Sistemi sanitari europei ed extra-europei a confronto

Domanda apparentemente banale, ma alla quale in pochi saprebbero rispondere: che cosa succede se vi rompete un braccio in Germania, negli Stati Uniti o a Singapore? Quanto vi costa essere curati in ospedale? Al di là dei luoghi comuni più diffusi – per esempio che negli USA, al pronto soccorso, viene chiesta prima di ogni altra cosa la carta di credito – ogni Paese ha le sue specificità con un elemento, comunque, ricorrente: in molti Stati l’assicurazione sanitaria (pubblica o privata che sia) è ormai obbligatoria, in Giappone addirittura anche per i disoccupati.

A questo proposito, Business Insider International ha realizzato un’interessante inchiesta internazionale in cui, per nove Paesi “rappresentativi” di tutto il mondo, cioè Italia, Germania, Francia, Stati Uniti, Nigeria, Singapore, Svezia, Gran Bretagna, Paesi Bassi e Giappone, ha risposto al quesito che ci siamo posti all’inizio, ovviamente mettendosi nei panni di un cittadino autoctono. Va anche precisato che, nell’inchiesta stessa, si parla soltanto di assicurazioni sanitarie senza citare i fondi sanitari integrativi come Assidai, che sono una peculiarità del nostro Paese e, in talune fattispecie, offrono una copertura simile.

Svezia, Gran Bretagna e Italia: vince il welfare di Stato

Partiamo dalla Svezia, dove trionfa il welfare di Stato: l’assistenza sanitaria di emergenza è finanziata dal Governo e il paziente deve pagare tra i 35 e 45 dollari per la visita all’ospedale, se è assicurato gli verrà rimborsata anche questa somma. Circa 650mila svedesi su 10 milioni hanno un’assicurazione sanitaria privata, ma si tratta di un numero, secondo gli esperti, destinato a salire. La Svezia è un caso ormai molto raro, assieme alla Gran Bretagna e all’Italia.  Anche a Londra le cure mediche per un braccio rotto non avrebbero nessun costo, perché la sanità è finanziata dai contribuenti attraverso un’apposita tassa, anche se le aziende possono ovviamente offrire un’assicurazione privata. Nel nostro Paese, come noto, non serve una polizza per essere curati in un ospedale pubblico, a seconda del problema e delle necessità c’è il pagamento di un eventuale ticket, anche se a volte si propende per il privato, perché garantisce tempi di cura e costi, per alcune prestazioni specifiche, addirittura inferiori del ticket pubblico.

Dove l’assicurazione sanitaria è obbligatoria

Passiamo ora invece a quegli Stati, che rappresentano la maggioranza, in cui l’assicurazione è obbligatoria. In Germania, per esempio, dove la polizza (di importo proporzionale al reddito) viene pagata metà dal datore di lavoro e metà dal dipendente (gli viene sottratta dal salario): con essa un braccio rotto non “costa” nulla. Stessa musica nei Paesi Bassi, dove la polizza assicurativa di base è obbligatoria (con una franchigia annua complessiva di 350 euro) e costa in media 109 euro al mese. Si tratta di un’assicurazione privata, ma è lo Stato a decidere cosa copre e, nel caso, a compensare alcune compagnie, che hanno in portafoglio molti clienti ad alto rischio. In buona sostanza, i Paesi Bassi rappresentano uno Stato in cui il tandem pubblico-privato sembra lavorare con efficacia per garantire una copertura sanitaria all’altezza a tutti i cittadini.

Spostiamoci ora nel Sud-Est Asiatico. A Singapore c’è un’assicurazione gestita dallo Stato che provvede alla copertura delle cure ricevute negli ospedali pubblici e che può essere integrata con polizze private. Senza di essa, la sola visita di pronto soccorso per un braccio rotto (inclusi test e radiografie) costerebbe 85 euro circa. In Giappone, invece l’assicurazione pubblica è obbligatoria, anche per i disoccupati (per chi lavora molto spesso è un benefit erogato dai datori di lavoro, compreso nel più ampio universo del welfare aziendale).  Per quanto riguarda invece l’intervento in pronto soccorso per un braccio rotto, i pazienti di solito pagano tra il 10% e il 30% del costo mentre il resto (su un totale di circa 600 euro) è coperto appunto dallo Stato. In Africa, in particolare in Nigeria, l’assicurazione privata (spesso stipulata dal datore di lavoro) è praticamente obbligatoria, se si pensa che un braccio fratturato, negli ospedali pubblici, può costare oltre 650 dollari esclusi i costi aggiuntivi.

Infine gli Stati Uniti, dove l’assicurazione è imprescindibile visti i costi altissimi della sanità. Nella zona di San Francisco rompersi un braccio e avere un’assicurazione con una franchigia elevata può costare anche 1200 dollari; in assenza di polizza il costo stesso sale alle stelle. La maggioranza degli americani ha un’assicurazione pubblica (i famosi piani Medicare e Medicaid finanziati dal Governo) o privata, che invece per molti cittadini è fornita dal datore di lavoro. Secondo le ultime ricerche, in particolare una realizzata dal centro di sondaggi Gallup, oltre l’11% degli americani non ha nessuna assicurazione sanitaria e per questo devono affrontare costi devastanti per affrontare un’emergenza medica.

Assistenza sanitaria per i conviventi more uxorio

La tutela dei conviventi, in Italia, è sempre stato un tema piuttosto dibattuto. Non soltanto a livello sanitario, ma per quanto riguarda principalmente tutti gli aspetti, economici e non, riguardanti due persone che hanno deciso di condividere un’avventura di vita senza sposarsi.

