Realtà Virtuale e Intelligenza Artificiale nel Trattamento del Dolore Cronico

Intelligenza artificiale e realtà virtuale per migliorare la terapia del dolore. Nel mondo della medicina, l’applicazione di tecnologie avanzate sta rivoluzionando la terapia del dolore cronico e sta conquistando una fetta sempre più grande nel mondo della ricerca per rispondere ai bisogni ancora insoddisfatti di pazienti affetti da diverse patologie. Non è un caso che, proprio lo scorso novembre, la Food and Drug Administration americana ha autorizzato la commercializzazione di EaseVRx, un sistema di realtà virtuale (VR) immersiva, fruibile solo con prescrizione medica, che utilizza la terapia cognitivo-comportamentale per ridurre il dolore lombare cronico in pazienti adulti, con possibili e rilevanti effetti positivi sulla qualità della vita delle persone.

“Il dolore cronico colpisce milioni di persone nel mondo e ne rappresenta una delle principali cause di disabilità. Spesso le terapie farmacologiche e non farmacologiche a disposizione non sono sufficientemente efficaci per affrontare e gestire in modo adeguato questa condizione”, ha dichiarato a tal proposito la Dottoressa Alessia Violini, Responsabile nazionale dell’Area culturale Dolore e cure palliative di Siaarti (Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva).

Proprio per questo, a livello internazionale, si stanno sviluppando nuove terapie supportate dalla tecnologia che sembrano essere in grado di fornire una risposta più precisa e personalizzata al problema.

Di certo è un tema meritevole di approfondimento, che Assidai, Fondo di assistenza sanitaria integrativa di emanazione Federmanager, ha deciso di esaminare sempre nell’ottica di promuovere costantemente una specifica attenzione sui temi della salute tra le persone iscritte e gli stakeholder del Fondo.

 

Il ruolo chiave della Tecnologia e della Realtà Virtuale nella Medicina Internazionale

Ma di quali casistiche stiamo parlando esattamente? Delle situazioni in cui il dolore cronico diventa difficile da sopportare e talmente persistente da condizionare e alterare la sua percezione al punto da ritenere – fino a pochi mesi fa – la condizione dolorosa intrattabile. La vera novità è che oggi si stanno testando applicazioni di realtà virtuale (VR) e realtà aumentata (AR), tecnologie innovative, che, secondo gli ultimi studi internazionali, sembrano ridurre efficacemente la sofferenza e il dosaggio dei farmaci, inclusi gli oppioidi, migliorando così la qualità di vita dei pazienti e delle pazienti. La situazione, ovviamente, è fluida e in costante evoluzione: alcune di queste tecnologie hanno già dimostrato la loro efficacia in letteratura, molte sono ancora in fase di sperimentazione.

 

L’applicazione della Realtà Virtuale nel Trattamento del Mal di Schiena Cronico

Premesso che queste innovazioni potrebbero migliorare la vita di moltissime persone – in Italia si stima siano 13 milioni a soffrire di dolore cronico – un’applicazione pratica, secondo la Dottoressa Violini, potrebbe essere proprio il classico mal di schiena, “una delle patologie dolorose che più spesso riscontriamo nella nostra vita, che spesso si trascina nel tempo a causa di una diagnosi tardiva o talvolta mancata”. In questo caso specifico, “il medico anestesista-rianimatore specialista in terapia del dolore può studiare e individuare l’origine della patologia dolorosa. Quindi, applicare il trattamento più appropriato per garantire un rapido sollievo dal dolore. Le tecniche interventistiche di neuromodulazione e neurostimolazione ci stanno offrendo possibilità terapeutiche non farmacologiche. Vediamo aprirsi modalità di cura in casi che fino a poco tempo fa consideravamo off limits”, conclude l’esperta.

 

Cedars-Sinai Medical Center e New York e il Boston’s Children Hospital: i casi americani

Negli Stati Uniti, come riportato da un approfondimento del Corriere.it, centinaia di ospedali stanno valutando l’uso della realtà virtuale, inclusi centri molto quotati come l’Hospital for Special Surgery di New York e il Boston’s Children Hospital. Il Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles è all’avanguardia nell’uso della realtà virtuale per curare le persone con dolore cronico. Il programma VR, guidato dal gastroenterologo Brennan Spiegel, Professore di Medicina e sanità pubblica al Cedars-Sinai, ha coinvolto più di 3.000 pazienti. In esso la realtà virtuale ha dimostrato di ridurre il dolore, per ora sperimentalmente, in una varietà di studi condotti all’interno dell’ospedale. Il Professor Spiegel e il suo team hanno anche sviluppato un kit digitale per la riduzione del dolore, inclusa la realtà virtuale, utilizzato a casa per aiutare i pazienti a migliorare la qualità della vita e ridurre il bisogno di farmaci antidolorifici. Certo, se le applicazioni VR in questa branca della medicina stanno aumentando, resta da capire quale sia il loro effettivo meccanismo d’azione.

Prospettive sull’Integrazione della Realtà Virtuale e dell’Intelligenza Artificiale

Sebbene il meccanismo d’azione delle applicazioni VR in medicina sia ancora inesplorato, ricerche recenti hanno dimostrato un innalzamento della soglia del dolore nei pazienti che sperimentano la realtà virtuale. Fino a poco tempo fa, infatti, la maggior parte degli articoli che si trovavano nella letteratura medica potevano solo ipotizzare che, nel caso dell’utilizzo della realtà virtuale, vi fosse una riduzione della percezione del dolore cronico. Una prima svolta, tuttavia, è arrivata lo scorso settembre, quando uno studio sperimentale ha studiato la risposta ottenuto risultati notevoli da un campione significativo di pazienti a uno stimolo del dolore mentre sperimentavano la realtà virtuale. In questo modo si è dimostrato effettivamente l’innalzamento della soglia del dolore dei pazienti che si erano sottoposti all’esperimento. Il percorso di analisi e approfondimenti è ancora lungo ma è possibile affermare che vi sono tutti i presupposti affinché l’intelligenza artificiale possa avere un ruolo importante e positivo in questo contesto.

