Prevenzione e tempi di attesa, ecco le prossime sfide del SSN

Questi i punti rivelati da un sondaggio condotto nelle scorse settimane dall’Istituto Piepoli

Quali sono le priorità su cui si dovrebbero concentrare, nei prossimi anni, gli sforzi del Servizio Sanitario Nazionale? Questa domanda, nelle scorse settimane, è stata rivolta a un campione di 1088 persone, rappresentativo per genere, classe di età e ripartizione geografica nell’ambito di un ampio sondaggio condotto dall’Istituto Piepoli. I risultati, illustrati nel corso di “Inventing for Life – Health Summit” (convention organizzata da Msd Italia) sono chiari: prima per distacco tra le priorità per il SSN c’è la riduzione dei tempi di attesa per esami e interventi (col 78% di risposte), seguita dal sostegno alle fasce più deboli della popolazione (40%), dal rafforzamento delle politiche di prevenzione delle malattie (37%) e dall’aumento dell’assistenza domiciliare (32%). I cittadini mettono invece in secondo piano il valore della ricerca e dell’innovazione nella salute, visto che questa voce raccoglie soltanto il 29% delle preferenze mentre la riduzione degli sprechi si ferma al 22%. Ancora più in basso, tra gli altri, all’8% figurano invece una maggiore uniformità della qualità dei servizi sanitari tra Regioni e la garanzia di accesso ai farmaci innovativi in tempi rapidi.

Diverso il discorso, invece, per le priorità di salute pubblica, cioè gli ambiti in cui si dovrebbe investire di più. In questo caso il 72% degli intervistati indica i tumori, il 18% le malattie cardiovascolari e il 14% quelle neurologiche mentre il diabete e le malattie genetiche si fermano rispettivamente al 13% e al 12%. Decisamente meno importanti vengono considerate le malattie infettive, la prevenzione vaccinale e le malattie del sistema nervoso (tutte con il 2%). Sempre in termini di singole patologie laddove gli intervistati sbagliano il tiro è invece quando indicano su quali siano le malattie più costose per il Servizio Sanitario Nazionale, trascurando le cronicità che creano lunghe e sfiancanti situazioni di non autosufficienza: il 66% punta, infatti, il dito verso il cancro contro il 18% del diabete e il 19% delle patologie cardiovascolari.

Ma qual è la percezione del Servizio Sanitario Nazionale da parte del cittadino? In questo caso i risultati sono positivi se si pensa che, secondo il sondaggio, il 65% si dichiara molto o abbastanza soddisfatto mentre il 70% consiglierebbe l’offerta di servizi dello stesso SSN e il 69% si è sentito al centro dell’attenzione quando si è rivolto alla sanità pubblica. Anche per questo il 90% degli intervistati ritiene utile allocare più risorse al Servizio Sanitario Nazionale.

C’è, infine, un’ulteriore “gamba” del sondaggio dedicata alla sanità digitale, con particolare riferimento ai cosiddetti “Big Data” e ai possibili benefici che potrebbero portare nella cura di alcune malattie. Su questo fronte, tuttavia, gli italiani dimostrano ancora di essere un pochino “indietro” o quantomeno non propriamente entusiasti di cogliere questa possibile “opportunità”. Solo il 45%, per esempio, sarebbe favorevole all’uso dei propri dati sanitari privati per finalità di miglioramento del SSN: si sale al 48% se la prospettiva è quella di un miglior controllo della salute personale e la creazione di nuovi servizi di sanità personalizzata mentre – ed è questo forse il dato più sorprendente – si arriva soltanto al 55% quando l’obiettivo diventa la scoperta di nuove cure contro il cancro.

E la telemedicina? Per la medicina a distanza con l’ausilio delle nuove tecnologie c’è una sostanziale promozione. Per l’89% degli intervistati, infatti, essa potrebbe essere d’aiuto, ai pazienti e alle famiglie, nella gestione delle malattie croniche.

Con l’ecocolordoppler si gioca d’anticipo

Intervista al Professor Roberto Leo, che in merito all’ecocolordoppler dichiara: “È un test che permette di effettuare una diagnosi precoce di stenosi carotidee asintomatiche e di ridurre così il rischio di ictus”

“In Italia l’ictus ischemico è, per dimensioni epidemiologiche e rilievo sociale, uno dei più gravi problemi sanitari e assistenziali. Rappresenta la prima causa d’invalidità permanente, la seconda causa di demenza, nonché la terza causa di morte”. A parlare è Roberto Leo, Professore aggregato del Dipartimento di Medicina Interna dell’Università di Roma Tor Vergata, il quale precisa che “delle persone colpite da ictus, il 20-30% muore entro tre mesi, il 40-50% perde in modo definitivo la propria autonomia, e il 10% presenta una recidiva severa entro 12 mesi, con costi sociali difficilmente sostenibili”.