La famiglia non è infatti fondata solo sul matrimonio, ma su una comunione di vita a 360 gradi: per questo anche i conviventi (le cosiddette “coppie di fatto”) godono di gran parte dei diritti riconosciuti alle coppie sposate. Questo allargamento di tutela è il risultato di una interpretazione dei giudici che ha portato a un progressivo avvicinamento delle due figure: quelle delle coppie unite da matrimonio e quelle, invece, senza tale vincolo, cioè i cosiddetti conviventi more uxorio. Insomma, oggi i conviventi possono dire di aver raggiunto dei notevoli traguardi rispetto al passato. Questo percorso è culminato nella legge numero 76/2016, più nota come Legge Cirinnà, che oltre a creare l’istituto delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, ha disciplinato le convivenze di fatto e introdotto il contratto di convivenza.

La tutela dell’intero nucleo familiare

Dopo questo breve excursus storico, va ricordato che Assidai, sulla tutela dei conviventi, ha sempre avuto – ben prima di molti altri fondi o assicurazioni – una posizione ben precisa: la tutela dell’intero nucleo familiare. Che cosa significa? Semplice: i manager, i quadri e i professionisti che scelgono di aderire ad Assidai automaticamente scelgono di tutelare non solo se stessi ma l’intero nucleo familiare e, non solo il coniuge, ma anche il convivente more uxorio, qualora non siano sposati, e i figli fino a 26 anni. Il Fasi, per esempio, ha introdotto l’assistenza sanitaria a copertura del convivente more uxorio dell’iscritto nel giugno 2016, sottolineando come il raggiungimento di questo obiettivo fosse previsto dalle Parti Sociali in occasione del rinnovo del CCNL per i dirigenti industriali del 30 dicembre 2014.

Tutela sanitaria della famiglia senza contribuzione aggiuntiva

Ma c’è un altro elemento che differenzia Assidai da altri fondi sanitari integrativi o da alcune assicurazioni: è richiesto un contributo unico per l’intero nucleo familiare. Un elemento di fondamentale rilevanza, che si aggiunge al vantaggio di poter iscrivere ad Assidai tutta la propria famiglia. In altri fondi (o assicurazioni) è diverso: ove previsto dal piano scelto, è infatti possibile iscrivere al fondo stesso, su richiesta e con una contribuzione aggiuntiva, anche i componenti del nucleo familiare di ciascun aderente, ovvero sia coniuge, convivente more uxorio (coppie di fatto) e i figli fiscalmente a carico, secondo le vigenti disposizioni di legge, di uno dei due coniugi/conviventi.

La copertura sanitaria per i figli

In altri casi, ma con spese più elevate, i sottoscrittori di una polizza sanitaria in un’assicurazione possono optare per un contratto familiare che offre una protezione idonea al coniuge e ai figli. Purtroppo le spese medico-sanitarie per i bambini possono essere molto costose (per esempio con gli apparecchi dentali): la polizza sanitaria famiglia si pone l’obiettivo di coprire queste spese e, nel contempo, di beneficiare di un risparmio sui premi di polizza che, nel pacchetto famiglia, sono inferiori rispetto ai premi stipulati individualmente per ogni soggetto.

Anche Assidai sul tema della copertura dei figli è in prima linea.  Qualora i manager, i quadri e i professionisti che si iscrivono abbiano figli con età superiore ai 26 anni possono comunque garantire loro l’assistenza sanitaria integrativa attraverso il Piano Sanitario Familiari. Un aspetto da sottolineare ulteriormente in un contesto di welfare sociale dove le giovani generazioni si inseriscono più tardi rispetto al passato nel mondo lavorativo e, quindi, possono beneficiare di benefit, quali l’assistenza sanitaria integrativa, con ritardo rispetto ai loro genitori.

Grazie all’adesione al Piano Sanitario Familiari è possibile estendere l’assistenza sanitaria ai figli over 26 anni e fino a 55 anni e addirittura garantire l’assistenza sanitaria integrativa a tutto il loro nucleo familiare, sempre con lo stesso Piano Sanitario.

 

Welfare aziendale al centro di due eventi a Biella e a Novara

Biella – Assemblea annuale 2017 dell’Associazione Biellese Dirigenti Aziende Industriali

Domani 23 settembre 2017, il Presidente Assidai parteciperà all’Assemblea  Annuale 2017 e alla celebrazione  del 70° anniversario della fondazione dell’Associazione Biellese Dirigenti Aziende Industriali, al Relais Santo Stefano – Via Garibaldi, 5 Sandigliano (BI).

L’evento prevede il seguente programma aperto al pubblico:

  • Ore 10,40 – Relazione del Presidente di Federmanager Biella Renzo Penna
  • Ore 11,00 – Interventi di Assidai a cura del Presidente Tiziano Neviani
  • Ore 12,00 – Approfondimento sul tema : “The next big thing“ , ovvero il prossimo megatrend in arrivo: Industry 4.0 e altri macrofenomeni su impresa e società. A cura di Federico Mioni Direttore di Federmanager Academy.
  • Ore 12,45 – Conclude il vice Presidente Nazionale Federmanager Eros Andronaco.

Novara – Welfare globale: Aziendale e per il Pensionato Assistenza Sanitaria Integrativa, Previdenziale, Assicurativa e Professionale

A Novara il 5 Ottobre 2017 alle ore 17.30 presso il Centro Congressi dell’Albergo Italia – Via P. Solaroli, 8 – si terrà l’evento “Welfare globale: Aziendale e per il Pensionato Assistenza Sanitaria Integrativa, Previdenziale, Assicurativa e Professionale” organizzato da Federmanager Novara  Vercelli.