Perché promuovere l’attività fisica sul luogo di lavoro

Offrire un indennizzo di 25 centesimi per chilometro percorso ai lavoratori che, scegliendo di abbandonare l’auto, cominceranno ad andare in ufficio in bicicletta, promuovere l’uso delle scale sul luogo di lavoro, offrire una ristorazione aziendale incentrata su una alimentazione corretta, incentivare ambienti di lavoro senza alcol e smoke free.

E ancora: affiggere in punti strategici poster e cartelli con messaggi motivazionali, distribuire materiale informativo sul valore dell’attività fisica, organizzare pause lavorative di almeno 10 minuti per fare attività fisica posturale e contrastare le mansioni sedentarie, sfruttare la comunicazione interna realizzando gruppi di cammino che praticano fit o nordic-walking, adibire una vera e propria palestra, con docce e spogliatoi, all’interno dell’azienda e a disposizione dei dipendenti.

Sono solo alcuni degli esempi di come l’impresa può adottare una “filosofia” di promozione della salute che vede il posto di lavoro come luogo privilegiato sia perché frequentato dall’adulto sano (che può “sfuggire” al medico di medicina generale), sia perché le persone vi trascorrono la maggior parte della propria giornata. Il tutto in una logica nuova, la cui sintesi perfetta è il welfare aziendale, in cui il rapporto tra dipendente e datore di lavoro non è più antagonistico ma collaborativo con vantaggi reciproci e un doppio fine comune: il benessere del personale e la redditività dell’impresa.

I rischi della sedentarietà: perché fare movimento

La sedentarietà è una condizione che può essere favorita dal tipo di lavoro svolto, ma può essere anche un’abitudine mantenuta nel tempo libero. In Europa, si stima che più del 35% delle persone resti seduta per più di 7 ore al giorno. Anche in Italia, tra la popolazione adulta che lavora, la sedentarietà è un comportamento diffuso, determinato dai lunghi periodi trascorsi in piedi o seduti, durante la giornata.

Non è un caso che i lavoratori che dichiarano di avere invece uno stile di vita attivo sono una minoranza, rispetto a chi è attivo solo in parte. La sedentarietà, insieme con scarsa attività fisica, scorretta alimentazione, abitudine al fumo e uso di alcol, rappresenta un fattore di rischio indipendentemente dai livelli di attività fisica praticati. Trattasi infatti dei principali fattori di rischio delle malattie cardiovascolari e metaboliche (infarto, obesità, diabete di tipo II), nonché dei tumori.

Viceversa è dimostrato che uno stile di vita sano rappresenta un ottimo investimento di prevenzione. È importante scegliere di muoversi regolarmente, tutte le volte che se ne ha l’opportunità. Camminare, andare in bicicletta, salire le scale sono alcuni modi per aumentare i livelli di attività fisica e contrastare la sedentarietà. L’attività fisica, svolta ogni giorno secondo i livelli raccomandati, aiuta a mantenersi in buona salute e favorisce il benessere psicologico riducendo ansia, depressione e senso di solitudine.

Perché promuovere l’attività fisica sul luogo di lavoro

In virtù di questi ragionamenti realizzare dei programmi di promozione dell’attività fisica nei luoghi di lavoro è un investimento sia per la salute dei manager, e in generale per il benessere dei dipendenti, sia per la crescita dell’impresa. I benefici, come ricordato da un report del Ministero della Salute riferito alla pubblica amministrazione (ma il ragionamento per un’azienda privata è analogo), sono svariati. Sia per i dipendenti sia per l’impresa. Per i primi migliora la salute e la qualità della vita anche sul posto di lavoro, aumenta il benessere psicofisico e riduce il rischio di soffrire di alcune malattie (malattie cardiovascolari, ipertensione, ipercolesterolemia, diabete).

Per quanto riguarda l’azienda migliorano la qualità della vita sul luogo di lavoro, l’immagine dell’azienda stessa, le relazioni lavorative e la produttività, aumenta il senso di appartenenza (concetto questo che è favorito anche da una leadership efficace dei manager) e riduce le assenze per malattia, gli infortuni sul lavoro e i costi sociali (indennizzi, assicurazioni).

Alla luce di tutto ciò come deve muoversi quindi l’impresa? Essenzialmente lavorando su tre pilastri: informativo e comunicativo (aumentare le conoscenze dei lavoratori sui benefici dell’attività fisica e sulle iniziative realizzate sul luogo di lavoro, motivare e sostenere il cambiamento dei comportamenti non salutari); educativo e formativo (organizzando per esempio seminari per sensibilizzare e acquisire conoscenze sull’importanza di fare attività fisica e sulle strategie di modifica dei comportamenti oppure esercitazioni sulle corrette posture da tenere al lavoro); strutturale e organizzativo (salire le scale; riconoscere tempi e spazi per svolgere esercizi facili per la postura in intervalli brevi).

Assidai e gli stili di vita contro le cronicità

Assidai ha sempre sottolineato, attraverso una costante e approfondita attività di comunicazione e sensibilizzazione il ruolo cruciale dell’attività fisica (e degli stili di vita corretti) come prevenzione per determinate malattie cronico-degenerative. Quest’ultime, come noto, sono caratterizzate da un lungo periodo di sviluppo e colpiscono prevalentemente donne e uomini più anziani.

Stiamo parlando di un ampio gruppo di patologie che vanno dall’osteoporosi alle malattie cardiovascolari, dal diabete alle dislipidemie per arrivare a sovrappeso/obesità, malattie respiratorie croniche, ictus e cancro. Sono tra le malattie più invalidanti e mortali che interessano molti Paesi e che sono caratterizzate da fattori di rischio endogeni non modificabili ed esogeni modificabili: proprio tra quest’ultimi l’inattività fisica gioca un ruolo cruciale. Viceversa, l’attività fisica fornisce vantaggi sia al singolo individuo, sia al Servizio Sanitario Nazionale e a Fondi di assistenza sanitaria come Assidai, riducendo l’ospedalizzazione e l’uso di farmaci.

