Diabete, approvata l’insulina basale settimanale

La decisione dell’Aifa sulla rimborsabilità del farmaco rappresenta una svolta per 1,3 milioni di persone, che potranno passare da 365 a 52 iniezioni lanno, migliorando la qualità di vita e laderenza terapeutica

Una svolta per la vita di 1,3 milioni di persone nel nostro Paese che hanno il diabete mellito di tipo 2 e di tipo 1, che d’ora in poi potranno passare da 365 iniezioni a 52 iniezioni di insulina l’anno. È quella impressa dall’Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco), che ha approvato la rimborsabilità della prima insulina basale settimanale al mondo indicata per il trattamento del diabete nelle persone adulte. Un passaggio “storico”, che vede peraltro l’Italia come apripista in Europa dopo il via libera arrivato da Ema (l’Agenzia europea per i medicinali) un anno fa, come da noi riportato su Welfare24 nel giugno dello scorso anno. 

Tutto ciò porterà a risultati concreti innanzitutto per la qualità di vita di almeno un 30% dei 4 milioni di persone con diabete in Italia, ma anche in termini di aderenza terapeutica e di sostenibilità ambientale con una riduzione stimata di 865 tonnellate di anidride in cinque anni, grazie al crollo del numero di “penne” utilizzate per la somministrazione del farmaco. 

Porre il paziente al centro, come prescrive l’articolo 32 della Costituzione, semplificare l’aderenza alle terapie e garantire un’innovazione sostenibile sono priorità fondamentali nelle politiche sanitarie del nostro Governo, a tutela del diritto di accesso ai farmaci per tutti i cittadini e in un contesto demografico caratterizzato dall’invecchiamento della popolazione e dalla crescente incidenza delle patologie croniche”, ha spiegato il Sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, intervenendo alla presentazione della novità terapeutica. “Il fatto che l’Italia sia il primo Paese al mondo a rendere disponibile questa innovazione a carico del Servizio Sanitario Nazionale testimonia la forza di una collaborazione virtuosa tra istituzioni, politica, industria, comunità scientifica e associazioni dei pazienti, unite per migliorare la qualità di vita dei cittadini”, ha poi aggiunto.

L’insulina settimanale, o insulina icodec, è una formulazione di insulina umana modificata con l’aggiunta di un acido grasso a lunga catena che ne prolunga l’effetto, consentendo al farmaco di essere rilasciato lentamente, mantenendo un livello di zucchero nel sangue stabile per un’intera settimana. Ma cosa cambia concretamente per le persone malate e per la gestione delle cure, con la novità dell’insulina basale settimanale? Se fino a oggi la terapia insulinica ha comportato almeno un’iniezione al giorno, con ricadute sulla sfera personale, sociale e lavorativa, il cambio di passo è drastico. Il vantaggio è sicuramente una gestione più flessibile della malattia: una concreta risposta per chi vive il diabete può aiutare a migliorare l’aderenza terapeutica e riduce il carico mentale associato alla malattia cronica. 

Secondo le esperte e gli esperti, l’insulina a somministrazione settimanale rappresenta, per le persone diabetiche, la prima grande innovazione farmacologica dopo più di un secolo, ossia dalla scoperta dell’insulina stessa. Si tratta di una grande opportunità che può consentire un percorso di cura più semplice e più efficace e, in definitiva, più salute e miglior qualità di vita. L’attesa era alta: stando a uno studio, oltre il 90% di medici e pazienti ha espresso il desiderio di poter evitare le iniezioni giornaliere. Un auspicio per nulla banale: il ritardo nell’avvio del trattamento insulinico espone, inoltre, a un rischio aumentato di complicanze gravi come infarto (+67%), insufficienza cardiaca (+64%), ictus (+51%), nefropatia (+18%), neuropatia (+8%) e retinopatia (+7%). 

