questo fronte, tuttavia, gli italiani dimostrano ancora di essere un pochino “indietro” o quantomeno non propriamente entusiasti di cogliere questa possibile “opportunità”. Solo il 45%, per esempio, sarebbe favorevole all’uso dei propri dati sanitari privati per finalità di miglioramento del SSN: si sale al 48% se la prospettiva è quella di un miglior controllo della salute personale e la creazione di nuovi servizi di sanità personalizzata mentre – ed è questo forse il dato più sorprendente – si arriva soltanto al 55% quando l’obiettivo diventa la scoperta di nuove cure contro il cancro.

E la telemedicina? Per la medicina a distanza con l’ausilio delle nuove tecnologie c’è una sostanziale promozione. Per l’89% degli intervistati, infatti, essa potrebbe essere d’aiuto, ai pazienti e alle famiglie, nella gestione delle malattie croniche.

Con l’ecocolordoppler si gioca d’anticipo

Intervista al Professor Roberto Leo, che in merito all’ecocolordoppler dichiara: “È un test che permette di effettuare una diagnosi precoce di stenosi carotidee asintomatiche e di ridurre così il rischio di ictus”

“In Italia l’ictus ischemico è, per dimensioni epidemiologiche e rilievo sociale, uno dei più gravi problemi sanitari e assistenziali. Rappresenta la prima causa d’invalidità permanente, la seconda causa di demenza, nonché la terza causa di morte”. A parlare è Roberto Leo, Professore aggregato del Dipartimento di Medicina Interna dell’Università di Roma Tor Vergata, il quale precisa che “delle persone colpite da ictus, il 20-30% muore entro tre mesi, il 40-50% perde in modo definitivo la propria autonomia, e il 10% presenta una recidiva severa entro 12 mesi, con costi sociali difficilmente sostenibili”.

Come valuta lo stato dell’arte della prevenzione dell’ictus in Italia?

Dato l’elevatissimo impatto sociale ed economico dell’ictus, è indispensabile potenziare l’impegno per un’efficace prevenzione e per rendere disponibili, a tutta la popolazione, i trattamenti che si sono dimostrati più vantaggiosi. Le strategie sono più efficaci se vengono attuate quando l’ictus non si è ancora manifestato, ossia in soggetti asintomatici. La prevenzione si basa sulla correzione dei principali fattori di rischio cardiovascolare, in particolare: astenersi dal fumo, praticare attività sportiva, seguire un regime alimentare corretto e bilanciato, controllare il peso corporeo, la glicemia e la pressione arteriosa. Anche la correzione di eventuali aritmie cardiache, come la fibrillazione atriale, può giocare un ruolo cruciale.

Come funziona l’ecocolordoppler dei tronchi sovraortici previsto dall’iniziativa promossa da Assidai e Federmanager?

L’ecocolordoppler dei tronchi sovraortici (TSA) è un tipo di ecografia vascolare che permette lo studio morfologico e funzionale dei vasi del collo, valutandone sia il diametro e lo spessore di parete, sia la velocità e la direzione del flusso ematico all’interno. La malattia aterosclerotica è la patologia più studiata nel distretto dei tronchi sovraortici. La placca carotidea è la lesione aterosclerotica più frequente. Può essere valutata dal punto di vista morfologico, dell’estensione in lunghezza, dell’eccentricità, e delle caratteristiche della superficie e delle eventuali complicanze associate (ulcerazione, emorragia intraplacca e trombosi).

La malattia aterosclerotica può determinare piccoli ispessimenti di parete o veri e propri restringimenti del lume di un vaso (stenosi), che possono essere espressi come percentuale di riduzione del diametro o dell’area del vaso. Una stenosi è significativa se determina riduzione del calibro del vaso superiore al 65-70%. Una volta completata la valutazione morfologica si procede a quella del flusso ematico (valutazione funzionale) con il colordoppler e il doppler pulsato (PW doppler).

L’associazione tra i dati anatomici e quelli flussimetrici permette la stima esatta dell’entità della stenosi e indirizza verso una corretta terapia. L’ecocolordoppler TSA, inoltre, è necessario per seguire nel tempo l’andamento di una stenosi e valutare l’esito di un intervento chirurgico o endovascolare di correzione della stessa.