Come valuta lo stato dell’arte della prevenzione dell’ictus in Italia?

Dato l’elevatissimo impatto sociale ed economico dell’ictus, è indispensabile potenziare l’impegno per un’efficace prevenzione e per rendere disponibili, a tutta la popolazione, i trattamenti che si sono dimostrati più vantaggiosi. Le strategie sono più efficaci se vengono attuate quando l’ictus non si è ancora manifestato, ossia in soggetti asintomatici. La prevenzione si basa sulla correzione dei principali fattori di rischio cardiovascolare, in particolare: astenersi dal fumo, praticare attività sportiva, seguire un regime alimentare corretto e bilanciato, controllare il peso corporeo, la glicemia e la pressione arteriosa. Anche la correzione di eventuali aritmie cardiache, come la fibrillazione atriale, può giocare un ruolo cruciale.

Come funziona l’ecocolordoppler dei tronchi sovraortici previsto dall’iniziativa promossa da Assidai e Federmanager?

L’ecocolordoppler dei tronchi sovraortici (TSA) è un tipo di ecografia vascolare che permette lo studio morfologico e funzionale dei vasi del collo, valutandone sia il diametro e lo spessore di parete, sia la velocità e la direzione del flusso ematico all’interno. La malattia aterosclerotica è la patologia più studiata nel distretto dei tronchi sovraortici. La placca carotidea è la lesione aterosclerotica più frequente. Può essere valutata dal punto di vista morfologico, dell’estensione in lunghezza, dell’eccentricità, e delle caratteristiche della superficie e delle eventuali complicanze associate (ulcerazione, emorragia intraplacca e trombosi).

La malattia aterosclerotica può determinare piccoli ispessimenti di parete o veri e propri restringimenti del lume di un vaso (stenosi), che possono essere espressi come percentuale di riduzione del diametro o dell’area del vaso. Una stenosi è significativa se determina riduzione del calibro del vaso superiore al 65-70%. Una volta completata la valutazione morfologica si procede a quella del flusso ematico (valutazione funzionale) con il colordoppler e il doppler pulsato (PW doppler).

L’associazione tra i dati anatomici e quelli flussimetrici permette la stima esatta dell’entità della stenosi e indirizza verso una corretta terapia. L’ecocolordoppler TSA, inoltre, è necessario per seguire nel tempo l’andamento di una stenosi e valutare l’esito di un intervento chirurgico o endovascolare di correzione della stessa.

Come giudica l’iniziativa di Assidai-Federmanager sulla prevenzione dell’ictus?

L’iniziativa è meritoria, dato che la medicina moderna è assolutamente “anticipatoria” e pertanto la diagnosi precoce di stenosi carotidee asintomatiche, può portare a una riduzione non solo dell’ictus, ma anche dei costi sociali legati alle sue conseguenze cliniche invalidanti.

 

ISSalute, un sito sulla salute per tutti i cittadini

Intervista al Prof. Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, che spiega il lancio di ISSalute, un portale divulgativo per tutti gli italiani e contro bufale e fake news.

La gente tende a cercare le diagnosi su internet? “È un’abitudine, certamente non salutare, che però va accettata: piuttosto sono le istituzioni che devono imparare a governare questo trend”. Le fake news nella sanità? “Qualcosa di pericolosissimo, che può costare la vita alle persone”. La consapevolezza degli italiani sui temi della sanità? “Purtroppo siamo tra i popoli più creduloni e meno preparati”. A parlare è il Professor Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) che a fine febbraio ha lanciato Issalute, il primo portale istituzionale dedicato al cittadino (4mila contatti giornalieri nel primo mese di attività): una vera e propria enciclopedia della salute digitale e interattiva con oltre 1.700 schede su cause, disturbi, cure, prevenzione delle malattie e 150 fake news descritte e “smascherate”. L’obiettivo? “Spiegare ai cittadini il valore della ricerca e della conoscenza prodotta dall’ISS e dall’intera comunità scientifica e renderla fruibile al maggior numero di persone senza discriminazione di reddito o livello di istruzione, offrendo un punto di riferimento rigoroso e autorevole”, spiega Ricciardi.

Come è nata l’idea di creare e sviluppare il nuovo portale issalute.it?