Raffaella Buzzetti, Presidente società italiana di diabetologia “Ora accesso al farmaco in tutte le Regioni”

“Ora bisogna garantire un accesso equo e veloce a vantaggio di tutte le persone con diabete, insieme con la piena fiducia nel suo utilizzo da parte della classe medica. La Lombardia è stata la prima, seguita da molte regioni, tra cui Lazio, Toscana, Emilia-Romagna. Mentre altre, soprattutto al Sud, devono ancora avere l’ultimo via libera, come Sardegna, Sicilia, Calabria. Dobbiamo fare in modo che arrivi presto a tutti, colmando queste differenze”. Dopo l’approvazione dell’Aifa, Raffaella Buzzetti, prima donna Presidente della Società italiana di Diabetologia (SID), guarda già avanti e auspica una rapida diffusione in tutto il Paese della rimborsabilità dell’insulina settimanale. Trattasi infatti – secondo l’esperta – di una scoperta molto importante per la qualità della vita delle persone malate. Oltre al fatto – aggiunge – che è stato dimostrato come il minor numero di iniezioni o compresse migliora l’aderenza alla terapia, anche per un semplice fatto di compliance. Inoltre, conclude, “è dimostrato che il profilo di sicurezza e di efficacia dell’insulina settimanale è molto simile, se non superiore, a quella giornaliera”.

Raffaella Buzzetti è Responsabile dell’Unità operativa dipartimentale di Diabetologia presso l’Azienda ospedaliero-universitaria Policlinico Umberto I e docente di Endocrinologia presso il Dipartimento di Medicina sperimentale. E’ la nuova Presidente della Società italiana di diabetologia (Sid), prima donna a ricoprire questo incarico dopo 60 anni dalla fondazione della Società.

Sistema di gestione e Parità di genere, Assidai sempre leader nelle best practice

Confermate per il 2025 le certificazioni che evidenziano la buona governance del Fondo 

Sistema di gestione qualità e Parità di genere. Anche per il 2025 Assidai ha confermato due certificazioni molto importanti, che evidenziano l’elevata aderenza del Fondo alle best practice nazionali e internazionali, pur non avendo alcun obbligo a livello legislativo come Fondo di assistenza sanitaria integrativa. Un impegno concreto di cui Assidai e il suo personale sono particolarmente orgogliosi e di cui beneficiano l’attività del Fondo e, a cascata, anche i servizi offerti alle persone iscritte.

Per quanto riguarda la parità di genere, a marzo, per il secondo anno consecutivo, è stato raggiunto l’obiettivo della certificazione UNI PdR 125:2022 Prassi di riferimento per la parità di genere, con campo di applicazione “Misure per garantire la parità di genere nel contesto lavorativo per: Erogazione del servizio di rimborsi spese mediche e assistenziali per dirigenti, quadri e consulenti”.

L’iniziativa, nata come idea progettuale nel 2023 e maturata nel 2024 con l’ottenimento della prima certificazione, ha visto insieme ad Assidai il coinvolgimento di Federmanager, Federmanager Academy, Manager Solutions e Praesidium. Tutte le organizzazioni, poi, nel 2025 hanno riconfermato il raggiungimento di questo importante traguardo rinnovando la certificazione stessa. Ciò testimonia l’impegno concreto nell’affrontare le sfide legate alla valorizzazione della diversità di genere, a partire dalla promozione di modelli di leadership inclusivi.

 Vantaggi per organizzazione e persone iscritte 

Sul tema, peraltro, c’è ancora molto da fare nel nostro Paese e nel mondo. L’ultimo Global Gender Gap Index del 2025 del World Economic Forum, appena pubblicato, analizza in 148 Paesi, rispetto ai 146 del 2024, lo stato attuale e l’evoluzione della parità di genere esaminando quattro dimensioni chiave: la partecipazione economica, l’istruzione, la salute e la leadership politica. Nessuno Stato ha raggiunto la parità di genere. L’indice complessivo di parità di genere del 2025 si attesta al 68,8%, +0,3% rispetto al 68,4% del 2024.considerando i 146 Stati partecipanti. E l’Italia? Di certo non brilla: nel 2025 si posiziona all’85esimo posto, solo due posizioni in meno rispetto allo scorso anno (87esimo posto) mentre nel 2023 era al 79esimo posto.