Come giudica l’iniziativa di Assidai-Federmanager sulla prevenzione dell’ictus?

L’iniziativa è meritoria, dato che la medicina moderna è assolutamente “anticipatoria” e pertanto la diagnosi precoce di stenosi carotidee asintomatiche, può portare a una riduzione non solo dell’ictus, ma anche dei costi sociali legati alle sue conseguenze cliniche invalidanti.

 

ISSalute, un sito sulla salute per tutti i cittadini

Intervista al Prof. Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, che spiega il lancio di ISSalute, un portale divulgativo per tutti gli italiani e contro bufale e fake news.

La gente tende a cercare le diagnosi su internet? “È un’abitudine, certamente non salutare, che però va accettata: piuttosto sono le istituzioni che devono imparare a governare questo trend”. Le fake news nella sanità? “Qualcosa di pericolosissimo, che può costare la vita alle persone”. La consapevolezza degli italiani sui temi della sanità? “Purtroppo siamo tra i popoli più creduloni e meno preparati”. A parlare è il Professor Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) che a fine febbraio ha lanciato Issalute, il primo portale istituzionale dedicato al cittadino (4mila contatti giornalieri nel primo mese di attività): una vera e propria enciclopedia della salute digitale e interattiva con oltre 1.700 schede su cause, disturbi, cure, prevenzione delle malattie e 150 fake news descritte e “smascherate”. L’obiettivo? “Spiegare ai cittadini il valore della ricerca e della conoscenza prodotta dall’ISS e dall’intera comunità scientifica e renderla fruibile al maggior numero di persone senza discriminazione di reddito o livello di istruzione, offrendo un punto di riferimento rigoroso e autorevole”, spiega Ricciardi.

Come è nata l’idea di creare e sviluppare il nuovo portale issalute.it?

Ho lavorato e studiato per anni in Gran Bretagna e ho visto il mio amico e maestro Sir Muir Gray creare, assieme al giornalista del Sunday Times Tim Kelsey, un grande portale al servizio dei cittadini. Un sito che traduceva il linguaggio complesso della scienza, garantendo alle persone informazioni utili e importanti. L’iniziativa mi colpì molto e cercai di replicarla quando il ministro della salute era Ferruccio Fazio ma purtroppo non riuscimmo ad avviare il progetto. Poi, quando sono diventato presidente dell’ISS, ho pensato che potevamo farlo noi e, nella realizzazione, ci ha aiutato l’università di Oxford.

Perché avete scelto di creare una sezione dedicata a “falsi miti e bufale”?

Nasce dal lavoro che abbiamo svolto in questi anni con il ministro della salute Beatrice Lorenzin. I falsi miti sulla salute sono molto importanti da sfatare: per questo abbiamo deciso di dedicare a questo tema una sezione a sé. Poi ci sono le bufale, anch’esse da smascherare: ne stiamo sfornando una al giorno, siamo partiti da 100 e siamo arrivati già a 150.

Molte persone, anziché rivolgersi a un medico, cercano la scorciatoia delle diagnosi su internet. Cosa ne pensa?

È un fatto della vita che va accettato. Tutti ormai si informano in primis in tv o su internet. Piuttosto sono le istituzioni che devono governare questo trend; Issalute è il primo portale che cerca di affrontare questo argomento con i modi e i tempi dei social media.

Questa tendenza può rappresentare un rischio per il Sistema Sanitario Nazionale?

Sì, ma non è certo il primo elemento di rischio. Il pericolo vero è quello sanitario, cioè che si facciano scelte scellerate in campo medico per la vita propria o dei propri cari. Ne sono prova esempi di fatti reali accaduti a livello nazionale e mondiale.

Un altro tema cruciale è quello delle fake news in campo sanitario. Quali sono i rischi?

Possono avere conseguenze devastanti, portando a scelte che si pagano con la vita. Ci sono persone che pensano di ricorrere a cure valide che invece non hanno alcuna efficacia.

Come giudica la consapevolezza e l’informazione degli italiani sui temi della sanità?