Attenzione: Rinnovo iscrizione ad Assidai per il 2024

Si informano tutti i manager, quadri e consulenti iscritti ad Assidai, Fondo di assistenza Sanitaria Integrativa di Federmanager, che, in via del tutto straordinaria, i termini per richiedere l’eventuale cambio del Piano Sanitario sono stati differiti improrogabilmente al 7 dicembre 2023.

È possibile consultare i Piani Sanitari e i relativi contributi al seguente link https://www.assidai.it/persone/piani-sanitari/

Per qualsiasi ulteriore informazione, il Contact Center Assidai è a completa disposizione al numero 0644070600, dal lunedì al venerdì, dalle ore 8.00 alle ore 18.00.

Iscrizione online: al via il nuovo portale dedicato ai manager che vogliono iscriversi per la prima volta ad Assidai

Roma, 27 novembre 2023 – È online il nuovo portale Assidai dedicato ai manager, quadri e alle alte professionalità che vogliono iscriversi per la prima volta al Fondo di Assistenza Sanitaria Integrativa di emanazione Federmanager, che, da oltre 30 anni, si prende cura dei dirigenti e delle loro famiglie nei momenti più delicati della loro vita.

La procedura di iscrizione online rafforza la volontà di Assidai di ampliare la diffusione della propria mission tra i tanti manager che ancora non conoscono le peculiarità e i valori distintivi che caratterizzano il Fondo stesso. Ricordiamo in primis la mutualità e la solidarietà intergenerazionale, che consentono di assistere i manager per tutta la loro vita, senza alcun limite di età, sia che siano in servizio che in pensione, oltre all’assenza di selezione del rischio al momento dell’iscrizione e all’impossibilità per Assidai stesso di recedere unilateralmente dall’iscrizione. Insomma, un Fondo a cui, per più di una ragione, è davvero opportuno iscriversi per la propria serenità e per quella dei propri cari.

Il Presidente Assidai, l’ingegnere Armando Indennimeo, ha dichiarato: “Il progetto di iscrizione online si inserisce nell’ambito delle innovazioni che stiamo apportando all’interno del nostro Fondo. L’obiettivo è offrire ai manager la possibilità di aderire ad Assidai in modo autonomo e interattivo, scegliendo direttamente il Piano Sanitario che è maggiormente consono alle proprie esigenze. Sono certo che sarà molto apprezzato dai manager che ancora non ci conoscono e che, proprio per loro natura, vogliono sentirsi liberi di valutare attentamente la soluzione migliore per sé e per la propria famiglia.”

Nello specifico accedendo al portale dedicato all’iscrizione online https://www.assidai.it/persone/iscriviti/ sarà molto semplice avvicinarsi al mondo Assidai e richiedere di iscriversi in forma individuale. Basterà seguire, passo dopo passo, tutte le indicazioni; addirittura, qualora sia necessario interrompere la procedura di iscrizione per qualsiasi motivo, sarà possibile riprendere la stessa nell’arco di 30 giorni. Infine, per qualsiasi esigenza, è a completa disposizione il servizio di Contact Center al numero 0644070600, dal lunedì al venerdì, dalle ore 8.00 alle ore 18.00.

ASSIDAI è un Fondo di assistenza sanitaria integrativa che ha natura giuridica di ente non profit. Nato su iniziativa di Federmanager, è attivo da oltre trenta anni e offre i propri servizi a manager, quadri ed alte professionalità. Oggi conta una base di oltre 50.000 nuclei familiari iscritti e 120.000 persone assistite ed è punto di riferimento per più di 2.000 aziende che hanno scelto di sottoscrivere un Piano Sanitario Assidai. L’assenza di selezione del rischio e l’impossibilità di recesso dall’iscrizione da parte del Fondo, garantiscono la tutela degli aderenti durante l’intero arco della loro vita. Assidai ha certificato il proprio sistema di gestione secondo la norma UNI EN ISO 9001:2015, è iscritto all’Anagrafe dei fondi sanitari presso il Ministero della Salute, certifica annualmente su base volontaria il proprio bilancio e si è dotato di un Codice Etico e di Comportamento.

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IMPORTANTE Rinnovo iscrizione Assidai 2024

Si informano i manager, quadri e consulenti iscritti ad Assidai, Fondo di assistenza Sanitaria Integrativa di emanazione Federmanager, che è stata inviata a tutti coloro che sono iscritti ai Piani Sanitari Individuali e ai Piani Sanitari Familiari, specifica comunicazione relativa al Rinnovo 2024.

Al fine di garantire a tutti la possibilità di leggere con attenzione la comunicazione, si segnala che sono stati differiti al 30 novembre 2023 i termini per comunicare al Fondo eventuali cambi di Piano Sanitario o per richiedere informazioni relative alla propria iscrizione.

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Salute sul lavoro: rischi di una posizione seduta statica

L’incremento della sedentarietà di molte attività lavorative determina l’aumento delle evidenze di un collegamento tra i problemi di salute e uno stile di vita caratterizzato da scarsa attività fisica. Ciò ha accresciuto l’importanza di affrontare il problema del mantenimento prolungato di una posizione seduta statica durante l’attività lavorativa.

È partendo da questo presupposto che l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro ha fatto realizzare e successivamente pubblicato una relazione riguardo la portata del fenomeno del lavoro sedentario e i suoi effetti sulla salute, formulando raccomandazioni sui limiti di tempo per la posizione seduta e fornendo validi consigli pratici ed esempi su come evitare periodi prolungati in questa stessa posizione (riducendone la durata) e su come rendere l’attività lavorativa più attiva e dinamica.