Se a livello Paese c’è ancora molto da fare, Assidai dimostra che, come Organizzazione, si può fare la differenza attraverso un impegno verso l’uguaglianza di genere e la promozione della diversità sul luogo di lavoro creando ambienti di lavoro inclusivi, equi e rispettosi, in cui donne e uomini possano beneficiare di pari opportunità di sviluppo e crescita professionale. La certificazione UNI PdR 125:2022 non solo risponde dunque a principi etici fondamentali ma offre anche vantaggi tangibili all’organizzazione stessa, favorendo un miglioramento reale della cultura organizzativa, contribuendo alla sua crescita e promuovendo soluzioni innovative che incrementano la produttività complessiva nel medio-lungo termine.

Cruciale anche il rinnovo della certificazione del Sistema di Gestione della Qualità UNI EN ISO 9001:2015, rilasciato da DNV-GL, Ente di primaria importanza nel panorama internazionale, per quanto concerne l’erogazione del servizio di rimborsi spese mediche e assistenziali per dirigenti, quadri e consulenti. Ciò consente al Fondo di raggiungere i più elevati standard di conformità in merito ai servizi offerti a manager, quadri, consulenti e alle loro famiglie, di operare nell’interesse delle persone assistite e favorire, nel contesto del welfare sociale e aziendale, un ottimo bilanciamento tra il livello qualitativo dei servizi offerti e la sostenibilità economica.

Guardando le certificazioni in termini di governance, le stesse rappresentano per Assidai un ulteriore tassello che si aggiunge alla certificazione volontaria del bilancio, all’iscrizione all’Anagrafe dei fondi sanitari istituita dal Ministero della Salute e al Codice Etico e di Comportamento. Del resto, l’obiettivo cui tende il Fondo dotandosi di certificazioni – seppur non richieste – è quello di continuare ad apportare significative migliorie all’interno della propria realtà e dotarsi di una governance eccellente.

Welfare aziendale, la Luiss lancia il Family Index

L’iniziativa, in collaborazione con Fondazione Natalità e Forum Famiglie, misura l’impatto delle policy delle imprese a sostegno della famiglia 

Al via il Family Index, che ha l’obiettivo di valutare l’impatto del welfare aziendale per i nuovi genitori. Il progetto vede collaborare Fondazione Natalità, Forum Famiglie e Luiss per misurare le policy Asili nido aziendali, congedi e permessi aggiuntivi, contributi per servizi di baby-sitting e rimborsi per spese scolastiche e attività dei figli. Insomma, un’alleanza nazionale che riunisce i principali stakeholder attivi in questo ambito, per testare e promuovere l’efficacia delle singole iniziative.  

“Per agire con efficacia bisogna avere un metodo”, sottolinea Sebastiano Maffettone, professore di Filosofia politica della Luiss che coordinerà il gruppo di lavoro incaricato di realizzare uno studio finalizzato a definire un modello di valutazione delle policy e delle attività messe in atto dalle organizzazioni corporate in tema di supporto a natalità e genitorialità. “La genitorialità è un’esigenza sociale, quindi è una questione di etica pubblica. Fare iniziative efficaci rende anche alle imprese, in termini di reputazione, capacità di trattenere i talenti e le risorse con alta professionalità e riduzione dei gap di genere”, aggiunge l’esperto.  

Creare un Family Index nazionale sul welfare familiare diventa importante anche per le imprese: sono oltre una cinquantina quelle che finora hanno mostrato interesse a partecipare al progetto, anche alla luce di alcuni numeri inequivocabili. Oggi in Italia gli under 35 sono solo il 22,7% della forza lavoro e negli ultimi 20 anni (2004-2024) il calo degli occupati più giovani è stato di 2 milioni di unità. Inoltre, l’occupazione femminile delle madri scende al 57,6% (rispetto alla media dell’81,6% per chi non ha figli) e le donne, dopo il primo figlio, perdono in media il 33% del reddito rispetto agli uomini.  

È evidente come in questo contesto sempre più lavoratrici e lavoratori richiedono flessibilità, strumenti di conciliazione lavoro-vita personale (il cosiddetto work-life balance) e supporti concreti alla genitorialità. Una domanda che “costringe” tutte le imprese oggi a misurare l’impatto delle loro azioni di welfare. 