Ultimamente si parla sempre più di Welfare, ma sappiamo realmente qual è il suo significato più ampio? Si definisce Welfare Aziendale l’insieme delle iniziative volte ad incrementare il benessere del lavoratore e della sua famiglia. Questo nuovo sistema di retribuzione sta diventando sempre più punto fondamentale di ogni realtà lavorativa, indipendentemente dal settore di riferimento. Il bisogno di Welfare si può, dunque, definire universale. Sapere cos’è il Welfare è solo il primo passo per comprendere pienamente i vantaggi che derivano dall’attivazione di un piano, i cui benefici sono molteplici e bilaterali.

Federmanager è attiva da anni con le sue aziende per fornire servizi, non solo nell’area assistenza sanitaria, previdenziale e assicurativa, ma anche in quella delle politiche attive. Per tale ragione Federmanager Novara  Vercelli ha pensato di organizzare un evento in cui illustrare compiutamente quanto è possibile fornire ai soci, sia occupati che in pensione.

Per introdurre l’argomento è stato invitato Alberto Perfumo, AD di Eudaimon, azienda attiva nel campo Welfare da più di 15 anni.

Di seguito l’agenda della serata.

  • 17:30 Registrazione all’evento
  • 17:45 Inizio lavori col saluto di benvenuto dei Presidenti Federmanager di Novara-VCO e Vercelli Ubaldo Uberti
  • Eros Andronaco – Vice Presidente Federmanager –  introduzione al tema del Welfare come proposta di Federmanager Nazionale

A seguire:

  • Alberto Perfumo – Eudaimon “Che cos’è il Welfare?”
  • La Proposta FASI in ambito assistenza sanitaria integrativa
  • Tiziano Neviani – Presidente Assidai – “La Proposta ASSIDAI nell’ambito dell’assistenza sanitaria integrativa”
  • L’offerta di Previdenza integrativa di PREVINDAI
  • L’offerta assicurativa di PRAESIDIUM
  • Armando Occhipinti – PREVINDAPI e FASDAPI
  • Ettore Cambise –  CDi Manager “Politiche attive per i manager”
  • Carla Vernetti – I servizi offerti da CDC

Modalità di rimborso delle spese mediche

Invio cartaceo tramite posta, oppure online accedendo alla nuova area riservata Assidai. Sono queste, in estrema sintesi, le modalità con cui si possono chiedere al nostro Fondo i rimborsi per le prestazioni effettuate in convenzione indiretta, ovverosia quelle prestazioni non effettuate presso strutture o professionisti facenti parte delle strutture appartenenti al network convenzionato. Ciascun iscritto, ovviamente, in base alle proprie abitudini e alle “attitudini” verso la tecnologia, avrà la sua procedura preferita, anche se va sottolineato che il Fondo, negli ultimi anni ha sempre cercato di migliorare il servizio offerto, puntando su trasparenza, efficienza e risparmio di costi e tempi.

Con questi obiettivi, ormai quattro anni fa, Assidai ha lanciato la nuova procedura relativa alla presentazione della richiesta di rimborso online: un servizio innovativo messo a disposizione degli iscritti e rafforzato nel 2018 attraverso il lancio della nuova area riservata, che consente l’accesso sia da PC che da smartphone o tablet. La filosofia è chiara: semplificare il più possibile le procedure ed eliminare gli intralci burocratici per rubare sempre meno tempo agli iscritti, alzando al tempo stesso il livello della qualità del servizio. La filosofia è chiara: semplificare il più possibile le procedure ed eliminare gli intralci burocratici per rubare sempre meno tempo agli iscritti, alzando al tempo stesso il livello della qualità del servizio. 

Rimborsi online spese sanitarie: la novità piace agli iscritti

Proprio gli iscritti al Fondo, dal canto loro, hanno risposto con entusiasmo a queste novità. Per quanto riguarda la procedura di rimborso online, che riguarda ovviamente le prestazioni in convenzione indiretta, nel 2014 – anno di introduzione della novità – le richieste implementate online erano soltanto pari al 14,04% a fronte del 44,81% riconducibile al cartaceo (un altro 39,62% delle fatture è legato invece alle convenzioni dirette, ma come detto questo numero non è da prendere in considerazione). Soltanto un anno dopo, cioè nel 2015, le richieste di rimborso online sono balzate al 24,43% con un incremento di quasi il 75% mentre quelle sul cartaceo si sono praticamente dimezzate, crollando al 26,51% del totale. Ulteriore progresso nel 2016, quando i rimborsi sul web hanno toccato quota 32,45% contro il 17,56% del cartaceo. Il dato cumulato è eloquente: in meno di tre anni il ricorso all’online è più che raddoppiato, passando dal 14,04% al 32,45% mentre il cartaceo è passato dal 44,81% al 17,56%, con un calo del 61%.

Che vantaggi presenta, in definitiva, la procedura di rimborso online? Innanzitutto elimina i costi per l’invio della documentazione cartacea. Inoltre, la visualizzazione in tempo reale della richiesta inserita tra le pratiche di lavorazione consente una verifica immediata da parte degli assistiti, che così facendo hanno una perfetta visibilità e trasparenza su tempi e modalità di rimborso. Allo stesso tempo, la scelta di puntare sui rimborsi online ha avuto un impatto sulla vita strategica e operativa del Fondo e ha portato a ridisegnare la sua struttura organizzativa con rendicontazioni e assistenza nelle pratiche sempre più efficienti. 

La procedura di rimborso cartaceo: istruzioni per l’uso

Non va trascurato, tuttavia, che il rimborso cartaceo continua comunque ad avere un peso rilevante: evidentemente ci sono ancora alcuni iscritti che si sentono più a proprio agio con questa procedura e dunque è utile riassumerne i passaggi fondamentali. Da ciò sono escluse le prestazioni per la non autosufficienza le cui istruzioni sono riportate nell’apposito documento.