Purtroppo siamo tra gli ultimi in Europa e nei dati Ocse. Non è una mia percezione, lo dicono i dati oggettivi dell’Eurobarometro. Siamo tra i popoli più creduloni e meno preparati sulla salute: è un vero problema, tocca a noi aiutare le persone che non hanno questa consapevolezza ed è proprio questo l’obiettivo del portale Issalute.


Walter Ricciardi, 59 anni, è un grande esperto in temi di salute e sanità. Ricopre la carica di presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS). E’ anche Professore Ordinario di Igiene presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia “A. Gemelli” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma dal 2001.

La prevenzione fa bene anche alle imprese

Intervista al Presidente Federmanager, Stefano Cuzzilla

“La prevenzione, prima di rappresentare uno strumento di analisi medica, consiste in un approccio culturale che riguarda gli stili di vita che assumiamo”. È quanto dichiara Stefano Cuzzilla, Presidente Federmanager, che sottolinea come – proprio per questo – la prevenzione stessa faccia bene anche alle imprese.

La spesa sanitaria privata in Italia sfiora i 40 miliardi di euro, di cui solo il 7,4% è intermediato da Fondi sanitari integrativi. Perché sarebbe utile aumentare questa quota e come interviene Federmanager per farlo?

La crescita dell’indice di spesa privata giustifica la necessità dell’intermediazione dei Fondi sanitari integrativi. Questa fotografia del Paese non ci fa dormire sonni tranquilli. I cittadini pagano di tasca propria le cure di cui hanno bisogno, nel momento in cui ne hanno più bisogno; se non ci riescono, rimandano cure essenziali. Questo avviene principalmente perché il Sistema Sanitario Nazionale (SSN), nonostante sia tra i migliori al mondo per qualità e universalità delle prestazioni, è reso inefficiente dalla lunghezza delle liste d’attesa.

I nostri Fondi rimettono i soldi nel portafoglio degli italiani, diminuendo la quota di spesa cosiddetta out of pocket. Non solo, essi creano un circuito virtuoso che premia la sanità migliore e più tempestiva attraverso una leale concorrenza nella sanità privata. Questo consente alla sanità pubblica di concentrare l’intervento sulle aree di prestazione essenziale in una logica di complementarietà che arricchisce il sistema.

Qual è il ruolo dei fondi sanitari integrativi in tema di prevenzione?

L’ambito della prevenzione rappresenta uno dei modi più innovativi con cui il Secondo pilastro può intervenire a supporto del SSN. L’Italia investe ancora troppo poco in prevenzione, nonostante sia pacifico il collegamento tra attività preventiva e l’efficacia della risposta clinica. Pertanto, la sanità integrativa può e deve fare molto per diffondere la pratica della prevenzione sanitaria. E sicuramente questo è un tema che deve entrare nei programmi di welfare aziendale, aumentando il numero di lavoratori che si sottopone a screening e diagnosi precoci.

Anche se per le aziende questo implica un costo ulteriore?

La prevenzione, prima ancora di rappresentare uno strumento di analisi medica, consiste in un approccio culturale che riguarda gli stili di vita che assumiamo. Negli ultimi anni, i cittadini sono più informati ed esigenti e si sta diffondendo una concezione della salute come benessere complessivo. Di conseguenza, la cura di eventuali malattie è avvertita come un costo sociale ed economico molto più significativo del prezzo sostenuto per un esame diagnostico. Anzi, gli esami di profilassi sono un investimento che le aziende fanno sempre più volentieri. Un lavoratore in salute restituisce produttività all’impresa. È chiaro che se i Fondi sanitari integrativi investissero massicciamente su questo terreno, avremmo più chance di condividere una cultura della prevenzione dentro e fuori l’azienda. Per questo vogliamo incoraggiare, sostenendone i costi, iniziative come questa lanciata da Assidai che rappresentano una buona integrazione tra sanità pubblica e privata.

Il programma di prevenzione Assidai si svolge presso le strutture convenzionate. Qual è il valore di questo network?

