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Ambrosetti, allarme sulla salute globale “Più rischi con i cambiamenti climatici”

Pubblicato il 21 Dicembre 2022 Ilaria Pillai In Welfare24 /  

Il rapporto 2022 di Meridiano Sanità: il 24% dei decessi legato a fattori ambientali

Nel mondo il 24% dei decessi negli adulti e il 28% nei bambini sotto i 5 anni sono attribuibili a fattori ambientali modificabili, di cui oltre 7 milioni legati all’inquinamento atmosferico. La vulnerabilità della salute del Pianeta espone la popolazione non solo a un rischio maggiore di epidemie, ma anche di malattie croniche non trasmissibili: il 62% dei decessi globali associabili ai fattori ambientali è dovuto a queste patologie (8,5 milioni su 13,7 milioni). Questi alcuni dei principali dati illustrati nella XVII edizione del Rapporto annuale di Meridiano Sanità, realizzato dall’omonimo Think Tank di The European House – Ambrosetti, nato nel 2005 per dialogare sul futuro della sanità in Italia.

Lo studio, che si è avvalso – come punto di partenza – delle statistiche fornite dalle istituzioni più autorevoli a livello globale, a cominciare dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità, ha evidenziato come la salute sia il risultato di una combinazione di una molteplicità di elementi sociali, politici ed economici (ad esempio il luogo in cui si vive, la qualità dell’ambiente circostante, la genetica, lo stile di vita, il reddito e il livello di istruzione). Tra i principali determinanti, quelli ambientali stanno assumendo una rilevanza sempre maggiore a cominciare dall’inquinamento e dal cambiamento climatico. Un esempio su tutti: la cattiva qualità dell’aria rappresenta un punto particolarmente critico per l’Italia: secondo le ultime stime della European Environmental Agency, infatti, il 17% dei decessi per inquinamento nel Vecchio Continente si verifica nel nostro Paese. A ciò si aggiunge un quadro in chiaroscuro a livello globale. Stando alle ultime stime dell’Indice di Sviluppo Umano, l’indicatore composito elaborato dalle Nazioni Unite per misurare e comparare lo stato di benessere delle popolazioni dei diversi Paesi, gli effetti della pandemia, acuiti anche dalle conseguenze del conflitto russo-ucraino, hanno portato indietro di 5 anni la storia del progresso globale.

A questa performance negativa – si tratta della prima volta in 32 anni che l’Indice non cresce per due anni consecutivi – hanno contribuito in maniera significativa il peggioramento dell’aspettativa di vita alla nascita, registrato nel 70% dei Paesi del mondo, e la riduzione del reddito medio pro-capite, nell’85% dei casi. Allargando la prospettiva a un perimetro temporale più ampio, tuttavia, la narrativa cambia completamente. Considerando anche in questo caso il 1990 come punto di partenza, l’aspettativa di vita globale è infatti aumentata di oltre 7 anni, passando dai 65,4 anni di trent’anni fa ai 73 attuali. Nello stesso periodo, è migliorata anche l’aspettativa di vita in buona salute (+13,3%), si è ridotto il tasso di mortalità infantile nei primi 5 anni di vita (-60,6%) così come la mortalità prematura per malattie non trasmissibili (-29%). Il trend di lungo periodo, in buona sostanza, è positivo ma solo un aumento rilevante dell’attenzione sul fronte del clima può permetterci di superare le difficoltà incontrate negli ultimi tre anni e di puntare a un ulteriore miglioramento del livello di salute e di benessere a livello globale.

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