Innanzitutto, per richiedere il rimborso delle spese mediche sostenute è sempre necessario compilare e sottoscrivere l’apposito modulo di richiesta prestazioni: qualora la domanda di liquidazione non fosse redatta in modo corretto, non sarà possibile procedere con l’istruttoria della stessa. C’è poi il tema della documentazione necessaria ai fini della corretta evasione delle prestazioni. Per tutte i Piani Sanitari (ricovero, day hospital, intervento ambulatoriale, etc) andrà fornita la fotocopia delle fatture o ricevute di spesa; per gli iscritti ai Piani Sanitari integrativi il dettaglio di liquidazione del Fasi o altro Fondo primario. Al proposito è importante, per l’iscritto, conservare sempre copia della documentazione trasmessa ad Assidai, per eventuali utilizzi, con particolare riferimento a quelli fiscali; non potranno, infatti, essere soddisfatte eventuali richieste di fotocopiatura dei documenti di spesa inoltrati. Qualora l’iscritto, per errore, invii al Fondo la documentazione in originale, Assidai provvederà a trasmettere alle Compagnie di Assicurazione gli originali di spesa ricevuti che verranno dalle stesse conservati agli atti.

Inoltre, per il corretto espletamento delle domande di liquidazione è necessario, in caso di variazioni, procedere con l’aggiornamento delle informazioni anagrafiche. È sempre obbligatoria la comunicazione delle seguenti informazioni afferenti il capo nucleo e i componenti del nucleo familiare rientranti in copertura: nome e cognome, codice fiscale, data e luogo di nascita. Per il capo nucleo sono, inoltre, necessari i dati di seguito riportati: telefono e indirizzo e‐mail (ove disponibile). Infine, è obbligatoria la comunicazione del codice Iban del capo nucleo, che sarà utilizzato anche nel caso di prestazioni riguardanti i familiari ancora inseriti nel nucleo dell’iscritto principale (ovvero, coniuge, convivente more uxorio, figli di età inferiore ai 26 anni o invalidi).

 

Novità 2017 nelle prestazioni per la non autosufficienza

Assidai è da sempre in prima linea sulla copertura Long Term Care, ovvero l’insieme dei servizi sociosanitari forniti con continuità a persone che necessitano di assistenza permanente a causa di disabilità fisica o psichica. Se due anni fa la copertura era stata estesa anche al coniuge o al convivente more uxorio dell’iscritto, nel 2017 sono state introdotte ulteriori novità molto positive e rilevanti, che evidenziano una sempre maggiore attenzione da parte del Fondo nei confronti degli iscritti e su un tema certamente delicato.

Copertura LTC e non autosufficienza: ecco di cosa stiamo parlando

Prima di vedere tutte le novità è necessario tuttavia fare un passo indietro per fornire una definizione precisa sulla “non autosufficienza”. Essa varia in base all’età dell’assistito:

  • fino a 65 anni la perdita di autosufficienza avviene quando l’assistito a causa di una malattia, di una lesione o la perdita delle forze si trovi in uno stato tale da aver bisogno, prevedibilmente per sempre, quotidianamente e in misura notevole, dell’assistenza di un’altra persona nel compiere almeno quattro delle seguenti sei attività elementari della vita quotidiana: lavarsi, vestirsi e/o svestirsi, mobilità, spostarsi, andare in bagno, bere e/o mangiare.
  • Dal 66esimo anno di età, la perdita di autosufficienza avviene quando l’assistito è incapace di compiere in modo totale, e presumibilmente permanente, almeno tre delle attività elementari della vita quotidiana (sopra citate) e necessita di assistenza continuativa da parte di una terza persona per lo svolgimento delle stesse.

Le novità del Fondo sulle prestazioni per la non autosufficienza

Passiamo ora alle novità recentemente introdotte dal Fondo. La tutela Long Term Care per coloro che sono nella fascia di età sotto 65 anni è stata allargata a tutto il nucleo familiare dell’iscritto con aumento del 30% della rendita in caso di presenza di un figlio minore e fino alla sua maggiore età, e raddoppio della rendita in presenza di un figlio già non autosufficiente. Dunque, la tutela è estesa, quindi, anche ai figli fino al ventiseiesimo anno e, qualora l’assistito non risulti autosufficiente, è garantito il pagamento di una rendita annua vitalizia immediata, erogata in rate mensili di 1.100 euro fintanto che il percipiente è in vita. Detto in altri termini, in caso di riconoscimento dello “stato di non autosufficienza” dell’assicurato che ha un figlio minorenne, l’ammontare della rendita annua è pari a 17.160 euro (in precedenza era di 13.200 euro) fino al raggiungimento della maggiore età del figlio minore. Se invece si tratta di un figlio disabile l’ammontare stesso passa da 13.200 a 26.400 euro.

Il pacchetto garantito agli over 66 anni, invece, è stato arricchito con ulteriori importanti prestazioni, anche se gli iscritti sono autosufficienti: assistenza fisioterapica a domicilio (nel caso di fratture del femore, delle vertebre o del bacino), assistenza a domicilio tramite operatore socio-sanitario, spesa a domicilio, consegna farmaci presso l’abitazione e custodia animali (queste ultime tre fattispecie previste in caso di fratture del femore, delle vertebre, del bacino o del cranio).