Ho lavorato e studiato per anni in Gran Bretagna e ho visto il mio amico e maestro Sir Muir Gray creare, assieme al giornalista del Sunday Times Tim Kelsey, un grande portale al servizio dei cittadini. Un sito che traduceva il linguaggio complesso della scienza, garantendo alle persone informazioni utili e importanti. L’iniziativa mi colpì molto e cercai di replicarla quando il ministro della salute era Ferruccio Fazio ma purtroppo non riuscimmo ad avviare il progetto. Poi, quando sono diventato presidente dell’ISS, ho pensato che potevamo farlo noi e, nella realizzazione, ci ha aiutato l’università di Oxford.

Perché avete scelto di creare una sezione dedicata a “falsi miti e bufale”?

Nasce dal lavoro che abbiamo svolto in questi anni con il ministro della salute Beatrice Lorenzin. I falsi miti sulla salute sono molto importanti da sfatare: per questo abbiamo deciso di dedicare a questo tema una sezione a sé. Poi ci sono le bufale, anch’esse da smascherare: ne stiamo sfornando una al giorno, siamo partiti da 100 e siamo arrivati già a 150.

Molte persone, anziché rivolgersi a un medico, cercano la scorciatoia delle diagnosi su internet. Cosa ne pensa?

È un fatto della vita che va accettato. Tutti ormai si informano in primis in tv o su internet. Piuttosto sono le istituzioni che devono governare questo trend; Issalute è il primo portale che cerca di affrontare questo argomento con i modi e i tempi dei social media.

Questa tendenza può rappresentare un rischio per il Sistema Sanitario Nazionale?

Sì, ma non è certo il primo elemento di rischio. Il pericolo vero è quello sanitario, cioè che si facciano scelte scellerate in campo medico per la vita propria o dei propri cari. Ne sono prova esempi di fatti reali accaduti a livello nazionale e mondiale.

Un altro tema cruciale è quello delle fake news in campo sanitario. Quali sono i rischi?

Possono avere conseguenze devastanti, portando a scelte che si pagano con la vita. Ci sono persone che pensano di ricorrere a cure valide che invece non hanno alcuna efficacia.

Come giudica la consapevolezza e l’informazione degli italiani sui temi della sanità?

Purtroppo siamo tra gli ultimi in Europa e nei dati Ocse. Non è una mia percezione, lo dicono i dati oggettivi dell’Eurobarometro. Siamo tra i popoli più creduloni e meno preparati sulla salute: è un vero problema, tocca a noi aiutare le persone che non hanno questa consapevolezza ed è proprio questo l’obiettivo del portale Issalute.


Walter Ricciardi, 59 anni, è un grande esperto in temi di salute e sanità. Ricopre la carica di presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS). E’ anche Professore Ordinario di Igiene presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia “A. Gemelli” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma dal 2001.

La prevenzione fa bene anche alle imprese

Intervista al Presidente Federmanager, Stefano Cuzzilla

“La prevenzione, prima di rappresentare uno strumento di analisi medica, consiste in un approccio culturale che riguarda gli stili di vita che assumiamo”. È quanto dichiara Stefano Cuzzilla, Presidente Federmanager, che sottolinea come – proprio per questo – la prevenzione stessa faccia bene anche alle imprese.

La spesa sanitaria privata in Italia sfiora i 40 miliardi di euro, di cui solo il 7,4% è intermediato da Fondi sanitari integrativi. Perché sarebbe utile aumentare questa quota e come interviene Federmanager per farlo?

La crescita dell’indice di spesa privata giustifica la necessità dell’intermediazione dei Fondi sanitari integrativi. Questa fotografia del Paese non ci fa dormire sonni tranquilli. I cittadini pagano di tasca propria le cure di cui hanno bisogno, nel momento in cui ne hanno più bisogno; se non ci riescono, rimandano cure essenziali. Questo avviene principalmente perché il Sistema Sanitario Nazionale (SSN), nonostante sia tra i migliori al mondo per qualità e universalità delle prestazioni, è reso inefficiente dalla lunghezza delle liste d’attesa.

I nostri Fondi rimettono i soldi nel portafoglio degli italiani, diminuendo la quota di spesa cosiddetta out of pocket. Non solo, essi creano un circuito virtuoso che premia la sanità migliore e più tempestiva attraverso una leale concorrenza nella sanità privata. Questo consente alla sanità pubblica di concentrare l’intervento sulle aree di prestazione essenziale in una logica di complementarietà che arricchisce il sistema.