Assidai protagonista alla 26esima “Race for the Cure”

Con Fasi, IWS e Praesidium, Assidai partecipa attivamente all’iniziativa di sport e salute promossa da Komen Italia, per sensibilizzare l’opinione pubblica sui tumori al seno 

Dall’8 all’11 maggio 2025 Assidai, Fasi, IWS e Praesidium hanno partecipato alla 26ma edizione di Race for the Cure, la più grande manifestazione per la lotta ai tumori del seno in Italia e nel mondo, promossa da Komen Italia. Un evento di sport, salute e solidarietà per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della prevenzione e della ricerca e per supportare le oltre 56.000 donne che in Italia, ogni anno, si confrontano con la malattia. 

Assidai, Fasi, IWS e Praesidium erano presenti al Villaggio della Salute al Circo Massimo di Roma con uno stand congiunto e, domenica 11 maggio, hanno preso parte al percorso amatoriale con la squadra All4Care, con la partecipazione di personale e organi istituzionali delle quattro organizzazioni, contribuendo, così anche alla raccolta fondi per i numerosi progetti sviluppati dall’associazione. 

Nel corso della manifestazione, la Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, dell’Ospedale Isola Tiberina-Gemelli Isola e altre istituzioni, ospedaliere e non, hanno offerto  gratuitamente esami strumentali e clinici per la diagnosi precoce dei tumori del seno, di altre patologie prevalenti nelle donne (tumori ginecologici, della tiroide, della pelle, del cavo orale, del retto-ano, patologie del fegato e cardiache), esami specialistici oculistici, audiologici e uditivi e consulenze su nutrizione, menopausa, salute delle ossa e invecchiamento. Inoltre, è stato possibile donare il sangue presso l’Autoemoteca del Gruppo donatori sangue Francesco Olgiati ODV ed effettuare lo screening per la donazione del midollo, grazie alla presenza dell’ADMO. Erano inoltre in programma attività specifiche di sport, fitness, sana alimentazione, benessere psicologico e conferenze sui temi della salute e della prevenzione, oltre a eventi di intrattenimento per capire come migliorare il proprio stile di vita.  

Rivivi il video racconto della Race for the Cure 👇

 

Colpite 6 milioni di persone in Italia: il valore della diagnosi precoce

In tutto le patologie reumatiche sono oltre 200, molto diverse fra loro per frequenza e gravità, che in Italia interessano complessivamente oltre 6 milioni di persone e che ancora troppo spesso vengono diagnosticate in ritardo, con grandi difficoltà delle pazienti e dei pazienti che devono fare i conti con un aggravarsi della situazione. Se non curati in modo adeguato, infatti, molti disturbi reumatologici possono portare progressivamente all’invalidità, con un conseguente, grande onere sociale ed economico per pazienti, famiglie e l’intero sistema sanitario. 

Le malattie reumatiche consumano a poco a poco la cartilagine e i tessuti vicini senza dare inizialmente segni evidenti. Alcune patologie degenerative, lentamente evolutive come l’artrosi e l’osteoporosi, colpiscono di più le persone anziane, altre patologie reumatiche appartengono invece alla giovane età e alla maturità. Qualche esempio? Malattie reumatiche infiammatorie e autoimmuni come l’artrite reumatoide, le spondiloartriti, le malattie autoimmuni sistemiche e, tra le più gravi, le connettiviti, che coinvolgono anche gli organi interni. 

Un “digital twin” per la prevenzione dell’ictus

È il progetto europeo coordinato da un consorzio internazionale che coinvolge anche l’Istituto Neurologico Besta di Milano 

L’obiettivo è cambiare il futuro della prevenzione e della cura dell’ictus grazie ai gemelli digitali e all’intelligenza artificiale. Il progetto europeo Stratif-AI è coordinato da un consorzio internazionale che coinvolge cinque università e otto ospedali – tra cui l’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano – e punta a costruire copie virtuali delle persone malate, aggiornate in tempo reale, capaci di prevedere i rischi individuali di malattia e guidare le strategie terapeutiche. 

Il concetto di “gemello digitale”, sviluppato grazie a una piattaforma (Stratif-AI), combina modelli meccanicistici, di bioinformatica e di apprendimento automatico per simulare in dettaglio le condizioni delle persone malate. Ciò avviene inserendo tutti i loro parametri, dai dati socio-demografici ai valori di glicemia e pressione arteriosa, fino al funzionamento di organi come fegato, pancreas e cervello. Da qui, si può simulare cosa accadrebbe nel tempo in base agli stili di vita e mostrare come, con minime modifiche, ad esempio smettere di fumare o muoversi di più, il rischio di ictus diminuisce sensibilmente. 