Long Term Care, un’emergenza che chiama in causa i fondi sanitari integrativi

Il nodo dell’LTC, in Italia come nei principali Paesi industrializzati, è destinato a essere sempre più di attualità. Secondo l’ultimo rapporto del Censis sul tema, nel nostro Paese il 5,5% della popolazione, ovvero 3.167.000, non è autosufficiente. Tra questi, le persone con non autosufficienza grave, in stato di confinamento, ossia costretti in via permanente a letto, su una sedia o nella propria abitazione per impedimenti fisici o psichici, sono quasi la metà, per l’esattezza 1.436.000. Inoltre, il modello tipicamente italiano – fatto secondo il Censis di una “centralità della famiglia con esercizio della funzione di caregiving e presa in carico della spesa per le esigenze dei non autosufficienti oltre che di un mercato privato di assistenza in cui l’offerta è garantita per la gran parte da lavoratrici straniere” – scricchiola. A rivelarlo è un altro dato eloquente: il 50,2% delle famiglie con una persona non autosufficiente (contro il 38,7% del totale delle famiglie) ha a disposizione risorse familiari scarse. Per fronteggiare il costo privato dell’assistenza ai non autosufficienti, ancora il Censis sottolinea che 910mila famiglie italiane si sono dovute “tassare”, mentre altre 561mila hanno utilizzato tutti i propri risparmi, vendere la casa o indebitarsi. Tutto ciò deriva anche dall’approccio dei cittadini alla non autosufficienza, che viene affrontata solo quando è conclamata: specificatamente, il 30,6% dei cittadini non ci pensa e il 22,7% vedrà il da farsi quando accadrà. Il resto della popolazione conta sui risparmi accumulati (26,1%), sul welfare (17,3%) e sull’aiuto dei familiari (17%).

Numeri che fanno capire come il tema della copertura LTC, per essere sostenibile, ha bisogno di una “stampella” privata, offerta per esempio da fondi sanitari integrativi come Assidai. Del resto, c’è un’altra criticità, altrettanto rilevante, destinata ad aumentare il peso dell’LTC nei prossimi anni. Il nostro Paese detiene il primato della popolazione più anziana in Europa con il 22% di ultra 65enni nel 2015 (di cui circa la metà oltre i 75 anni). Una quota che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, dovrebbe crescere fino al 33% entro la metà del secolo. In Italia, inoltre, secondo le stime della Ragioneria Generale dello Stato, la spesa pubblica per LTC ammonta all’1,9% del Prodotto Interno Lordo, di cui circa due terzi erogati a soggetti con più di 65 anni. Il 90% di tale esborso è composto, in parti pressoché uguali, dalla componente sanitaria della spesa e dalle indennità di accompagnamento. Spesa che lo Stato italiano e gli enti pubblici sono purtroppo sempre meno in grado di sostenere.

 

Differenza tra prestazioni eseguite in convenzione diretta e indiretta

Innanzitutto, per chiarezza, le definizioni. Si parla di convenzione diretta, quando l’iscritto Assidai usufruisce di strutture e/o di professionisti facenti parte del network convenzionato e non anticipa la spesa relativa alla prestazione socio-sanitaria di cui ha bisogno. Nella convenzione indiretta, invece, il paziente rivolgendosi a strutture e/o professionisti non convenzionati anticipa integralmente le prestazioni erogate e richiede poi il rimborso al proprio Fondo, nel caso specifico Assidai.

Convenzione diretta, vantaggi per il Fondo e per l’iscritto

Per quanto riguarda Assidai, l’utilizzo dei convenzionamenti diretti per l’accesso alle prestazioni sta diventando ormai sempre più frequente e quasi naturale. Una sorta di strada maestra che presenta vantaggi sia per il Fondo (che così facendo tiene sotto controllo l’evolversi della spesa sanitaria) sia per gli iscritti, che non anticipano denaro quando devono svolgere delle cure.

Del resto, attraverso l’utilizzo delle strutture convenzionate appartenenti al network Assidai i costi sono calmierati e ciò consente di realizzare efficienze ed economie di scala che vengono poi trasformate in ulteriori vantaggi per gli iscritti, per esempio con modesti (se non nulli) incrementi del costo del contributo di iscrizione annuo.

Usufruire di prestazioni in convenzione diretta garantisce vantaggi anche per gli iscritti, che così facendo non anticipano la spesa e non hanno dunque alcun esborso economico. Vale la pena ricordare che tutte le tipologie di prestazioni possono essere richieste in convenzionamento diretto e la spesa calmierata fa sì che ci sia maggiore capacità di rimborso da parte del Fondo poiché i massimali messi a disposizione vengono erosi più lentamente.

La rete convenzionata: i numeri e come accedervi

La rete convenzionata di Assidai si appoggia al circuito Generali.

Per informazioni in merito ai convenzionamenti diretti contattare dall’Italia il Numero Verde 800 855 888 e dall’estero il numero +39 02 67398752. I numeri sono operativi dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle ore 19.00 e il sabato dalle ore 9.00 alle ore 14.00.

Per consultare l’elenco delle strutture convenzionate clicca qui

Ricerca Assidai-Ipsos sul luogo di lavoro ideale

Il luogo di lavoro ideale per alcuni deve essere un posto in cui è facile capire quanto il contributo di ciascuna risorsa sia effettivo e di reale aiuto all’azienda. Per altri un luogo che valorizza i suoi protagonisti. Per altri ancora una sorta di “viaggio” in cui la strada non è tracciata e dove è permesso fare esperienze molteplici e sempre diverse. Il “best place to work”, cioè il luogo di lavoro ideale, è sicuramente un tema che riguarda tutti: del resto, proprio sul lavoro, passiamo buona parte della nostra giornata e spesso anche la nostra vita privata (e il nostro umore) risultano essere condizionati dall’andamento della professione.