L’entità del fenomeno in Europa

Il mantenimento della posizione seduta si definisce prolungato quando ha una durata pari o superiore a due ore continuative per volta e presenta tre principali caratteristiche: basso consumo energetico, postura seduta del corpo, lavoro muscolare a carico statico (quando cioè serve uno sforzo fisico per mantenere la stessa posizione).

Che portata ha il fenomeno? Va precisato che i numeri e le indagini su questo specifico argomento non mancano ma, trattandosi di analisi empiriche, non sempre collimano tra loro.

Vediamo in ogni caso i principali e più autorevoli report in materia. Secondo i dati di Eurobarometro – riferisce il rapporto dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro – nell’Unione Europea il 18% degli adulti sta seduto per più di sette ore e mezza complessivamente durante la giornata. Di norma, i tempi più elevati si registrano nei Paesi scandinavi e quelli più bassi nella zona Mediterranea (Italia, Portogallo e Spagna).

A tal proposito, un’indagine francese ha rilevato che gli adulti rimangono seduti, in media, per circa sette ore e mezza al giorno, di cui 4 ore e 10 minuti sul lavoro. In base ai dati di Eurostat, invece, il 39% dei lavoratori dell’Unione Europea svolge la propria attività lavorativa da seduti, comprese ovviamente categorie come gli addetti a lavori d’ufficio che prevedono l’utilizzo del computer, il personale dei call center e i conducenti di veicoli.

utto ciò senza dimenticare l’ampio spettro, che si è ulteriormente allargato con il massiccio utilizzo dello smart working, di chi lavora con computer, portatili o tastiere per tutto il tempo: qui la percentuale è aumentata dal 17,6% nel 2000 al 30,3% nel 2015 e negli ultimi anni è cresciuta ulteriormente. Inoltre, secondo l’edizione 2019 dell’Indagine europea tra le imprese sui rischi nuovi ed emergenti, il secondo fattore di rischio segnalato con maggiore frequenza in Europa è proprio il mantenimento prolungato della posizione seduta.

I principali rischi per la salute

Quali sono i principali rischi per la salute legati al mantenimento prolungato della posizione seduta statica? Anche in questo caso la letteratura è ampia e i principali pericoli includono: lombalgia, disturbi al collo e alle spalle, diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari, obesità, alcuni tipi di tumore (in particolare alla mammella e al colon) e problemi di salute mentale. Senza dimenticare che per quanto riguarda il diabete e le malattie cardiovascolari, quando si sta seduti non si usano quasi per nulla i muscoli delle gambe ed è noto che l’attività dei grandi muscoli delle gambe è importante per il pompaggio del sangue.

Inoltre, l’esposizione a vibrazioni al corpo intero quando si sta seduti, per esempio all’interno di un veicolo, aumenta i rischi di problemi lombari e di altri disturbi muscoloscheletrici, soprattutto se le posture sono obbligate, disagevoli o scorrette. Infine, oltre alla lombalgia, lavorare da seduti può causare disturbi agli arti superiori in caso di lavori ripetitivi, lavoro statico dei muscoli, posture disagevoli e necessità di esercitare forza o un allungamento forzato dei muscoli.

Le prassi corrette e la prevenzione

Capitolo cruciale è rappresentato dalle giuste prassi da adottare. L’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro raccomanda in ambito lavorativo di non passare più del 50 % della giornata stando seduti, di evitare di rimanere in posizione seduta per un tempo prolungato, cercando di alzarsi almeno ogni 20-30 minuti, di alzarsi sempre per almeno 10 minuti dopo essere rimasti seduti per 2 ore e ridurre il tempo trascorso in posizione seduta ogniqualvolta possibile, di non superare le 5 ore di lavoro sedentario al giorno e di lavorare in maniera attiva, cambiando posizione – alternando la posizione seduta con quella eretta – e camminando.

Altrettanto importante è, ovviamente, una adeguata prassi di prevenzione, che innanzitutto dovrebbe mettere a disposizione una postazione di lavoro ergonomica e adeguata e condizioni ambientali consone, comprendenti una sedia, uno sgabello, un tavolo e un posto di guida idonei.

In secondo luogo, andrebbe organizzato il lavoro per limitare il tempo trascorso seduti, incentivando il movimento: occorre bilanciare i compiti da svolgere e offrire possibilità di lavoro attivo, rotazione dei compiti, arricchimento professionale, piccole pause e opzioni di controllo individuale.

Un ruolo cruciale lo gioca inoltre organizzare l’ambiente e la cultura del lavoro per promuovere il movimento, per esempio collocando cestini e stampanti in un’area comune e programmando pause con esercizi di allungamento durante le riunioni.

Infine, bisogna favorire comportamenti salutari, ad esempio attraverso la sensibilizzazione e la formazione sul mantenimento prolungato della posizione seduta e mettere in atto politiche e prassi organizzative per assicurare la realizzazione pratica di quanto detto finora.

Assidai da sempre si fa promotore dei corretti stili di vita, di un’alimentazione sana e della necessità di praticare sport, presupposti fondamentali per prevenire le malattie croniche, principale causa di decessi a livello mondiale, in particolare nei Paesi occidentali. L’attività fisica, per esempio, anche se moderata, è il modo migliore per combattere la sedentarietà, che ha tra le sue declinazioni anche il fatto di restare seduti (al lavoro o durante il proprio tempo libero) per lunghi periodi.

Ecco perché, a maggior ragione, quanto spiegato finora risulta fondamentale per tutelare la nostra salute in qualsiasi momento della nostra giornata, assumendo posture e stili di vita che evitino l’insorgenza di malattie croniche.

A Natale regala l’assistenza sanitaria Assidai

A Natale vuoi fare un regalo davvero speciale ai tuoi figli? Regala loro Assidai!