Uno dei punti di forza di Federmanager sta nelle strutture sanitarie d’eccellenza che offrono servizi veloci e di qualità. Rivolgersi a Fasi e Assidai significa accedere ai migliori privati convenzionati, su cui abbiamo messo un bollino di qualità. Ci impegniamo ad aumentare il numero delle convenzioni dirette con i nostri enti per essere sempre più vicini alla domanda di cura del singolo e della collettività. Altra prerogativa del nostro sistema di convenzionamento è quella di offrire una soluzione concreta all’evasione fiscale: attraverso l’intermediazione dei nostri Fondi, infatti, il rimborso della spesa sanitaria avviene previa fattura. Le convenzioni che abbiamo attivato nel tempo si sono dimostrate una soluzione innovativa anche per introdurre i programmi di profilassi. Il nostro impegno è di favorire gli investimenti in prevenzione, incrementare l’adesione ai fondi sanitari integrativi e disegnare un nuovo orizzonte del welfare.

 

Nel G7 della sanità al primo posto il Belpaese

Lo rivela uno studio dell’Aiop. Anche per “The Lancet” il nostro servizio sanitario è il 12esimo al mondo

Il Servizio Sanitario Nazionale italiano è quello che nel G7 (sigla che comprende anche Francia, Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Giappone e Canada) associa la più bassa spesa pro-capite alla più elevata aspettativa di vita in salute. A sottolinearlo è un recente studio dell’Associazione italiana ospedaliera privata (Aiop) che, per raggiungere questa conclusione, ha incrociato ed esaminato a fondo sia le modalità di finanziamento del sistema, sia quelle di erogazione dei servizi.

Ebbene, in base a questa approfondita analisi la sanità italiana, nonostante l’ormai acclarata necessità di riforma e di adattamento a bisogni nuovi e crescenti della popolazione, continua a essere tuttora un modello di eccellenza e di qualità da seguire per molti Paesi del mondo.

Una tendenza confermata, poco meno di un anno fa, da un indice di “The Lancet”, l’autorevole rivista britannica, che riassumeva e valutava tre caratteristiche di 195 sistemi sanitari del mondo: l’accessibilità ai servizi sanitari da parte della popolazione, la qualità del servizio e la mortalità per 32 malattie per le quali la morte può essere evitata a condizione di ricevere subito trattamenti efficaci. La classifica di “The Lancet” – che prendeva in esame un arco di tempo dal 1990 al 2015 – vedeva l’Italia al 12esimo posto, meglio di Francia, Germania e nettamente davanti a Gran Bretagna e Stati Uniti. Tutti Paesi che, in altri ambiti (in particolar modo per quando riguarda l’economia), vengono spesso portati a modello da seguire per l’Italia.

C’è un altro tema, non certo, secondario, rimarcato dallo studio dell’Aiop: il nostro Servizio Sanitario Nazionale non solo è in grado di condurre a risultati efficaci in termini di clinici ma anche soprattutto per la prevenzione e la gestione di malattie croniche. Nonostante l’Italia sia il secondo Paese più “vecchio” del mondo dopo il Giappone, gli indicatori di vita in salute mostrano infatti un’elevata aspettativa di vita in salute e la capacità di minimizzare la perdita di anni di vita in salute. In un’ottica più globale, si conclude, reinvestire in un Ssn moderno può aiutare a posizionare l’Italia come leader globale nel campo della promozione e della tutela della salute.

 

Policlinico Casilino, un ospedale a misura di persona

I reparti di Ginecologia, Ostetricia, Neonatologia e terapia intensiva neonatale sono guidati da tre valori: sicurezza, accoglienza e umanizzazione.

Un ospedale a misura di territorio. È questo, in sintesi, lo spirito del Policlinico Casilino di Roma, sede di DEA di primo livello (il terzo della Capitale per accessi al Pronto Soccorso) in cui è presente anche una specifica realtà gestita da Eurosanità S.p.A. denominata “La Clinica”. Quest’ultima, convenzionata con Assidai, offre servizi a privati in tutte le specialità (tra cui medicina d’urgenza, cardiologia, chirurgia urologica e plastica ecc.) e a coloro che optano per l’assistenza, anche in ricovero, out of pocket. Il servizio è garantito con standard di accoglienza e ricovero simili a quelli di una clinica privata (grazie anche alle esperienze acquisite negli anni con la gestione delle strutture Quisisana, Villa Stuart e Centro Progenies – PMA a Roma, e RSA Sant’Elisabetta I° e II° a Fiuggi) con la possibilità per i pazienti di scegliere propri medici di fiducia e con accesso a tutti i servizi dell’ospedale. Insomma: la qualità di una clinica di lusso coniugata alla sicurezza di un grande ospedale.