Qual è il ruolo dei fondi sanitari integrativi in tema di prevenzione?

L’ambito della prevenzione rappresenta uno dei modi più innovativi con cui il Secondo pilastro può intervenire a supporto del SSN. L’Italia investe ancora troppo poco in prevenzione, nonostante sia pacifico il collegamento tra attività preventiva e l’efficacia della risposta clinica. Pertanto, la sanità integrativa può e deve fare molto per diffondere la pratica della prevenzione sanitaria. E sicuramente questo è un tema che deve entrare nei programmi di welfare aziendale, aumentando il numero di lavoratori che si sottopone a screening e diagnosi precoci.

Anche se per le aziende questo implica un costo ulteriore?

La prevenzione, prima ancora di rappresentare uno strumento di analisi medica, consiste in un approccio culturale che riguarda gli stili di vita che assumiamo. Negli ultimi anni, i cittadini sono più informati ed esigenti e si sta diffondendo una concezione della salute come benessere complessivo. Di conseguenza, la cura di eventuali malattie è avvertita come un costo sociale ed economico molto più significativo del prezzo sostenuto per un esame diagnostico. Anzi, gli esami di profilassi sono un investimento che le aziende fanno sempre più volentieri. Un lavoratore in salute restituisce produttività all’impresa. È chiaro che se i Fondi sanitari integrativi investissero massicciamente su questo terreno, avremmo più chance di condividere una cultura della prevenzione dentro e fuori l’azienda. Per questo vogliamo incoraggiare, sostenendone i costi, iniziative come questa lanciata da Assidai che rappresentano una buona integrazione tra sanità pubblica e privata.

Il programma di prevenzione Assidai si svolge presso le strutture convenzionate. Qual è il valore di questo network?

Uno dei punti di forza di Federmanager sta nelle strutture sanitarie d’eccellenza che offrono servizi veloci e di qualità. Rivolgersi a Fasi e Assidai significa accedere ai migliori privati convenzionati, su cui abbiamo messo un bollino di qualità. Ci impegniamo ad aumentare il numero delle convenzioni dirette con i nostri enti per essere sempre più vicini alla domanda di cura del singolo e della collettività. Altra prerogativa del nostro sistema di convenzionamento è quella di offrire una soluzione concreta all’evasione fiscale: attraverso l’intermediazione dei nostri Fondi, infatti, il rimborso della spesa sanitaria avviene previa fattura. Le convenzioni che abbiamo attivato nel tempo si sono dimostrate una soluzione innovativa anche per introdurre i programmi di profilassi. Il nostro impegno è di favorire gli investimenti in prevenzione, incrementare l’adesione ai fondi sanitari integrativi e disegnare un nuovo orizzonte del welfare.

 

Nel G7 della sanità al primo posto il Belpaese

Lo rivela uno studio dell’Aiop. Anche per “The Lancet” il nostro servizio sanitario è il 12esimo al mondo

Il Servizio Sanitario Nazionale italiano è quello che nel G7 (sigla che comprende anche Francia, Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Giappone e Canada) associa la più bassa spesa pro-capite alla più elevata aspettativa di vita in salute. A sottolinearlo è un recente studio dell’Associazione italiana ospedaliera privata (Aiop) che, per raggiungere questa conclusione, ha incrociato ed esaminato a fondo sia le modalità di finanziamento del sistema, sia quelle di erogazione dei servizi.

Ebbene, in base a questa approfondita analisi la sanità italiana, nonostante l’ormai acclarata necessità di riforma e di adattamento a bisogni nuovi e crescenti della popolazione, continua a essere tuttora un modello di eccellenza e di qualità da seguire per molti Paesi del mondo.

Una tendenza confermata, poco meno di un anno fa, da un indice di “The Lancet”, l’autorevole rivista britannica, che riassumeva e valutava tre caratteristiche di 195 sistemi sanitari del mondo: l’accessibilità ai servizi sanitari da parte della popolazione, la qualità del servizio e la mortalità per 32 malattie per le quali la morte può essere evitata a condizione di ricevere subito trattamenti efficaci. La classifica di “The Lancet” – che prendeva in esame un arco di tempo dal 1990 al 2015 – vedeva l’Italia al 12esimo posto, meglio di Francia, Germania e nettamente davanti a Gran Bretagna e Stati Uniti. Tutti Paesi che, in altri ambiti (in particolar modo per quando riguarda l’economia), vengono spesso portati a modello da seguire per l’Italia.