Natale è il momento dell’anno in cui ci dedichiamo a doni importanti, o piccoli pensieri, per i nostri cari e gli amici. Possono essere regali più comuni come vestiti, accessori e prodotti di bellezza o più originali oppure ancora tecnologici ed estremamente innovativi.

Se però volete fare un dono davvero speciale, sicuramente poco inflazionato e che verrà apprezzato molto per gli enormi benefici che offre, allora dovete scegliere il Piano Sanitario Familiari di Assidai, il Fondo di Assistenza Sanitaria Integrativa Dirigenti Aziende Industriali che si prende cura di manager, quadri e professionisti in tutto l’arco della loro vita.

Questo Piano Sanitario amplia l’assistenza sanitaria dedicata ai figli degli iscritti: consente infatti di continuare a garantire loro l’assistenza sanitaria ai figli fino a 65 anni, sia nel caso i figli non rientrino più nel nucleo familiare perché hanno compiuto 26 anni, sia nel caso abbiano perso l’assistenza sanitaria del fondo primario.

C’è un altro aspetto molto importante da valutare: il Piano Sanitario Familiari è dedicato sia ai figli single che ai figli sposati o conviventi. In caso di convivenza o matrimonio dei figli e, a condizione che ciò sia comunicato ad Assidai entro i successivi 90 giorni, è possibile estendere l’assistenza sanitaria anche al loro nucleo familiare.

Inoltre, lo stesso Piano Sanitario potrà essere scelto per garantire l’assistenza sanitaria integrativa all’ex coniuge o convivente.

Vantaggi dei Piani Sanitari Assidai

Tutti gli iscritti hanno confermato un alto gradimento del Piano Sanitario Familiari e l’idea di regalarlo ai propri figli è stata molto apprezzata soprattutto in un contesto di welfare sociale sempre più in evoluzione. Per questo, Assidai è da sempre vicino ai propri iscritti, anticipandone i bisogni e attuando opportune strategie al fine di migliorare costantemente i servizi offerti ed essere un punto di riferimento per dirigenti, quadri e professionisti sia in servizio che in pensione.

Spesso i figli a 26 anni non hanno ancora trovato un lavoro stabile e stanno iniziando le prime esperienze lavorative con contratti il più delle volte temporanei. Per questo non potrebbero mai garantirsi a livello personale un’assistenza sanitaria integrativa rispetto a quella offerta dal Servizio Sanitario Nazionale. In questo contesto il supporto da parte dei genitori può fare davvero la differenza e con un contributo minimo possono continuare a tutelare, a livello sanitario, i propri figli.

È molto importante sottolineare poi che gli iscritti ad Assidai hanno l’opportunità di usufruire di un’ampia rete di convenzionamenti diretti, che consente loro di avvalersi di strutture e medici convenzionati di alto profilo, senza dover anticipare il costo delle prestazioni. Inoltre, l’inclusione in tutti i Piani Sanitari della copertura per la non autosufficienza – Long Term Care – senza sostenere alcun contributo aggiuntivo, offre ulteriori importanti garanzie a tutti gli iscritti ad Assidai, anche a coloro che hanno aderito al Piano Sanitario Familiari da soli o con tutto il nucleo familiare.

A Natale, quindi, potrai scegliere il Piano Sanitario Familiari di Assidai, per fare un dono davvero speciale ai tuoi figli e alla loro famiglia, garantendo loro benessere e serenità.

Possono i valori distintivi di un Fondo sanitario come Assidai fare la differenza sul mercato?

L’unicità di un fondo sanitario non contrattuale che rende felici manager e imprese offrendo loro uno dei benefit maggiormente richiesti in termini di welfare: l’assistenza sanitaria integrativa.

Intervento Assidai a cura del Presidente, Armando Indennimeo, e del Direttore Generale, Marco Rossetti.

Assidai, in Italia, è uno dei player di mercato in termini di assistenza sanitaria integrativa non contrattuale.

Ciò che rende unico il Fondo nel contesto del welfare sono i valori distintivi, primi tra tutti la mutualità e la solidarietà, che consentono di assistere i manager e le loro famiglie senza limiti di età fino a quando lo desiderano, anche in pensione, insieme all’eccellenza dei servizi offerti: tailor made, innovativi e competitivi, che concernono prestazioni medico-sanitarie, prestazioni socio-sanitarie, assistenza (invalidità e/o morte per malattia e/o infortunio).

Essere iscritti ad Assidai significa anche avere a disposizione una serie di prestazioni per la non autosufficienza. Va detto che nel panorama dei fondi sanitari integrativi italiani Assidai è stato pioniere sul delicato tema delle coperture per la non autosufficienza ovverosia l’insieme dei servizi socio-sanitari forniti con continuità a persone che necessitano di assistenza permanente a causa di disabilità fisica o psichica.

Questo tema sia per l’Italia che per i principali Paesi europei è sempre più di attualità a causa del graduale invecchiamento della popolazione; e a certificare il trend, per il nostro Paese, sono stati i risultati dell’ultimo Censimento dell’Istat: è un Italia che non cresce più e che invecchia con ormai cinque nonni per ogni bambino.

Nell’ambito dei Piani Sanitari pensati per i manager in servizio segnaliamo come il Prodotto Unico Fasi-Assidai, nato a seguito dell’ultimo rinnovo CCNL Dirigenti Industria, possa definirsi innovativo e performante perché garantisce un’assistenza sanitaria completa, che integra le prestazioni previste dal nomenclatore tariffario Fasi in modo pressoché totale, con notevoli vantaggi operativi: invio di un’unica richiesta di rimborso e network di strutture sanitarie convenzionate uniche per gli iscritti ai due Fondi sanitari.

Scegliendo Assidai si ha, quindi, la possibilità di aderire a un Fondo sanitario e non a una soluzione assicurativa tout court, beneficiando così di tutti i vantaggi che ne conseguono e di una solidità – anche in termini di expertise e know how – perché il Fondo è stato creato dai manager per rispondere alle esigenze dei manager (essendo Federmanager stakeholder unico del Fondo).