I giovani puntano sull’equilibrio lavoro-vita privata: il ruolo del welfare

Una recente ricerca svolta da Assidai in collaborazione con Ipsos ha cercato proprio di definire quale sia il luogo di lavoro ideale interpellando sia 2.943 dirigenti e quadri di aziende industriali, di tutte le funzioni aziendali, sia 260 responsabili delle risorse umane in tutta Italia. Il responso? Secondo la prima categoria, cioè i dirigenti, la principale caratteristica che deve avere il “best place to work” è quella della visione del futuro (votata dal 67% degli intervistati). In sostanza l’azienda deve essere capace di guardare in prospettiva, ma anche di coinvolgere i propri manager nelle decisioni (56%) e di prendersi cura dei dipendenti e della loro crescita professionale (50%, un aspetto sottolineato in particolare dai giovani). Non solo: ci sono anche i temi dell’onestà e della correttezza (44%) e quelli del corretto equilibrio tra vita privata e professionale (43%). Anche quest’ultima richiesta emerge con forza tra i giovani manager che desiderano venga garantito un equilibrio tra vita privata e professionale, con un orario di lavoro flessibile e la possibilità di lavorare da remoto. Proprio questo equilibrio può essere favorito dall’apporto del welfare aziendale, che nelle sue molteplici forme (tra cui i fondi sanitari integrativi come Assidai) aiuta il dipendente a conciliare nel miglior modo possibile le necessità personali con gli adempimenti lavorativi.

A questo proposito è interessante vedere come i manager hanno risposto a un’altra domanda. Cioè: quale di queste caratteristiche assocerebbe all’azienda presso cui lavora? Spicca l’accezione “internazionale” (51%), seguito da “conosciuta” (43%), onesta e corretta (42%), responsabile socialmente e rispettosa delle persone (35%), che ha visione del futuro (29%) e che offre un’adeguata copertura sanitaria (29%).

Per attirare i talenti bisogna prendersi cura di loro

Infine, come sempre, è anche utile provare a mettersi “dall’altra parte della barricata”, cioè nei panni di chi dà lavoro, cioè le aziende? Secondo i responsabili delle risorse umane quale caratteristiche deve avere un’azienda per essere attrattiva nei confronti dei manager più talentuosi? In questo caso il sondaggio svolto da Ipsos in collaborazione con Assidai parla chiaro: col 50% di risposte spiccano una società che “si prende cura dei dipendenti” e che “ha una visione del futuro”. Seguono, con un distacco comunque importante, una “retribuzione adeguata”, “onesta e correttezza” dell’azienda e un’offerta “costante di formazione ai dipendenti”.

I premi Best Workplaces 2017: chi vince in Italia

Per concludere, può essere interessante scorrere la classifica stilata ogni anno dal Great Place to Work Institute (un’azienda globale di ricerca, consulenza e formazione) sul miglior posto di lavoro in Italia. I premi Best Worplaces 2017 sono il frutto di una classifica che nasce soprattutto dal giudizio delle persone che, compilando un apposito questionario, assegnano alla loro azienda il titolo di Best Workplace. Le domande mettono in evidenza come un ambiente di lavoro eccellente sia caratterizzato da tre relazioni fondamentali: una relazione di fiducia reciproca con il management aziendale, il rapporto di orgoglio per il proprio lavoro e per l’organizzazione di cui si fa parte e la qualità dei rapporti con i colleghi. Ma chi ha vinto la classifica 2017? Tra le piccole aziende Cadence Design Systems (attiva nell’information technology), tra le medie Cisco System (telecomunicazioni) e tra le grandi Hilton (alberghi).

I benefici fisici ed economici della prevenzione sanitaria

I sistemi sanitari nazionali europei, a partire da quello italiano, non sono ancora pronti per sostenere la domanda di cura di una popolazione sempre più anziana. È partendo da questo presupposto che, negli ultimi anni, la prevenzione sta assumendo un ruolo sempre più importante, anche se ad oggi, nel nostro Paese, purtroppo c’è ancora scarsa consapevolezza sul tema. Un recente sondaggio di Federmanager, infatti, ha evidenziato che soltanto il 9% dei manager interpellati giudicavano “molto adeguata” la conoscenza di questo tema.

La prevenzione come fattore di crescita: parla il Ministro Lorenzin

A questo proposito, è utile ricordare la posizione espressa dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, secondo la quale la salute della popolazione è un fattore ormai riconosciuto della crescita economica: un Paese sano lavora, produce e ha una minore richiesta di assistenza sanitaria. Per questo, sottolinea la Lorenzin,

“promuovere la salute di tutti i cittadini ad ogni età favorisce anche la costruzione di una società più sostenibile, in particolare in un periodo di crisi, investendo nella prevenzione e nella lotta alle malattie croniche, principali cause di mortalità e cattive condizioni di salute”.

Non solo, l’attuale quadro epidemiologico,

“caratterizzato dalla prevalenza delle malattie cronico-degenerative, e il ruolo assunto nel causarle da fattori comportamentali e stili di vita (scorretta alimentazione, sedentarietà, fumo, abuso di alcol), ha evidenziato quanto sia importante investire sulla promozione della salute e sulla prevenzione”,

aggiunge la Lorenzin. Per questo, con il Programma “Guadagnare salute: rendere facili le scelte salutari”, approvato dal Governo in accordo con le Regioni e le Province autonome, l’Italia ha adottato, a livello nazionale, una strategia per promuovere la salute come bene pubblico, attraverso l’integrazione tra le azioni di cui sono responsabili i singoli cittadini e quelle che competono alla collettività. Successivamente, il Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018 ha individuato obiettivi a elevata valenza strategica, perseguibili contemporaneamente da tutte le Regioni, partendo dagli specifici contesti locali. Il Piano prevede strategie di popolazione finalizzate a diffondere e facilitare la scelta di stili di vita sani e attivi, attraverso programmi di promozione della salute che adottano un approccio trasversale ai determinanti di salute. Senza trascurare il Piano Vaccinazioni e la prevenzione delle malattie trasmissibili.