C’è un altro tema, non certo, secondario, rimarcato dallo studio dell’Aiop: il nostro Servizio Sanitario Nazionale non solo è in grado di condurre a risultati efficaci in termini di clinici ma anche soprattutto per la prevenzione e la gestione di malattie croniche. Nonostante l’Italia sia il secondo Paese più “vecchio” del mondo dopo il Giappone, gli indicatori di vita in salute mostrano infatti un’elevata aspettativa di vita in salute e la capacità di minimizzare la perdita di anni di vita in salute. In un’ottica più globale, si conclude, reinvestire in un Ssn moderno può aiutare a posizionare l’Italia come leader globale nel campo della promozione e della tutela della salute.

 

Policlinico Casilino, un ospedale a misura di persona

I reparti di Ginecologia, Ostetricia, Neonatologia e terapia intensiva neonatale sono guidati da tre valori: sicurezza, accoglienza e umanizzazione.

Un ospedale a misura di territorio. È questo, in sintesi, lo spirito del Policlinico Casilino di Roma, sede di DEA di primo livello (il terzo della Capitale per accessi al Pronto Soccorso) in cui è presente anche una specifica realtà gestita da Eurosanità S.p.A. denominata “La Clinica”. Quest’ultima, convenzionata con Assidai, offre servizi a privati in tutte le specialità (tra cui medicina d’urgenza, cardiologia, chirurgia urologica e plastica ecc.) e a coloro che optano per l’assistenza, anche in ricovero, out of pocket. Il servizio è garantito con standard di accoglienza e ricovero simili a quelli di una clinica privata (grazie anche alle esperienze acquisite negli anni con la gestione delle strutture Quisisana, Villa Stuart e Centro Progenies – PMA a Roma, e RSA Sant’Elisabetta I° e II° a Fiuggi) con la possibilità per i pazienti di scegliere propri medici di fiducia e con accesso a tutti i servizi dell’ospedale. Insomma: la qualità di una clinica di lusso coniugata alla sicurezza di un grande ospedale.

In questo quadro, un capitolo a parte meritano i reparti di Ginecologia e Ostetricia e di Neonatologia, diretti rispettivamente dal Professor Herbert Valensise e dal Professor Piermichele Paolillo. Le loro carte vincenti? Si riassumono in tre parole: sicurezza, accoglienza e umanizzazione. A spiegarle in dettaglio è il Professor Valensise, che sottolinea come alla fine del 2017 il lavoro svolto nell’anno e mezzo precedente abbia dato i propri frutti con un netto incremento dei parti annui – arrivati a più di 3.500 – e una percentuale di accoglienza elevata dei pazienti. “Al primo punto del nostro lavoro c’è la sicurezza della donna in travaglio” spiega il Professor Valensise. “Cerchiamo di vedere tutto in un’ottica di continuità: dall’assistenza dal pronto soccorso fino al reparto abbiamo ridotto i rischi per le pazienti che si trovano in situazioni di difficoltà ed emergenza”.

Poi c’è il tema dell’accoglienza, per il quale è stato creato un punto che assiste a 360 gradi le donne in gravidanza e le fa sentire a loro agio cercando di ridurre al minimo ogni rischio. “Si tratta di un percorso che parte nell’ultimo trimestre di gravidanza – continua il Professore. “Facciamo sì che le donne vengano accolte, valutate, coccolate e controllate, anche nella loro parte umana, in modo che si sentano davvero in famiglia”. Punto essenziale è stato l’introduzione di una guardia anestesiologica 24 ore su 24, con la possibilità così di accedere all’epidurale in qualsiasi momento e a un livello di sicurezza ancora maggiore.

L’attenzione alla persona e alla famiglia è legata anche al terzo elemento chiave dell’ospedale: l’umanizzazione. “Il padre in sala parto e il rooming in sono stati grandi punti di arrivo, – conclude il Professor Valensise – perché il nostro obiettivo, in un mondo dove l’ospedale è a volte disumano e le persone vengono trattate come numeri, è di dare alle donne la sensazione di essere in famiglia, con la sicurezza di avere tutti i mezzi per fronteggiare ogni emergenza”.

“La nascita è uno dei momenti più difficili della vita. Nel 90% dei casi va tutto bene, ma nel 10% qualcosa può andare storto. Quindi è importante avere un’organizzazione umana e tecnologica in grado di sopperire a eventuali problematiche”, fa notare il Professor Paolillo, che spiega “abbiamo numeri molto alti di neonati patologici assistiti e tutte le strutture idonee, tra cui un ottimo centro di rianimazione per la mamma, e l’organizzazione per far sì che gravidanze che non sono decorse nel modo migliore vadano a buon fine”.