Ed è fondamentale nel processo di promozione dei servizi offerti il ruolo del broker esclusivo di Assidai: Praesidium S.p.A. specializzato nello studio, nella progettazione e nella gestione di programmi di welfare aziendali e individuali, dedicati a dirigenti, quadri, professional e alle loro famiglie per rispondere a tutte le esigenze dei manager sia in servizio che in pensione.

Peraltro, secondo le ultime e accreditate ricerche svolte sul campo, l’assistenza sanitaria per sé e per i propri cari rappresenti la voce più diffusa nel “portafoglio” di welfare offerto dalle aziende e richiesto dai dipendenti, insieme con la previdenza e l’istruzione.

L’attenzione verso la salute, ma anche la necessità che i fondi integrativi giochino un ruolo sempre più rilevante nel supporto al Servizio Sanitario Nazionale (SSN), sono testimoniati dai livelli molto alti della spesa sanitaria “out of pocket” in Italia.

La stessa, infatti, ammonta ormai a 38 miliardi di euro, ma solo poco più del 10% viene “intermediato” da fondi o polizze, mentre 34 miliardi vanno a pesare direttamente sulle famiglie, che utilizzano i propri risparmi. Diverse ricerche dimostrano che la parte out of pocket è concentrata in visite, accertamenti diagnostici e medicinali: tutti fronti su cui il Sistema sanitario, alle prese con il graduale invecchiamento della popolazione (che pesa sul sostegno alla non autosufficienza e sulla cura delle cronicità), finisce inevitabilmente in difficoltà.

Dal nostro osservatorio privilegiato (120.000 assistiti, oltre 2.000 aziende iscritte) notiamo un forte incremento della domanda di prestazioni sanitarie post Covid e l’aspetto più preoccupante è che tale spesa sanitaria sia cresciuta trasversalmente in tutte le regioni, anche in quelle storicamente considerate più virtuose nell’offerta sanitaria pubblica.

Il fenomeno merita attenzione non solo per l’equilibrio dei nostri bilanci tecnici, prerogativa essenziale per continuare a offrire servizi all’altezza degli iscritti (ove possibile migliorandoli), ma soprattutto perché conferma la sensazione di un SSN che rischia, in un futuro prossimo, di essere costretto ad arretrare progressivamente. A tal proposito, siamo convinti che la sanità pubblica sia un pilastro fondamentale del nostro sistema al quale tutti devono contribuire per il buon funzionamento e proprio per questo motivo riteniamo che i Fondi Sanitari Integrativi debbano essere di supporto al SSN per garantirne la sostenibilità di lungo periodo considerate le sue caratteristiche di equità e universalità, uniche al mondo.

È opportuno, allo stesso tempo, fare sistema per trovare il giusto connubio tra sanità pubblica e privata e un confronto attivo con le istituzioni per contribuire attivamente al processo evolutivo di tutta la normativa.

Una possibile soluzione a questo nodo è il welfare aziendale, un argomento di sempre maggiore attualità perché vi è la crescente consapevolezza che esso generi un circolo virtuoso tra i dipendenti e le imprese. Soprattutto nell’attuale fase economica il welfare rappresenta un importante strumento per difendere il reddito dei lavoratori dall’ondata inflazionistica, agevolando allo stesso tempo le imprese per controllare il livello del costo del lavoro. Insomma, un chiaro esempio di strategia win-win-win. Gli effetti che ne conseguono sono positivi in termini di produttività, clima aziendale e maggior engagement, consentendo alle aziende di attrarre e trattenere i talenti: in definitiva il welfare è un vero e proprio volano di crescita anche in scia a una serie di incentivi governativi, che tuttavia negli ultimi anni non hanno più mostrato evoluzioni.

Nell’ultima legge di Bilancio, l’unica novità, in termini di welfare, è stata la riduzione, dal 10% al 5%, dell’aliquota dell’imposta sostitutiva sui premi di produttività erogati nell’anno 2023 fino all’importo di 3mila euro. Nello stesso tempo, la soglia esentasse dei cosiddetti fringe benefit è “tornata” agli originali 258,23 euro dopo che, negli ultimi due anni, era stata prima raddoppiata temporaneamente a 516,43 euro e infine portata, anche in questo caso pro tempore, a 600 euro.

Non è cambiato nulla, invece, sul fronte del welfare aziendale vero e proprio, come peraltro accaduto anche nei quattro anni precedenti. Va ricordato, invece, che in passato si era intervenuti più volte per favorire lo sviluppo di un fenomeno sempre più diffuso tra le imprese e che ha permesso di inquadrare le relazioni tra datore di lavoro e dipendente in un’ottica sempre più proficua, favorendo il cosiddetto “work life balance”, cioè l’equilibrio tra lavoro e vita privata. In particolare, la Legge di Bilancio 2017, come quella del 2016, aveva lavorato su due punti, che oggi restano i capisaldi della legislazione sul welfare aziendale in Italia. Innanzitutto, aveva allargato il perimetro che non concorre al calcolo dell’Irpef, includendo servizi come l’educazione, l’istruzione e ulteriori benefit, sempre erogati dal datore di lavoro, per poter fruire di assistenza destinata a familiari anziani o non autosufficienti.

In secondo luogo, aveva espanso, fino a 80.000 euro, l’area della tassazione zero per i dipendenti che scelgono di convertire i premi di risultato del settore privato di ammontare variabile in benefit compresi nell’universo del welfare aziendale. In alternativa, per i benefit era stata fissata un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali regionali e comunali pari al 10 per cento.

Articolo pubblicato su Economy Settembre 2023

Fringe benefit, le regole per il nuovo limite a 3mila euro per incentivare il potere d’acquisto e ridurre il cuneo fiscale

Il Decreto Lavoro, approvato in estate e convertito successivamente in Legge, ha introdotto una novità importante: per incentivare il potere d’acquisto e ridurre il cuneo fiscale, infatti, ha aumentato solo per il 2023 il limite di esenzione per i fringe benefit da 258,23 a 3.000 euro.