In sostanza l’obiettivo del progetto è sì predire, ma anche motivare il cambiamento. Il “digital twin”, visibile a schermo, reagisce alle azioni in tempo reale: se aumenta l’attività fisica, si osservano miglioramenti nel flusso vascolare, nella pressione sanguigna, nei livelli di colesterolo. 

Indennimeo confermato Presidente di Assidai

“E’ una grande sfida che accolgo con impegno e dedizione: l’obiettivo è continuare a garantire servizi sempre più efficienti per la massima soddisfazione di coloro che sono già iscritti al Fondo” 

Armando Indennimeo è stato rieletto presidente di Assidai per il triennio 2025-2028. Nato a Salerno, si è laureato al Politecnico di Napoli in Ingegneria Elettronica (con specializzazione nelle telecomunicazioni) e ha rivestito ruoli rilevanti come manager in diverse realtà industriali nel campo delle telecomunicazioni e delle energie alternative, sia in Italia che all’estero: Dirigente in Energyfer, Cirte SpA, Romeca Srl, TeleNorma SpA – Gruppo Bosch, Telettra SpA – Gruppo Fiat. Attualmente è anche Presidente di Federmanager Salerno e svolge incarichi di consulenza presso realtà aziendali ed enti locali. 

“L’Istat ha appena pubblicato l’ultimo report relativo agli indicatori demografici del 2024 e tra essi si evidenzia la rilevante crescita della speranza di vita per il complesso della popolazione residente: 83,4 anni, quasi 5 mesi di vita in più rispetto al 2023. Dalle analisi delle dinamiche demografiche è evidente che il Servizio Sanitario Nazionale nei prossimi anni sarà sottoposto a ulteriori forti pressioni”, ha sottolineato Indennimeo. La diretta conseguenza? “Ritengo che il cosiddetto secondo pilastro della sanità debba essere considerato come un valido supporto per il SSN e che ci siano opportune politiche e normative che favoriscano il più possibile l’adesione ai Fondi sanitari integrativi da parte di imprese, lavoratrici e lavoratori”. In questa logica, ha aggiunto, Assidai, Fondo di assistenza sanitaria integrativa di emanazione Federmanager, da 35 anni sul mercato è al fianco delle persone iscritte e delle loro famiglie e si mette a disposizione del sistema Federmanager e delle istituzioni preposte per condividere il proprio modello organizzativo”.  

“Assidai è una grande sfida, che accolgo con impegno e dedizione”, ha continuato Indennimeo. Continuare a garantire servizi sempre più efficienti per la massima soddisfazione di coloro che sono già iscritti ad Assidai, puntando al contempo ad aumentare la platea delle persone iscritte, in termini individuali e corporate, si conferma così come l’obiettivo primario del Presidente, che pone al centro della propria mission altri tre concetti chiave. Innanzitutto, rafforzare il posizionamento di Assidai quale principale Fondo integrativo del Fasi attraverso una sempre maggiore diffusione del Prodotto Unico Fasi-Assidai, in linea con quanto indicato nel CCNL Dirigenti Industria recentemente rinnovato. In secondo luogo, consolidare la collaborazione con le Associazioni Territoriali Federmanager, che hanno un valore fondamentale in termini di ricchezza di esperienze e best practice. Infine, potenziare il welfare aziendale, che dimostra la diffusione di un rapporto più evoluto ed efficiente tra azienda e dipendente, in cui Assidai si candida a giocare un ruolo di primo piano.