Assidai e la campagna Manager in Salute

Dal canto suo, sul fronte della prevenzione, Assidai ha lanciato la campagna Manager in Salute, con cui il Fondo ha offerto gratuitamente ai propri iscritti la possibilità di usufruire di un test cardiovascolare da sforzo e di un controllo bioimpedenziometrico, che permette di misurare la composizione corporea tra massa grassa e massa magra. Entrambi sono esami che rientrano nella prevenzione primaria: il costante monitoraggio di questi e altri fattori, in base alla più recente letteratura scientifica, è strettamente correlato ad una maggiore longevità.

Cos’è la prevenzione primaria?

Ma che cosa è esattamente la prevenzione primaria? Riguarda un soggetto sano e ha l’obiettivo di mantenere le condizioni di benessere e di evitare la comparsa di malattie. Nel dettaglio, si realizza mettendo in campo una serie di attività o interventi che potenziano i fattori utili alla salute e correggono eventuali comportamenti che possono invece causare malattie. L’obiettivo è il benessere psicofisico e la riduzione del rischio legato all’insorgere di malattie.

Passiamo a qualche esempio concreto. La prevenzione primaria si può concretizzare in stili di vita sani e corretti: dormendo il giusto numero di ore oppure evitando l’eccessivo aumento di peso o della circonferenza vita. Essere sovrappeso, infatti, non è soltanto un tema estetico ma soprattutto può essere dannoso nel medio e lungo termine, accelerando l’invecchiamento e creando uno squilibrio ormonale consistente. Come evitare tutto ciò? Per esempio cercando di effettuare, ogni giorno, degli spostamenti a piedi oppure assumendo una piena consapevolezza di quello che mettiamo nel piatto. A partire dalla colazione, che – secondo la specialista in Medicina Interna, Sara Farnetti, “guru” della nutrizione funzionale- non deve essere troppo ricca di zuccheri. È molto utile, sempre per l’esperta, spezzare la mattinata e il pomeriggio con cibi “amici” come cioccolato fondente, pistacchi, mandorle o pinoli. Il pranzo deve essere leggero, meglio se con un solo carboidrato (pasta o pane) o meglio ancora, uno stimolo proteico come pesce, carne o uova e una piccola quota di carboidrati. Alla sera, invece, per riposare meglio, andrebbero evitate le proteine per preferire riso o pasta (massimo 80-90 grammi) al dente mantecati nell’olio extravergine caldo per renderli più facili da digerire e da gestire a livello metabolico.

La prevenzione dei tumori: il caso del seno

Altro capitolo è quello che riguarda la prevenzione dei tumori, in particolare quello al seno, dove evidentemente il fattore tempo è a dir poco cruciale. In questo caso il messaggio lanciato dai medici, e in particolare da un’esperta in materia come Chiara Pistolese (medico chirurgo che da più di 20 anni si dedica alla diagnostica senologica) è chiaro: se c’è qualcosa è meglio scoprirlo subito così non diventa un problema. La prevenzione, per il cancro al seno, ha permesso di ridurre il tasso di mortalità dell’11% negli ultimi 10 anni. Per le donne il momento migliore per iniziare è tra i 35 e i 40 anni: gli esami vanno effettuati una volta l’anno e, cosa più importante, la mammografia va sempre associata in modo contestuale all’ecografia.

Una ricerca sulla conoscenza dei fondi sanitari integrativi

In Italia c’è ancora molto da lavorare sulla conoscenza dell’assistenza sanitaria integrativa in azienda. E non solo – è bene sottolineare – per quanto riguarda i dipendenti o i manager, ma soprattutto per i responsabili delle risorse umane (HR), cioè coloro che dovrebbero padroneggiarla meglio: ormai si tratta infatti di coperture e garanzie che sempre più spesso vengono utilizzati come benefit e contribuiscono alla cosiddetta “total compensation”. Gli stessi manager, quando si trovano davanti a un’offerta di lavoro, oggi valutano ormai non solo la componente economica ma anche altri aspetti, che contribuiscono a creare un migliore equilibrio tra professione e vita personale, tra i quali figurano i pacchetti di welfare aziendale. E una componente importante di essi, come noto, è l’assistenza sanitaria integrativa.

Partendo da questo presupposto, in occasione dei 25 anni di Assidai, Ipsos ha svolto un’indagine per testare proprio la conoscenza dell’assistenza sanitaria integrativa in azienda, interpellando un ampio campione di responsabili delle risorse umane. In tutto gli intervistati sono stati 260, facenti parte prevalentemente di aziende industriali, per il 58% uomini e il 42% donne mentre, sotto il profilo geografico, il 37% proviene dal Nord Ovest, il 28% dal Nord Est, il 17% dal Centro Italia e il 18% dal Sud e dalle isole. In altre parole, in Italia la conoscenza dei fondi di assistenza sanitaria integrativa contrattuali e dei fondi sanitari non contrattuali lascia ancora a desiderare.

HR e dirigenti “rimandati a settembre” sui fondi sanitari integrativi

Vediamo i numeri nel dettaglio. L’88% dei responsabili delle risorse umane (HR) italiani sa che l’assistenza sanitaria è una tutela che integra le prestazioni offerte dal sistema sanitario nazionale, ma ben il 33% (quindi uno su tre) ammette di avere una conoscenza superficiale del tema. Il 79% degli HR sa invece dell’esistenza di fondi sanitari non contrattuali che integrano l’assistenza offerta dai fondi sanitari di primo livello garantiti dal CCNL, anche se soltanto il 39% ritiene di conoscerli in modo approfondito.