Per approfondimenti su questi reparti del Policlinico Casilino: https://youtu.be/pM6IoY1RCMUwww.policlinicocasilino.it

Herbert Valensise, 62 anni, è il Direttore U.O.C. di Ginecologia e Ostetricia del Policlinico Casilino. È Professore Associato di Ginecologia e Ostetricia all’Università Tor Vergata; è impegnato nelle ricerche sulla medicina materno fetale ed è autore di numerosi articoli pubblicati su riviste internazionali e di libri.

Piermichele Paolillo, 64 anni, è il Direttore della U.O.C. di Neonatologia, Terapia Intensiva e Patologia Neonatale del Policlinico Casilino. è specializzato in pediatria e puericultura e vanta un’ampia esperienza a livello didattico (in particolare universitario) e scientifico, nonché svariate pubblicazioni.

Nelle immagini: la Palazzina A del Policlinico Casilino che ospita i reparti di Ginecologia e Neonatologia, i Professori Valensise e Paolillo, il reparto solventi, l’accoglienza in sala travaglio-parto e la terapia intensiva neonatale.

Palazzina A – Policlinico Casilino

 

Prof. Herbert Valensise

 

Prof. Piermichele Paolillo

 

Reparto solventi

 

Sala Travaglio-Parto

 

Terapia intensiva neonatale

Crescere con la white economy

Il punto di vista di Stefano Cuzzilla, Presidente Federmanager

Serve pragmatismo per rispondere alle sfide attuali, prendendo in seria considerazione l’andamento demografico e il bisogno di cura espresso da cittadini sempre più informati ed esigenti.

Abbiamo costruito un sistema di welfare integrativo, sia contrattuale sia aziendale, che si traduce in azioni concrete di sostegno al Servizio sanitario pubblico. Consapevoli dell’urgenza di conferire efficacia al sistema, abbiamo creato una rete di convenzioni con le migliori strutture sanitarie del Paese, un network di eccellenza al quale i nostri colleghi possono rivolgersi con sicurezza, sapendo che la gestione è affidata ai principali player di mercato e che la nostra supervisione è costante.

L’integrazione tra attività pubbliche e private deve sempre essere orientata alla cura, all’assistenza e alla previdenza delle persone. È questo – o tale dovrebbe essere – l’obiettivo ultimo della cosiddetta White Economy, una leva di sviluppo certamente economico, ma anche sociale. Riconoscere che la filiera della salute sia ormai diventata un vettore per l’export e una delle voci più significative del nostro bilancio non è abbastanza: che abbia superato il 10% del Pil sarà certamente un motivo di orgoglio nella misura in cui questa industria continuerà a spingere in alto la qualità dell’offerta sanitaria.

Praesidium, protezione dai rischi a 360°

Il Presidente Carbonaro: il nostro obiettivo è fare sistema con Federmanager e Assidai per offrire soluzioni tagliate su misura per i nuovi bisogni dei manager.

Il valore chiave di Praesidium è il “People Care”, ovvero capire le necessità dei manager e delle loro famiglie e promuovere soluzioni a 360 gradi che ne garantiscono il benessere. Nato nel 2005 dalla joint venture tra Federmanager, Assidai e Aon Italia, Praesidium è un broker assicurativo specializzato nello studio, progettazione e gestione di programmi di welfare aziendale dedicati ai dirigenti, ai quadri, ai professional, ai pensionati e alle loro famiglie. “La nostra missione è coprire una complessità di nuovi bisogni che vanno nella direzione della copertura dal rischio” spiega il Presidente Salvatore Carbonaro.

Come nasce Praesidium, a chi si rivolge e quali sono oggi i suoi principali obiettivi?

Nasce 13 anni fa da una semplice intuizione: dotare il sistema Federmanager di una realtà che potesse offrire diversi prodotti assicurativi agli iscritti, attraverso una rete di consulenti di welfare sul territorio. Abbiamo avuto l’intuito di creare una struttura atipica: i consulenti sono dei broker, ma svolgono anche attività di formazione e informazione per proporre soluzioni assicurative su base aziendale e/o individuale. Il nostro obiettivo è offrire dei pacchetti di protezione a tutto tondo e personalizzati. A tale riguardo cito un dato, proveniente da un’indagine Ermeneia del 2016, che attesta le ansie e le paure vissute dalle famiglie italiane in merito alla propria protezione attuale e futura. Tali preoccupazioni indurrebbero a sottoscrivere nell’ordine le seguenti coperture: malattia grave o invalidità del capofamiglia, morte di un componente familiare, perdita del posto di lavoro, futuro incerto dei figli, non autosufficienza in vecchiaia e riduzione del reddito. Come dimostrato, le tutele assicurative in ambito familiare non sono più una opportunità bensì una necessità.