Rinnovati CDA e collegio sindacale per il triennio 2025-2028, nel board confermati Donetti, Flussi e Sorli. Entra come nuovo consigliere Alfieri 

Si rinnovano il Consiglio di Amministrazione e il Collegio sindacale di Assidai. L’Assemblea dei Soci del Fondo, svoltasi lo scorso 7 maggio, ha confermato e nominato i componenti del Consiglio di Amministrazione e del Collegio Sindacale, oltre ai rispettivi Presidenti, come previsto all’art. 6 dello Statuto Assidai. Dopo il primo mandato, Armando Indennimeo è stato confermato Presidente del Fondo di Assistenza Sanitaria Integrativa Dirigenti Aziende Industriali per l’ulteriore triennio 2025 – 2028. Nel dettaglio, il board ha visto la riconferma oltre che di Indennimeo anche di Arturo Donetti, Luciano Flussi e Gabriele Sorli e ha visto l’ingresso di Andrea Alfieri. Per quanto riguarda, invece, il Collegio Sindacale è stato confermato come Presidente il Sindaco Gustavo Troisi e sono stati confermati la sindaca Daniela Cibrario e il sindaco Pietro Giomi.

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“Prevenzione, screening e farmaci per battere le malattie reumatologiche”

Intervista al Professor Andrea Doria, Presidente della Società Italiana di Reumatologia 

Prevenzione primaria, diagnosi precoce e farmaci. Le malattie reumatologiche hanno un forte impatto sulla popolazione italiana e globale, ma gli strumenti a nostra disposizione per combatterle non mancano. Ne è convinto Andrea Doria, Professore di Reumatologia presso il Dipartimento di Medicina della Scuola di Medicina dell’Università di Padova, nonché Presidente della Società Italiana di Reumatologia (SIR). 

Professor Doria, che cosa sono le malattie reumatologiche? Come possiamo definirle e che impatto hanno sulla popolazione italiana e sui costi del Servizio Sanitario Nazionale? 

Le malattie reumatologiche comprendono oltre 200 condizioni morbose che colpiscono articolazioni, ossa, muscoli, tendini, ma anche organi interni. Alcune sono malattie degenerative, come l’artrosi; altre infiammatorie e autoimmuni, come l’artrite reumatoide o il lupus. In Italia ne soffrono oltre 6 milioni di persone. Hanno un impatto notevole sul Servizio Sanitario Nazionale, sia per i costi diretti (farmaci, visite, ricoveri) sia per quelli indiretti, legati a invalidità, assenze dal lavoro e pensionamenti anticipati. 

Quali sono le malattie reumatologiche più diffuse e quali le più pericolose per la salute? 

Tra le più diffuse ci sono l’artrosi, la fibromialgia, l’artrite reumatoide, le spondiloartriti e la gotta. Le più pericolose sono le malattie autoimmuni sistemiche, come il lupus eritematoso sistemico e la sclerosi sistemica, che possono coinvolgere organi vitali (cuore, reni, polmoni) e mettere a rischio la vita se non riconosciute e trattate tempestivamente.  

È vero che negli ultimi anni colpiscono con maggiore frequenza la popolazione più giovane (tra 18 e 45 anni) e che in generale sono le donne le più colpite? 

Sì, è una tendenza confermata anche in Italia. Molte malattie reumatologiche esordiscono proprio tra i 18 e i 45 anni, una fase cruciale per la vita personale e lavorativa. Inoltre, la maggior parte colpisce prevalentemente le donne: per esempio, nel lupus eritematoso sistemico il rapporto donne/uomini è di circa 9 a 1. Fattori ormonali e genetici sembrano giocare un ruolo importante in questa maggiore suscettibilità femminile. 

Che ruolo gioca la prevenzione primaria sulle malattie reumatologiche? 

La prevenzione primaria è fondamentale. Anche se non tutte le malattie reumatologiche sono prevenibili, alcuni fattori di rischio – come il fumo, la sedentarietà, l’obesità, il sovraccarico di articolazioni e tendini – possono essere modificati. Uno stile di vita sano riduce il rischio di sviluppare infiammazione cronica e favorisce una risposta più efficace ai trattamenti. 

Quali sono invece le possibili contromisure a livello di screening? 

In Italia c’è ancora margine di miglioramento. Lo screening reumatologico, soprattutto per i soggetti a rischio o con sintomi precoci, può anticipare la diagnosi e migliorare l’efficacia delle terapie. Identificare l’artrite precoce o una connettivite iniziale consente di agire prima che si sviluppino danni irreversibili alle articolazioni o agli organi interni. 

A livello di farmaci, che strumenti abbiamo in mano per una guarigione completa da queste patologie? 

