Il punto di vista di Stefano Cuzzilla, Presidente Federmanager
Molti fattori concorrono allo stare bene in azienda: dal clima aziendale al senso di appartenenza a un’organizzazione, passando dal welfare e in particolare dai servizi per la salute. Avere un buon lavoro, oggi, non significa solo avere una posizione sociale riconosciuta e un buon reddito, ma anche essere impegnati in un’attività conciliabile con le proprie esigenze e le aspirazioni personali. Le azioni per la salute e il welfare risultano tra i filoni di intervento più apprezzati da lavoratrici e lavoratori e non è un caso che rappresentino il nuovo terreno di sfida delle aziende per motivare chi già è impiegato a restare e per attrarre nuovi lavoratori. La connessione tra nuovi bisogni e sviluppi del welfare aziendale è confermata dal 5° rapporto sul Welfare occupazionale e aziendale in Italia, in cui si evidenzia che uno dei rischi incombenti di maggior rilievo, per effetto della curva demografica, è dato dalla copertura della non autosufficienza e dalle conseguenze di una vita più lunga. Anche i giovani manifestano un’attenzione significativa alle politiche organizzative orientate al benessere e al welfare in azienda. Questa nuova interpretazione del senso attribuito al lavoro ha rappresentato per me la spinta per scrivere, insieme a Manuela Perrone, il libro “Il buon lavoro. Benessere e cura delle persone nelle imprese italiane”, edito da Luiss University Press per la collana Bellissima, uscito recentemente nelle librerie. Un saggio mi auguro utile per riflettere sul cambiamento in atto.