Perché un iscritto di Assidai dovrebbe rivolgersi a Praesidium per le proprie esigenze assicurative?

Perché siamo un partner presente sul territorio e nel dialogo con l’iscritto per ogni sua esigenza di protezione assicurativa. I prodotti vanno dal welfare individuale (area professionale, salute e famiglia) a quello aziendale (area contrattuale, integrativa e complementare). Nel primo caso offriamo tutele per la responsabilità civile patrimoniale, tutela legale, assistenza sanitaria, polizza vita, RCA, assicurazione multirischi abitazione e assistenza viaggi. Nel secondo, proponiamo assicurazioni vita e infortuni, tutela legale, assistenza sanitaria, responsabilità civile amministratori, dirigenti e sindaci, assistenza viaggi, flexible benefit.

Quali sono i prodotti assicurativi che consigliereste agli iscritti di Assidai?

Forniamo un servizio di consulenza personalizzato e un iscritto Assidai potrebbe essere interessato a diversi dei prodotti, sia sull’area salute sia su quella famiglia. Stiamo lavorando anche a soluzioni relative al passaggio al periodo della pensione, che consentono di mantenere il benessere dell’età lavorativa, e sui flexible benefit. La proposta di Assidai in termini di assistenza sanitaria è una delle più interessanti, ma talvolta va personalizzata, perché cambiano i bisogni e occorre adeguarsi alla domanda.

Se gli iscritti Assidai o le aziende fossero interessati a contattarvi a chi possono rivolgersi?

Possono visitare il nostro sito www.praesidiumspa.it o contattarci al numero telefonico dedicato, 06 44070640 per ricevere tutte le informazioni.

Salvatore Carbonaro è Presidente di Praesidium Spa. Vanta numerosi incarichi professionali passati, tra cui membro della Giunta Federmanager, della V Commissione Cnel (Infrastrutture ed Energia) e del tavolo tecnico di Confindustria sullo sviluppo dell’idrogeno per la mobilità sostenibile. è stato anche dirigente Eni ed Enichem.

L’OCSE promuove la sanità italiana “Siete tra i più longevi d’Europa”

Uno studio rivela: la nostra speranza di vita è di 82,7 anni, meglio solo la Spagna.

La speranza di vita degli italiani è tra le più alte d’Europa, anche se si riscontrano disparità a livello regionale e socio-economico. Queste parole, che hanno tutto il sapore di una promozione, e anche di una piccola rivincita, per il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), arrivano dall’approfondito studio “State of Health in the European Union”, realizzato dall’OCSE con schede e valutazioni ad hoc per ogni Paese.

Con una speranza di vita alla nascita di 82,7 anni, l’Italia si colloca al secondo posto tra i Paesi dell’Unione europea (dietro alla Spagna), con due anni in più rispetto alla media del Vecchio Continente. La speranza di vita è aumentata di 2,8 anni tra il 2000 e il 2015 ma come in altri Paesi c’è ancora un marcato divario legato al genere (le donne hanno una speranza di vita di circa cinque anni in più rispetto agli uomini) e purtroppo anche alle condizioni socio-economiche: chi possiede un livello di istruzione elevato ha una speranza di vita alla nascita di quattro anni superiore rispetto a chi non ha completato l’istruzione secondaria. Le principali cause di morte, invece, sono ancora le malattie cardiovascolari e i tumori: nel 2014 quasi due terzi dei decessi in Italia erano dovuti a queste patologie. Anche se le morti dovute all’Alzheimer e ad altre forme di demenza senile hanno riportato un notevole aumento rispetto al 2000 a causa dell’invecchiamento della popolazione: un trend che dimostra la necessità di uno sviluppo sempre più robusto delle prestazioni per la non autosufficienza-Long Term Care.

State of Health in the European Union dell'OCSE

Va poi ricordato un altro dato della ricerca su cui è opportuno riflettere: in Italia l’allungamento della speranza di vita rispetto al 2000 si deve principalmente alla riduzione dei tassi di mortalità dopo i 65 anni. A questa età, tuttavia, gli italiani hanno sì una speranza di vita superiore rispetto ai coetanei di altri Paesi europei, ma con meno anni in buona salute. Qualche numero? Nel 2015 una donna italiana 65enne aveva una speranza di vita di 22,2 anni (ma con soli 7,5 anni senza disabilità), mentre per un uomo della stessa età si scendeva a 18,9 anni (con 7,8 anni in piena salute).