Oggi disponiamo di farmaci estremamente efficaci, come i biologici e i nuovi inibitori delle JAK chinasi, che hanno completamente rivoluzionato il trattamento delle malattie infiammatorie autoimmuni. Non possiamo ancora parlare di “guarigione”, ma possiamo raggiungere la remissione clinica, cioè l’assenza di sintomi e di progressione. Questo consente ai pazienti di condurre una vita normale e attiva, soprattutto se la terapia è iniziata precocemente. 

Lei è anche Presidente della Società Italiana di Reumatologia (SIR). Quai sono la mission e gli obiettivi che intendete raggiungere? 

Come SIR puntiamo a tre obiettivi principali: migliorare la diagnosi precoce e la presa in carico dei pazienti; promuovere la formazione continua dei reumatologi; sensibilizzare le istituzioni sull’importanza di garantire un accesso equo e tempestivo alle cure. La nostra missione è far riconoscere la reumatologia come una priorità della sanità pubblica, alla pari di altre specialità. 

Proprio la SIR, nei mesi scorsi, ha presentato il documento per la prevenzione attiva. Di che cosa si tratta? 

Si tratta di un progetto che delinea delle strategie concrete per la prevenzione delle malattie reumatologiche in Italia. Il programma include la promozione di stili di vita sani, campagne di informazione, percorsi di screening e iniziative per il riconoscimento precoce dei sintomi. Il documento è frutto della collaborazione tra esperti, istituzioni e associazioni di pazienti e rappresenta un passo decisivo verso una sanità più orientata alla prevenzione.

 

Andrea Doria

Professore di Reumatologia presso il Dipartimento di Medicina della Scuola di Medicina dell’Università di Padova e Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Reumatologia presso l’azienda Ospedale-Università di Padova. L’Unità che dirige è un centro di riferimento per la diagnosi e la gestione di pazienti affetti da malattie reumatologiche. Durante la sua direzione, l’Unità di Reumatologia di Padova ha ottenuto il riconoscimento di “EULAR Center of Excellence in Rheumatology 2022-2027”. È stato presidente designato della Società Italiana di Reumatologia (SIR) nel biennio 2022 al 2024 e, a partire da novembre 2024, ricopre la carica di presidente della stessa società.

In Italia il 40% delle persone adulte ha problematiche di peso

È quanto sottolineato dall’Istituto superiore di Sanità in occasione della Giornata Mondiale dell’Obesità: se non si cambiano stili di vita il rischio è di sviluppare cronicità

Nel nostro Paese quattro persone adulte su 10 sono in eccesso ponderale: tre in sovrappeso (con un indice di massa corporea compreso fra 25 e 29,9) e una obesa (indice superiore a 30). È quanto emerge dai dati riferiti dal sistema di sorveglianza Passi per il biennio 2022-2023 relativi a peso e altezza di persone tra 18 e 69 anni in Italia e riportati dall’Istituto Superiore di Sanità in occasione del World Obesity Day, la Giornata Mondiale dell’Obesità che ricorre il 4 marzo. Istituito nel 2015 dalla World Obesity Federation l’evento coinvolge organizzazioni, associazioni e persone con l’obiettivo di invertire la crisi globale dell’obesità sensibilizzando cittadini e istituzioni incoraggiando la prevenzione di una condizione cronica complessa che richiede interventi su più livelli, anche quando, negli stadi iniziali, non si associ a complicanze.   

Il focus dell’edizione 2025 della giornata dedicata al contrasto dell’obesità è stato sui sistemi, sanitari e governativi, sugli ambienti di vita e di lavoro, sui media, che, con un approccio sistemico e collaborativo, possono affrontare la sfida globale contro l’obesità e il sovrappeso. Molte persone che sono in sovrappeso, se non intervengono con cambiamenti nello stile di vita, – sottolinea l’Iss – possono progredire verso l’obesità che si associa a un aumento del rischio di sviluppare malattie croniche – come patologie cardiovascolari, diabete di tipo 2, alcuni tipi di cancro, problemi articolari – che riducono la durata della vita e ne peggiorano la qualità. 

