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Lo stile di vita e l’ambiente in cui viviamo impattano sulla salute e sulla longevità addirittura più di quanto faccia il nostro dna

Vivere più a lungo? Gli stili di vita contano più del Dna

Pubblicato il 24 Giugno 2025 Assidai In Home page, News /  

I nostri geni non determinano il nostro futuro. L’effetto combinato dello stile di vita e dell’ambiente in cui viviamo può avere infatti un impatto significativo sulla salute e sulla longevità, addirittura ben più rispetto al nostro Dna. A dirlo è uno studio pubblicato su Nature Medicine, secondo il quale i fattori ambientali, tra cui le scelte e le condizioni di vita, sono circa 10 volte più importanti della genetica quando si tratta di invecchiamento sano e morte precoce. Questo dovrebbe significare che è possibile intervenire su questi fattori per vivere una vita più sana e più lunga. Insomma, l’ennesima riprova dell’importanza cruciale della prevenzione primaria (esempio stili di vita e alimentazione corretti) come miglior strumento a nostra disposizione contro le malattie croniche, che sono la principale causa di decessi a livello globale. E proprio il valore della prevenzione primaria è stato e sarà sempre per Assidai un elemento fondamentale da trasmettere alle persone iscritte. 

Lo studio dell’Università di Oxford 

Alimentazione, sonno, attività fisica, malattie dell’infanzia, condizione economica, situazione familiare e cause di morte sono i principali aspetti presi in considerazione dello studio, condotto dai ricercatori dell’Università di Oxford su quasi mezzo milione di persone nel Regno Unito, nell’ambito della UK Biobank, uno dei più grandi database di dati sanitari. A loro volta, gli aspetti appena descritti sono definiti precisamente da 164 parametri che spaziano dall’abitudine al fumo, alla convivenza con una o un partner fino al peso che si aveva all’età di 10 anni o alle ore passate davanti agli schermi. Lo studio evidenzia che negli ultimi due secoli l’aspettativa di vita degli esseri umani è aumentata vertiginosamente, mentre il patrimonio genetico è rimasto pressoché invariato, evidenziando il ruolo che le abitudini hanno sulla nostra longevità.  

I fattori di rischio e il peso del Dna 

Presi insieme, l’età, il sesso e i fattori ambientali spiegano circa il 66% dei rischi di mortalità. I fattori ambientali determinano il 17% della variazione del rischio di morte, rispetto al solo 2% dovuto alla genetica. Tra gli elementi più impattanti ci sono il fumo e i fattori socioeconomici (reddito, occupazione), seguiti da mancanza di attività fisica e cattive condizioni di vita. In particolare, sono stati identificati 25 fattori ambientali chiave, tra cui livello di istruzione, sonno, supporto sociale, benessere mentale e peso corporeo nell’infanzia: il fumo è associato a 21 delle 22 malattie comuni studiate, i fattori socioeconomici a 19 e la mancanza di attività fisica a 17. L’esposizione precoce a questi fattori, come il fumo materno durante la gravidanza, ha un impatto significativo sull’invecchiamento e sulla mortalità. Nelle persone adulte tra i segnali correlati a una bassa aspettativa di vita c’è anche la stanchezza cronica, così come un umore grigio per la maggior parte del tempo. Contano anche l’alimentazione – meglio mangiare prodotti freschi e vegetali – e il sonno, dormire regolarmente meno di sette o più di nove ore a notte è correlato ad aspettative di vita più basse. Vive più a lungo chi ha un titolo di studio elevato così come chi convive. 

L’importanza della genetica e dei fattori ambientali è più rilevante invece quando si tratta di problemi di salute specifici. Per esempio, la ricerca di Oxford ha evidenziato che le esposizioni ambientali hanno un effetto maggiore sulle malattie del cuore, dei polmoni e del fegato rispetto alla predisposizione genetica. Per contro i rischi genetici sono un fattore dominante in caso di demenza e tumori al seno, alla prostata e al colon-retto. 

Assidai e il ruolo della prevenzione primaria 

Assidai ha sempre sottolineato, attraverso una costante e approfondita attività di comunicazione e sensibilizzazione il ruolo cruciale degli stili di vita corretti come prevenzione per determinate malattie cronico-degenerative. Quest’ultime, come noto, sono caratterizzate da un lungo periodo di sviluppo e colpiscono prevalentemente donne e uomini più anziani. Stiamo parlando di un ampio gruppo di patologie che vanno dall’osteoporosi alle malattie cardiovascolari, dal diabete alle dislipidemie per arrivare a sovrappeso/obesità, malattie respiratorie croniche, ictus e cancro. Sono tra le malattie più invalidanti e mortali che interessano molti Paesi e che sono caratterizzate da fattori di rischio endogeni non modificabili ed esogeni modificabili: proprio tra quest’ultimi l’inattività fisica gioca un ruolo cruciale. Viceversa, l’attività fisica fornisce vantaggi sia al singolo individuo, sia al Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e a Fondi di assistenza sanitaria come Assidai, riducendo l’ospedalizzazione e l’uso di farmaci. 

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