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In arrivo la lista dei nuovi Lea, i Livelli essenziali di assistenza che rappresentano un architrave del Servizio Sanitario Nazionale.

I nuovi Lea alla stretta finale

Pubblicato il 22 Marzo 2024 master In Home page, News /  

Sarebbe in dirittura d’arrivo la lista dei nuovi Lea, i Livelli essenziali di assistenza che rappresentano un architrave del Servizio Sanitario Nazionale Italiano, e fino a qualche settimana fa rischiavano un ulteriore rinvio. A occuparsi del tema in modo approfondito, nelle scorse settimane, è stato Il Sole 24 Ore. Prima, infatti, il quotidiano ha sottolineato come il nodo principale fosse rappresentato dalle nuove tariffe della sanità pubblica su visite ed esami. Tariffe che risultavano inapplicabili e non sostenibili – facevano notare gli esperti – per chi lavora con il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) visto che solo le visite specialistiche calano dai 23 ai 18 euro mentre per risonanze, tac e diagnostica per immagini il crollo è fino al 35%. Di qui il forte rischio di nuovi ritardi, con un rinvio a luglio o addirittura a fine anno del nuovo tariffario della specialistica ambulatoriale. Successivamente, lo stesso Sole 24 Ore ha rivelato il piano a cui sta lavorando il Governo per rispettare le scadenze fissate. Si tratta di una soluzione ponte: per qualche settimana sarà ancora utilizzato il vecchio tariffario per tutte le prestazioni prescritte entro il 31 marzo; successivamente saranno effettuati aumenti su misura per le prestazioni che prevedono tariffe troppo basse e non sostenibili: dalla semplice visita (rimborsata con soli 22 euro) agli interventi di cataratta. Così, con la progressiva revisione delle tariffe, potrebbero finalmente prendere piede nuove prestazioni a carico del Servizio Sanitario Nazionale come la procreazione assistita, nuovi test genetici e terapie oncologiche all’avanguardia, attese dagli italiani da molto tempo.  

 

Che cosa sono i Lea 

Ma andiamo con ordine. Che cosa sono i Lea? Sono le prestazioni e i servizi che il Servizio Sanitario Nazionale deve fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (il cosiddetto ticket), utilizzando le risorse pubbliche raccolte attraverso la fiscalità generale. È evidente come i Lea rappresentino dunque un caposaldo della nostra sanità, praticamente unica al mondo per equità e universalità. Del resto, a tal proposito, l’articolo 32 della nostra costituzione parla chiaro: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Tutto ciò rappresenta un punto di forza per il nostro Paese ma, in ottica futura, anche un possibile elemento di debolezza vista la dinamica di invecchiamento della popolazione e l’aumento della spesa pubblica per la sanità. Per questo, secondo gli esperti, diventa sempre più importante affrontare la questione centrale, quanto delicata, della relazione tra il Servizio Sanitario Nazionale e i Fondi Sanitari, così come la loro regolamentazione, al fine di mantenere gli attuali standard. Una posizione fermamente condivisa da Assidai – Fondo di Assistenza Sanitaria Integrativa Dirigenti Aziende Industriali – che, in quest’ottica, offre dal 1990 il proprio contributo al sistema Federmanager e al Paese ed è a completa disposizione delle Istituzioni per portare in evidenza il proprio modello di gestione e di governance. 

 

Come nascono i ritardi dei nuovi Lea 

Da dove nascono i ritardi nell’applicazione dei nuovi Lea? Nel 2017, i Livelli essenziali di assistenza hanno visto una ridefinizione del loro perimetro, che ad oggi non è ancora efficace. Il motivo? Mancava un decreto che definisse le nuove tariffe dell’assistenza specialistica ambulatoriale e protesica. Decreto che è arrivato l’anno scorso – un passaggio importantissimo, lo aveva definito il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, perché l’obiettivo è “garantire a tutti i cittadini le stesse nuove prestazioni, superando dunque le diseguaglianze tra le Regioni” – fissando precisi obiettivi. Ovvero l’applicazione dei nuovi Lea, che prevedono 2108 prestazioni rispetto alle 1702 della versione precedente (che risale al 1996), avrebbe dovuto rispettare due tempistiche distinte: dal primo gennaio 2024 sarebbero dovute entrare in vigore le tariffe della nuova assistenza specialistica ambulatoriale e dal primo aprile 2024 quelle dell’assistenza protesica.  Da qui il rischio concreto di un nuovo slittamento, che tuttavia i correttivi d’urgenza allo studio del Governo dovrebbero scongiurare.  

 

Un’alleanza pubblico-privato per migliorare la sanità 

Il nodo dei nuovi Lea e delle relative tariffe chiama inevitabilmente in causa un tema molto più ampio che riguarda la sostenibilità finanziaria, presente e soprattutto futura, del Servizio Sanitario Nazionale così come è oggi, cioè unico al mondo per le caratteristiche di equità e universalità. La dinamica di invecchiamento della popolazione e il relativo aumento della spesa pubblica per la sanità, secondo gli esperti, rendono questa missione sempre più difficile, chiamando in causa una collaborazione tra pubblico e privato. Non è un caso che il Patto per la Salute 2019-2021, oltre a registrare la volontà di Governo e Regioni sull’implementazione dei nuovi Lea, affrontava anche il tema dei fondi sanitari integrativi. Sul tema, sempre Governo e Regioni avevano deciso di “istituire un gruppo di lavoro con una rappresentanza paritetica delle Regioni rispetto a quella dei Ministeri, che, entro sei mesi dalla sottoscrizione del patto”, concludesse “una proposta di provvedimento volta all’ammodernamento e alla revisione della normativa sui fondi sanitari ai sensi dell’articolo 9 del Dlgs 502/1992, e sugli altri enti e fondi aventi finalità assistenziali”. Ciò al fine di “tutelare l’appropriatezza dell’offerta assistenziale in coerenza con la normativa nazionale, di favorire la trasparenza del settore, di potenziare il sistema di vigilanza, con l‘obiettivo di aumentare l’efficienza complessiva del settore a beneficio dell’intera della popolazione e garantire un’effettiva integrazione dei fondi con il Servizio Sanitario Nazionale”, procedendo al contempo ad “un’analisi degli oneri a carico della finanza pubblica”. 

Tutto ciò, sempre nell’ottica di una maggiore integrazione tra pubblico e privato, ha portato a iniziative come l’Anagrafe dei Fondi o come il recente “cruscotto delle prestazioni”, ovvero un’iniziativa che punta a raccogliere dati sulle fasce di popolazione effettivamente coperte dal sistema di sanità integrativa e sulle modalità e livelli di accesso al sistema, ponendo le basi per l’introduzione di un codice univoco di classificazione delle prestazioni tra primo e secondo pilastro, al fine di valorizzare il rapporto funzionale che è alla base del nostro sistema sussidiario di sanità.  

L’obiettivo, più in generale, è integrare il pubblico col privato per garantire al primo la sostenibilità di lungo periodo, sempre in un’ottica di complementarità. Per fare ciò e per “dialogare” pubblico e privato devono interagire in modo da mettere a fuoco le effettive richieste di cura della popolazione e la loro evoluzione e da creare una reale sinergia che possa affrontare e risolvere i bisogni del Paese guadagnando in efficienza e diminuendo i tempi di attesa senza perdere la qualità.   

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