E i dirigenti o i quadri quanto sono preparati invece su questi temi? Anche in questo caso c’è parecchio da migliorare. Solo il 52% dichiara infatti di avere una conoscenza approfondita sul funzionamento dell’assistenza sanitaria integrativa (il 43% ammette un grado “superficiale”). Invece, addirittura soltanto il 29% giudica di conoscere in modo approfondito i fondi sanitari non contrattuali che integrano i fondi sanitari di primo livello (il 51% si attesta al livello di conoscenza “superficiale” e un 14% ne ha solo sentito parlare).

Assidai: il fondo sanitario integrativo più conosciuto in Italia

Insomma, c’è ancora molto da lavorare anche se per Assidai c’è una statistica decisamente confortante: è infatti, sempre secondo l’indagine Ipsos, il fondo sanitario integrativo più noto tra gli HR con il 32%, praticamente doppiato il secondo fondo in classifica (che totalizza il 16%) grazie alla gamma dei servizi offerti, alla possibilità di mantenere l’assistenza da pensionato e alla diffusione delle strutture convenzionate del fondo. Senza dimenticare il fatto che Assidai è più conosciuto nelle aree a più forte concentrazione di imprese del Paese come il Nord Est e il Centro, rispettivamente dal 45% e dal 39% degli intervistati.

Ma la strada da percorrere in futuro la traccia un’altra statistica, proveniente sempre dalla ricerca di Ipsos. Ben il 34% dei dirigenti interpellati dichiara che come strumento di welfare offerto dall’azienda vorrebbe un’assistenza sanitaria: una voce che, in questa speciale classifica, stacca nettamente la seconda preferita e cioè le pensioni, ferme al 12%. Un dato, ancora una volta, eloquente che evidenzia quanti e quali margini di sviluppo ha l’assistenza sanitaria integrativa stessa in Italia. Va rilevato, in questo senso, che già negli ultimi due anni i progressi realizzati sono stati importanti anche grazie all’impegno messo in campo dal Governo nelle ultime due Leggi di Stabilità sul fronte delle agevolazioni fiscali a favore dell’assistenza finanziaria integrativa. Del resto, anche l’Esecutivo è consapevole che soltanto con lo sviluppo di un supporto privato (ma non alternativo) al Servizio Sanitario Nazionale (SSN), l’intero sistema può reggere all’urto dell’invecchiamento della popolazione e della continua riduzione dei budget pubblici.

Il binomio donne-lavoro e la necessità di assistenza sanitaria in Italia

Il binomio donna-lavoro è da sempre oggetto di un acceso dibattito, in Italia come in tutti i principali Paesi industrializzati. Negli ultimi anni i passi in avanti sono stati molti – a partire dall’introduzione delle quote rosa nei consigli di amministrazione delle società – ma ancora oggi molte manager, dirigenti, professioniste e consulenti devono fare i conti con pressioni quotidiane, da conciliare – spesso più frequentemente rispetto ai colleghi uomini – con impegni personali e soprattutto familiari. Qualche esempio? La maternità e la cura dei figli o l’occuparsi di persone appartenenti al nucleo familiare non più autosufficienti.

Uno studio sugli equilibri donna-lavoro

Uno studio elaborato in passato da Assidai e Sda Bocconi evidenziava, per esempio, possibili percorsi per equilibrare la vita personale con quella lavorativa oppure la necessità di un’organizzazione più orientata a una migliore distribuzione e gestione del lavoro. In quest’ottica, il welfare aziendale – nelle sue molteplici declinazioni – può essere molto utile così come l’attenzione alle tematiche della salute, in cui diventa cruciale mettere a disposizione del dipendente forme di controllo e prevenzione o piani sanitari ad hoc, anche e soprattutto per quanto riguarda la cosiddetta Long Term Care (LTC), che tocca il delicato tema della non autosufficienza.

Questi sono tutti temi su cui Assidai, negli ultimi anni, ha sempre lavorato in prima linea. A partire proprio dalla copertura LTC che inizia ad avere un ruolo sempre più centrale per il sistema sanitario italiano, se si pensa che già oggi siamo il paese più vecchio in Europa, con il 21,4% dei cittadini over 65 e il 6,4% over 80, e il secondo nel mondo, dietro soltanto al Giappone. La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), peraltro, stima che in tutto il mondo, entro il 2050, raddoppierà il numero degli over 60 – passando dai 900 milioni di oggi ai due miliardi.

E molto spesso, come già detto, è proprio la donna a doversi occupare di familiari non autosufficienti, sottraendo tempo ed energie al lavoro e alla famiglia stessa. Il quadro è tutt’altro che roseo: stando a un’indagine effettuata negli anni scorsi da Assidai, un italiano su tre non ha fatto assolutamente nulla per “prevenire” i possibili effetti negativi, a livello di malattie o perdita di autonomia, del proprio invecchiamento. Solo quattro italiani su 10, invece, hanno attivato la doppia risposta (prevenzione più assistenza sanitaria integrativa) anche se solo la metà di loro si sente davvero coperta dai rischi dell’invecchiamento.

Senza dimenticare un altro elemento che riguarda le donne e Assidai: a partire dal 2013, è stata introdotta una specifica garanzia in tutti i Piani Sanitari che prevede il rimborso dei ricoveri per gli interventi a scopo ricostruttivo a seguito di mastectomia o quadrantectomia. E vale la pena ricordare che la maggior parte di assicurazioni e fondi non hanno questo tipo di garanzia. Stiamo parlando di interventi chirurgici al seno legati, il più delle volte, a casi di cancro. E qui assumono un aspetto molto rilevante la prevenzione e la diagnosi precoce che aiutano, infatti, ad abbattere in misura significativa la mortalità legata al tumore al seno, il più frequente per le donne (ne colpisce una su otto nell’arco della vita).