Una variazione rilevante, che tuttavia – è bene precisare – vale soltanto per i lavoratori dipendenti che hanno figli a carico. Per quanto si tratti di una misura una tantum, e comunque ristretta soltanto a una parte della popolazione lavorativa, va comunque sottolineato che il provvedimento contribuisce alla crescita e al consolidamento del welfare aziendale, ormai un elemento sempre più centrale, in Italia e nelle aziende tricolori, per vivere e rafforzare il rapporto tra datore di lavoro e dipendente su nuove basi, imperniate sulla condivisione, sulla collaborazione e sul cosiddetto work life balance, ovvero l’equilibrio tra vita lavorativa e privata.

Il nuovo quadro normativo: chi e come può usufruirne

Che cosa stabilisce il nuovo quadro normativo?

La Legge 85/2023 conferma, da un lato, per l’anno in corso la tassazione a doppio binario per i benefit; dall’altro, aumenta le risorse finanziarie messe a disposizione per consentire l’agevolazione anche sotto l’aspetto contributivo.

In altre parole, per i lavoratori con figli a carico la soglia di esenzione fiscale e contributiva dei benefit è aumentata a 3mila euro, mentre per i restanti rimane in vigore il limite di 258,23 euro. Invariato invece il principio secondo cui, qualora il valore dei beni o dei servizi forniti risulti complessivamente superiore al limite di 3mila euro o di 258,23 euro, l’intero importo dovrà essere assoggettato a imposte e contributi.

Chi potrà usufruire del nuovo limite dei 3mila euro?

I lavoratori dipendenti con figli, compresi quelli riconosciuti nati fuori del matrimonio, con figli adottivi o affidati, che si trovano nelle condizioni previste dall’articolo 12 del Tuir. Secondo tale disposizione, sono fiscalmente a carico i figli che abbiano un reddito non superiore a 4mila euro, ovvero a 2.840,51 euro nel caso abbiano età superiore a 24 anni. La norma di favore, per quanto rivolta ai lavoratori con “figli”, deve ritenersi applicabile anche a quelli con un solo figlio a carico.

Con un caveat: qualora l’unico figlio a carico dovesse perdere tale condizione, in quanto in possesso di un reddito superiore a quello sopra indicato, si avrebbero due conseguenze: l’inapplicabilità della soglia di esenzione potenziata a 3mila euro, con eventuale recupero di tasse e contributi sui benefit esclusi fino a quel momento dalla base imponibile e il relativo aumento del costo del lavoro a carico del datore di lavoro. Per poter usufruire del beneficio, il lavoratore dovrà dichiarare al datore di lavoro di avervi diritto, indicando il codice fiscale dei figli.

La norma, inoltre, non richiede che il figlio sia a carico dell’interessato al 100%, motivo per il quale si dovrebbe ritenere che il beneficio possa essere fruito interamente anche in presenza di una detrazione ripartita con l’altro genitore, innalzando di fatto il vantaggio complessivo per la famiglia a 6mila euro.

Beni e servizi oggetto della nuova legge

Che cosa rientra tra i compensi e i servizi oggetto della nuova legge?

Per fringe benefit si intendono i compensi in natura e i servizi concessi dai datori ai dipendenti. Per esempio: i buoni spesa, le ricariche telefoniche, il premio per la polizza extraprofessionale. Insomma, voci addizionali alla retribuzione corrisposta da un’impresa ai propri dipendenti: un compenso “in natura”, che figura comunque in busta paga.

Lato azienda si tratta di somme interamente deducibili, che riducono quindi l’imponibile fiscale dell’impresa. Dal punto di vista del dipendente sono somme non soggette a contribuzione né a prelievo fiscale, ovviamente con i tetti previsti dalla legge.

Nel limite di esenzione sono da considerare, seppure secondo un valore convenzionalmente identificato dalla normativa tributaria, altri beni concessi ai dipendenti come: l’auto a uso promiscuo, i prestiti agevolati e l’alloggio.

Altro aspetto cruciale: come nel 2022, per i soli lavoratori con figli a carico, la capienza dei 3mila euro può essere raggiunta anche con somme erogate o rimborsate dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale.

Le utenze rimborsabili in esenzione fiscale devono essere riferite a un immobile a uso abitativo posseduto o detenuto, sulla base di un titolo idoneo, dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, a prescindere che gli stessi abbiano o meno stabilito la residenza o il domicilio. Inoltre, è fondamentale che le somme rimborsate siano state effettivamente sostenute dai predetti soggetti.

Fringe benefit e welfare aziendale: un utile riassunto

Per concludere, è bene ricordare, con un utile quadro riassuntivo, le norme emanate negli ultimi anni sull’argomento e di cui Assidai si è già occupato per evidenziare, anno dopo anno, l’evoluzione in termini legislativi.

Fino al 2020 per i fringe benefit era prevista una soglia di esenzione fiscale (il valore di beni e servizi che non concorre al reddito imponibile né ai contributi) di 258,23 euro, mentre con il Decreto Agosto dell’estate 2020, approntato per supportare il Paese nell’emergenza Covid, il limite fu raddoppiato a 516,46 euro.

Nel 2021 il Governo ha in sostanza confermato il robusto aumento della quota esentasse. Infine, l’anno scorso, il decreto Aiuti-Bis ha modificato il limite di detassazione fiscale e contributivo dei fringe benefit a favore dei lavoratori dipendenti, innalzando la soglia a 600 euro, con la specifica che rientrano nell’agevolazione anche le somme erogate o rimborsate dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale.

Tutti provvedimenti che – come evidenziato in precedenza – hanno rappresentato un ulteriore passo in avanti nell’espansione di un settore, quello del welfare aziendale, che negli ultimi anni è cresciuto molto, anche perché ha dimostrato la propria forza e le proprie potenzialità in termini di soddisfazione del dipendente e di produttività dello stesso, a tutto vantaggio anche dell’azienda.