L’eccesso ponderale, in Italia, è più frequente fra gli uomini rispetto alle donne (52% contro 34%); fra le persone con difficoltà economiche (52% contro 39%) e fra le persone con un basso livello di istruzione (63% fra chi ha la licenza elementare contro il 32% fra i laureati). Infine, sempre l’eccesso ponderale aumenta con l’età, ma diventa una condizione meno frequente superati i 75 anni, come mostrano i dati di Passi d’Argento (sulle persone ultra65enni) perché l’indice di massa corporea è soggetto a variazioni correlate a fattori biologici e patologici, per cui dopo questa età aumenta progressivamente la quota di persone che perdono peso indipendentemente dalla loro volontà. Così se l’eccesso ponderale riguarda il 27% dei 18-34enni sale progressivamente al 53% dopo i 50 anni e raggiunge il 58% fra i 65-74enni, per ridursi progressivamente dopo i 75 anni fino al 46% fra le persone over 85enni. 

Sanità e monitoraggio dei Lea: promosse le cure in ospedale

Ma per il Ministero della Salute bisogna lavorare sul fronte della prevenzione

Bene le cure in ospedale, ancora difficoltà per due aree cruciali come la prevenzione e l’assistenza sul territorio. È questo, in sintesi, il quadro della sanità pubblica italiana in base agli ultimi risultati, relativi al 2023, elaborati dal Ministero della Salute – attraverso il Nuovo sistema di garanzia – che monitora qualità e quantità dei Lea, i Livelli essenziali di assistenza e cioè le prestazioni che il Servizio Sanitario Nazionale è chiamato a erogare in modo gratuito e omogeneo da nord a sud del Paese.  

Detto in altre parole, le persone ricoverate ricevono interventi sempre più appropriati e tempestivi dall’ictus ai tumori ma su temi cruciali per la salute come vaccinazioni, screening oncologici, stili di vita così come sull’uso di antibiotici, assistenza a domicilio, cure palliative, assistenza alle persone non autosufficienti o i tempi di arrivo di un’ambulanza dalla chiamata, c’è ancora strada da fare.  

Insomma, il Servizio Sanitario Nazionale mantiene le proprie caratteristiche uniche al mondo di universalità, ma – come più volte sottolineato – deve affrontare sfide sempre più probanti in termini di invecchiamento della popolazione, con relativo aumento delle cronicità e di ristrettezze di bilancio: dinamiche che da una parte evidenziano la necessità di una prevenzione primaria sempre più attenta da parte delle cittadine e dei cittadini e dall’altra parte inducono a una riflessione sul ruolo della sanità integrativa, come elemento di sostegno all’imprescindibile pilastro pubblico. 

Il report: ancora strada da fare nell’assistenza sul territorio  

Altro elemento che emerge dall’analisi del Ministero della Salute è la differenziazione, a livello di performance sanitarie, tra le varie Regioni. La classifica vede infatti primeggiare Veneto, Toscana, Trento ed Emilia Romagna mentre in coda navigano Calabria, Valle d’Aosta, Sicilia e Abruzzo. In particolare, l’esame dei 24 indicatori “core”, cioè determinanti ai fini del punteggio assegnato a ogni Regione per ciascuna area – appunto ospedale, prevenzione e distretto – fotografa tra 2019 e 2023 un trend di miglioramento soltanto per gli ospedali la cui performance pesa per il 50% sull’intera assistenza. Dall’altra parte, si registra il peggioramento continuo per l’area della Sanità territoriale (distretto) e per le attività di prevenzione.  

Complessivamente sono 13 le Regioni che raggiungono la sufficienza con un punteggio superiore a 60 in una scala da zero a cento in ciascuna delle tre macro aree: Piemonte, Lombardia, Provincia Autonoma di Trento, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Puglia e Sardegna. Tra queste spiccano le performance delle “top” che riescono quindi non solo a erogare i Lea alle persone ma anche ad attrarre un flusso di pazienti con la valigia che si traduce in un saldo di mobilità sanitaria calcolato in circa 5 miliardi. Dall’altra parte, ben otto sono le Regioni “sotto-soglia” in almeno una o due aree: Valle d’Aosta su ospedale (unica Regione ad avere un’insufficienza per le cure in corsia) e distretto, mentre Abruzzo, Calabria e Sicilia sono insufficienti su prevenzione e distretto.