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Manager, dormire bene aiuta a essere leader e a preservare la propria salute

Pubblicato il 16 Settembre 2019 Gianluca Grimaldi In Welfare24 /  

Secondo l’esperto Peverini bisogna riposare tra le sette e le otto ore a notte

“C’è stato un momento in cui il manager migliore era considerato quello che, insieme ai suoi collaboratori, dormiva poco, rinunciava ai pasti e lavorava anche la notte e in viaggio. Oggi, grazie a più ragionevoli e utili interpretazioni di dati scientifici sul nostro sonno, siamo tornati a una concezione più vicina alla fisiologia umana: per rispondere in modo adeguato agli stimoli lavorativi e al problem solving serve la giusta quantità di sonno e questo vale per tutti i lavori, non solo per i dirigenti”. Francesco Peverini, medico internista, Presidente della Fondazione per la ricerca e la cura dei disturbi del sonno Onlus, docente ed esperto dello studio e del trattamento dei disturbi del sonno, sposa pienamente la tesi sostenuta da uno studio di McKinsey, secondo il quale il leader migliore è quello che dorme bene.

Dottor Peverini, qual è la dose di sonno ideale per un individuo?

Se parliamo della popolazione in età lavorativa, direi tra le sette e le otto ore. Una quantità inferiore può essere accettabile per i cosiddetti dormitori brevi, che tuttavia sono una parte molto esigua della popolazione. Invece, tutti coloro che affermano di lavorare bene dormendo 4 o 5 ore dovrebbero essere coscienti di condurre una vita a rischio sotto vari profili, tra cui quello cardiovascolare.

Quali sono i danni più significativi che può causare la carenza di sonno a una persona che ricopre ruoli di responsabilità?

Calo di concentrazione, di memoria e di attenzione. Non solo: si sviluppa un senso di urgenza esagerato per le cose e, nell’affrontare i problemi, un’apprensione del tutto superiore rispetto a una persona che ha invece riposato adeguatamente. Altre manifestazioni sono insicurezza, incertezza e difficoltà nel decidere subito il miglior percorso da affrontare oltre che nel mantenere la calma davanti a eventi improvvisi e inaspettati. Da non dimenticare l’elevata conflittualità all’interno di un team.

Ci sono anche effetti negativi nel rapporto con gli altri?

Chi dorme meno, ha una irritabilità maggiore e una suscettibilità eccessiva: è diffidente anche verso chi propone soluzioni ai problemi. Inoltre, cambia la percezione del volto dell’interlocutore: chi dorme poco o male, tende a riconoscere meno le espressioni facciali, diminuendo così la possibilità di interagire efficacemente nel confronto con gli altri, siano essi collaboratori o interlocutori. In definitiva direi che il rapporto sociale non può che peggiorare.

Quali sono invece le conseguenze negative dal punto di vista fisico?

La perdita di qualità o quantità del sonno è legata strettamente alle malattie cardiovascolari. Già la sola privazione cronica di sonno può aumentare la pressione arteriosa o peggiorare un’ipertensione presente. Dormire meno accentua poi il senso di fame per una relazione diretta con l’ormone dell’appetito, la grelina: i bambini, che oggi dormono in media un’ora e mezzo meno rispetto a 10 anni fa pesano mediamente di più; lo stesso vale per gli adulti. Ciò causa la comparsa o il peggioramento di alterazioni metaboliche e di conseguenza anche di rischio cardiovascolare. La carenza cronica e non trattata di sonno, infine, si comporta come una malattia sistemica: con il passare del tempo può generare uno stato di infiammazione cronica dell’organismo che si manifesta con varie alterazioni (vascolari e coagulatorie in primis) e riduce le difese immunitarie con maggiore incidenza di patologie, da virali come raffreddamento e influenza, fino a minare l’integrità dell’organismo rendendolo vulnerabile a patologie molto più importanti.

Possiamo aiutare il sonno con una buona alimentazione?

Naturalmente. Soggetti privati di un sonno efficace, tendono a mangiare più facilmente alimenti ricchi di grassi, carboidrati artificiali e meno verdura. Va invece rispettato il bioritmo e dovrebbe essere mantenuta una regolarità oraria nei pasti: tutto ciò aiuta ad avere meno problemi con il sonno. Più specificatamente, l’alimentazione di una persona che lavora vedrebbe la preferenza per alimenti semplici. La sera è opportuno mangiare carboidrati e verdure rispetto alle proteine, da preferire a pranzo; da evitare gli alcolici la sera e anche l’esercizio fisico praticato troppo tardi.

Un disturbo del sonno può essere sintomo di altre patologie?

I disturbi del sonno possono essere sia un problema primario, come un’insonnia di breve o lunga durata, o essere invece il sintomo di un altro quadro clinico. Elemento importantissimo che solo una visita medica può identificare. La cronicizzazione di un disturbo del sonno, ossia che si trascina per più di tre mesi, potrebbe essere dovuta a disfunzioni della tiroide, alla più nota e subdola sindrome delle apnee notturne o alla meno nota patologia delle gambe senza riposo. In sostanza, condizioni organiche il cui trattamento condurrà anche alla soluzione del problema del sonno.

 

Francesco Peverini è Medico Internista, docente di Medicina Interna e Farmacologia e si occupa da venti anni dello studio e del trattamento dei disturbi del sonno. È responsabile del Centro Multidisciplinare per la ricerca e la cura dei disturbi del sonno di Roma e di Firenze. Con la Fondazione per la Ricerca e la Cura dei Disturbi del Sonno Onlus, di cui è Presidente, è impegnato nella ricerca e nella divulgazione delle conoscenze sulla Medicina del Sonno.

 

 

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