A questo proposito, va ricordato che dal 2016 il Governo ha progressivamente introdotto una serie di incentivi, soprattutto di carattere fiscale, per favorire la diffusione del welfare aziendale con risultati ormai decisamente rilevanti se si pensa che ormai più di un’azienda su due lo prevede per i propri dipendenti.

Una legge per lo screening di diabete infantile e celiachia

Svolta per l’Italia che è diventato il primo Paese al mondo ad avere una legge per lo screening sistematico del diabete di tipo 1 e della celiachia nella popolazione pediatrica.

Le Camere, a settembre, hanno dato il via libera al disegno di legge che ha definito un passaggio storico; il testo è così diventato immediatamente legge ed è stato fissato l’avvio del programma pluriennale di screening su base nazionale a decorrere dall’anno 2024. Per l’attuazione del programma è stata autorizzata la spesa di 3,85 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025 e di 2,85 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2026.

Il provvedimento, inoltre, prevede e dispone sul diabete di tipo 1 e sulla celiachia, lo svolgimento di campagne periodiche di informazione e di sensibilizzazione a opera del Ministero della Salute.

La legge nel dettaglio: i quattro articoli

ll testo della legge si compone di quattro articoli.

Il primo definisce l’avvio di un programma pluriennale di screening su base nazionale nella popolazione pediatrica, da avviare a decorrere dall’anno 2024 per l’individuazione degli anticorpi del diabete di tipo 1 e della celiachia, e ha tre obiettivi: prevenire l’insorgenza di chetoacidosi in soggetti affetti da diabete di tipo 1; rallentare la progressione della malattia mediante l’impiego delle terapie disponibili; ottenere diagnosi precoci della celiachia.

Il secondo articolo prevede inoltre l’istituzione di un Osservatorio nazionale sul diabete tipo 1, presso il Ministero della Salute, composto da dieci membri, nominati con decreto da parte del Dicastero stesso.

L’articolo 3 riguarda invece le campagne periodiche di informazione e di sensibilizzazione sociale sul tema, sempre ad opera del Ministero della Salute, che deve promuovere tali iniziative con specifico riferimento all’importanza della diagnosi precoce in età pediatrica e per la conoscenza del programma di screening sopra indicato. Infine, il quarto articolo della legge detta le disposizioni finanziarie e le dotazioni dell’iniziativa.

Diabete infantile e celiachia: ecco i rischi

Per quanto riguarda il diabete infantile, a partire dall’anno prossimo la legge consentirà di prevenire, nei bambini da 1 a 17 anni, l’insorgenza dei sintomi più pericolosi del diabete di tipo 1 come la chetoacidosi, che può essere letale.

Inoltre, consentirà di avere maggiori informazioni per comprendere meglio le cause della malattia. Cosa che ovviamente amplia le possibilità di introdurre strategie farmacologiche adeguate per rallentarla e possibilmente fermarla.

Insomma, sarà un significativo strumento di tutela della salute a protezione dei bambini diabetici. Vale la pena ricordare, infatti, che, ogni anno in Italia, circa la metà dei 1400 bambini diagnosticati con diabete di tipo 1, arriva in ospedale in chetoacidosi, rischiando il coma, danni permanenti e anche la morte.

La legge permetterà anche di diagnosticare precocemente la celiachia, patologia cronica autoimmune scatenata, in soggetti geneticamente predisposti, dall’ingestione di glutine.

Lo screening per questa patologia è di importanza rilevante: in Italia, dei circa 600.000 soggetti colpiti, quasi 400.000 non sanno di essere celiaci. Un ritardo diagnostico per questa patologia causa un’infiammazione dei villi intestinali a livello dell’intestino tenue e, impedendo l’assorbimento dei nutrienti, possono verificarsi perdita di peso, diarrea e gonfiore.

FAQs

Come si capisce se un bambino ha il diabete?

La diagnosi precoce di diabete nei bambini è fondamentale.

Ecco quali sono i principali sintomi, in presenza dei quali è necessario rivolgersi tempestivamente al medico:

  • aumento della quantità di urine e della frequenza delle minzioni,
  • fame eccessiva con aumento dell’assunzione di cibo,
  • sete eccessiva con aumento dell’assunzione di liquidi,
  • dolori addominali non riconducibili ad altre malattie0,
  • dimagrimento nonostante un aumentato assunzione di cibo.
  • Tra i sintomi più gravi ci sono stato confusionale e coma.

Come riconoscere se un bambino è celiaco?

Le modalità con cui si manifesta la celiachia nei bambini sono due.

La prima è rappresentata da manifestazioni gastrointestinali che comportano:

  • scarsa crescita,
  • addome disteso,
  • diarrea,
  • vomito.

I sintomi possono essere diversamente combinati tra loro, con bambini che presentano parabole di crescite discendenti in termini di aspetto nutrizionale e peso.

La seconda è una celiachia atipica con manifestazioni assenti o riconducibili ad altri organi diversi dall’intestino, con bambini che presentano:

  • scarsa crescita,
  • anemia da ferro o acido folico non giustificata e non responsiva alla terapia con ferro.

Cosa non deve mangiare un bambino celiaco?

  • Pasta, pane, pizza in qualsiasi modo preparate a base di farina di grano,
  • Biscotti di grano, merendine e tutto quello che è preparato con farina di grano,
  • Carni, pesci e altri prodotti impanati con farina di grano,
  • Tutti quegli alimenti che riportino sull’etichetta “può contenere tracce di glutine”,
  • Alimenti cucinati nelle stesse pentole o stoviglie o supporti che hanno trattato alimenti con glutine (es. non cuocere il riso nella stessa pentola e nella stessa acqua della pasta),
  • Salse come maionese e simili, industriali, perché contengono sempre tracce di glutine.