OCSE: bene sull’alcol, pericolo obesità

Per quanto riguarda invece i fattori di rischio, nel 2014 in Italia gli adulti che fumavano tabacco quotidianamente erano il 20%, appena al di sotto della media UE e in calo rispetto al 25 % del 2000, mentre sul consumo di alcol siamo tra i migliori: solo il 7% ne dichiara un uso “non moderato” e in questa speciale classifica solo Cipro ci precede con una quota più bassa. Per contro, sta nascendo un preoccupante pericolo obesità, anche se tra gli adulti il 10% dell’Italia è il secondo dato più basso di tutta Europa. Il problema sono gli adolescenti, sovrappeso o obesi, che hanno ormai raggiunto la media Ue (18%) mentre i quindicenni maschi – soprattutto per la scarsa attività fisica – sono arrivati al 26%, al quarto posto in Europa.
Infine un cenno alla spesa sanitaria pro capite, che nel 2015 in Italia era pari a 2.502 euro, inferiore del 10% alla media europea, e corrispondeva al 9,1% del PIL (contro il 9,9% della Ue). Sebbene una serie di servizi di base siano gratuiti, le spese direttamente a carico dei pazienti, sottolinea l’OCSE, sono relativamente elevate (23% del totale, contro una media Ue del 15% nel 2015) e riguardano soprattutto i farmaci e le cure odontoiatriche.

 

Il “welfare” più richiesto? L’assistenza sanitaria

È quanto emerge da un’indagine Censis – Eudaimon che stima un valore potenziale del settore di 21 miliardi.

Le prestazioni più richieste di welfare aziendale? Quelle relative all’area della salute e della sanità (intesa come assistenza sanitaria in caso di malattia, non autosufficienza e infortuni) con il 53,8% delle preferenze, seguita da previdenza integrativa (33,3%) e buoni pasto/mensa aziendale (31,5%). A dirlo è il primo Rapporto Censis – Eudaimon sul welfare aziendale, che evidenzia un valore potenziale per tutto il settore di 21 miliardi di euro. Per raggiungere questa cifra, tuttavia, c’è ancora molta strada da percorrere: la conoscenza di questa opportunità è ancora scarsa se si pensa che solo il 17,9% dei lavoratori italiani – stando alla ricerca – sa esattamente di cosa si stia parlando, mentre il 58,5% padroneggia queste nozioni soltanto “a grandi linee” e il 23,6% non ne sa nulla. Peraltro, chi conosce meglio il welfare aziendale lo apprezza di più: ad esso è favorevole il 74,4% di chi lo conosce in modo preciso e accurato rispetto al 43,3% di chi ne ignora le principali caratteristiche: per questo – sottolinea il Censis – è fondamentale una comunicazione capillare sul contenuto e sul ruolo strategico di questo strumento.

Per i manager meglio il welfare dei premi in denaro

Altro punto chiave: meglio le prestazioni di welfare o gli aumenti in busta paga? Di fronte alla possibilità di trasformare premi annuali in welfare (con i vantaggi fiscali concessi dalle ultime Leggi di Stabilità), il 58,7% di lavoratori sceglie la prima ipotesi e solo il 23,5% la seconda. Ad essere più favorevoli sono i dirigenti e quadri (73,6%), i lavoratori con figli piccoli, fino a 3 anni (68,2%), i laureati (63,5%) e i lavoratori con redditi medio-alti (62,2%) mentre si scende con gli operai (41,3%) e gli impiegati (36,5%).

Come migliora il clima aziendale

C’è infine un ultimo aspetto da non sottovalutare: il welfare aziendale migliora il clima nelle imprese poiché contribuisce a una “visione meno conflittuale del rapporto tra lavoratori e impresa e meno unilaterale dal punto di vista dei ruoli e della distribuzione del valore creato”. A dirlo sono i numeri, visto che ne è convinto il 47,7% dei lavoratori interpellati mentre il 16,8% ritiene che possa aumentare la produttività dei lavoratori stessi.

  • 53,8% Coloro che preferiscono la sanità come prestazione di welfare aziendale
  • 17,9% I lavoratori italiani che conoscono bene la materia
  • 47,7% Coloro che ritengono migliori il clima aziendale