In questo quadro, un capitolo a parte meritano i reparti di Ginecologia e Ostetricia e di Neonatologia, diretti rispettivamente dal Professor Herbert Valensise e dal Professor Piermichele Paolillo. Le loro carte vincenti? Si riassumono in tre parole: sicurezza, accoglienza e umanizzazione. A spiegarle in dettaglio è il Professor Valensise, che sottolinea come alla fine del 2017 il lavoro svolto nell’anno e mezzo precedente abbia dato i propri frutti con un netto incremento dei parti annui – arrivati a più di 3.500 – e una percentuale di accoglienza elevata dei pazienti. “Al primo punto del nostro lavoro c’è la sicurezza della donna in travaglio” spiega il Professor Valensise. “Cerchiamo di vedere tutto in un’ottica di continuità: dall’assistenza dal pronto soccorso fino al reparto abbiamo ridotto i rischi per le pazienti che si trovano in situazioni di difficoltà ed emergenza”.

Poi c’è il tema dell’accoglienza, per il quale è stato creato un punto che assiste a 360 gradi le donne in gravidanza e le fa sentire a loro agio cercando di ridurre al minimo ogni rischio. “Si tratta di un percorso che parte nell’ultimo trimestre di gravidanza – continua il Professore. “Facciamo sì che le donne vengano accolte, valutate, coccolate e controllate, anche nella loro parte umana, in modo che si sentano davvero in famiglia”. Punto essenziale è stato l’introduzione di una guardia anestesiologica 24 ore su 24, con la possibilità così di accedere all’epidurale in qualsiasi momento e a un livello di sicurezza ancora maggiore.

L’attenzione alla persona e alla famiglia è legata anche al terzo elemento chiave dell’ospedale: l’umanizzazione. “Il padre in sala parto e il rooming in sono stati grandi punti di arrivo, – conclude il Professor Valensise – perché il nostro obiettivo, in un mondo dove l’ospedale è a volte disumano e le persone vengono trattate come numeri, è di dare alle donne la sensazione di essere in famiglia, con la sicurezza di avere tutti i mezzi per fronteggiare ogni emergenza”.

“La nascita è uno dei momenti più difficili della vita. Nel 90% dei casi va tutto bene, ma nel 10% qualcosa può andare storto. Quindi è importante avere un’organizzazione umana e tecnologica in grado di sopperire a eventuali problematiche”, fa notare il Professor Paolillo, che spiega “abbiamo numeri molto alti di neonati patologici assistiti e tutte le strutture idonee, tra cui un ottimo centro di rianimazione per la mamma, e l’organizzazione per far sì che gravidanze che non sono decorse nel modo migliore vadano a buon fine”.

Per approfondimenti su questi reparti del Policlinico Casilino: https://youtu.be/pM6IoY1RCMUwww.policlinicocasilino.it

Herbert Valensise, 62 anni, è il Direttore U.O.C. di Ginecologia e Ostetricia del Policlinico Casilino. È Professore Associato di Ginecologia e Ostetricia all’Università Tor Vergata; è impegnato nelle ricerche sulla medicina materno fetale ed è autore di numerosi articoli pubblicati su riviste internazionali e di libri.

Piermichele Paolillo, 64 anni, è il Direttore della U.O.C. di Neonatologia, Terapia Intensiva e Patologia Neonatale del Policlinico Casilino. è specializzato in pediatria e puericultura e vanta un’ampia esperienza a livello didattico (in particolare universitario) e scientifico, nonché svariate pubblicazioni.

Nelle immagini: la Palazzina A del Policlinico Casilino che ospita i reparti di Ginecologia e Neonatologia, i Professori Valensise e Paolillo, il reparto solventi, l’accoglienza in sala travaglio-parto e la terapia intensiva neonatale.

Palazzina A – Policlinico Casilino

 

Prof. Herbert Valensise

 

Prof. Piermichele Paolillo

 

Reparto solventi

 

Sala Travaglio-Parto

 

Terapia intensiva neonatale