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acqua corpo bioimpedenziometrico

Dimmi quanta acqua hai e ti dirò chi sei

Pubblicato il 19 Maggio 2016 Giovanni Zingaretti In Welfare24 /  1

Con il controllo bioimpedenziometrico si misura l’idratazione dell’individuo, la massa grassa e quella madra. Indicazioni preziose per correggere stili di vita sbagliati.

Un uomo adulto di 70 chili dovrebbe avere 45 litri d’acqua nel proprio corpo, circa il 65%. Un neonato, invece, è idratato all’80%, mentre una persona molto anziana scende al 50%. Bastano questi dati per capire che invecchiare è un lento disidratarsi. Al tempo stesso è fisiologicamente provato, che la carenza di acqua rende difficile il buon funzionamento di qualsiasi attività del nostro corpo. È dunque importante essere idratati per poter star bene, e far sì che tutti i meccanismi fisiologici e metabolici funzionino al meglio: per esempio, una diminuzione del 2% d’acqua a livello intracellulare compromette seriamente la prestazione di un atleta mentre la diminuzione del 7% può causare gravi danni all’organismo.

L’importanza del test bioimpedenziometrico

Questa lunga premessa era necessaria per fare intuire l’importanza di sottoporsi periodicamente a un test bioimpedenziometrico, che molto semplicemente misura la quantità d’acqua presente nel nostro organismo. Esso viene effettuato attraverso un’apparecchiatura medicale e non è assolutamente doloroso: basta stare sdraiati e dura una decina di minuti.

Il campo di applicazione di questo test è praticamente infinito: in base al livello di idratazione di una persona si può poi intervenire modificando l’allenamento (per uno sportivo), l’alimentazione o semplicemente lo stile di vita. Ma per capire l’estrema utilità di questo test va anche osservato che misura la presenza d’acqua sia intracellulare sia extracellulare e matematicamente estrapola tantissimi dati, tra cui la massa grassa e la massa magra con un ottima precisione se si è in normoidratazione. In pratica, divide il corpo in tre compartimenti: grasso, magro e acqua.

Ma come viene effettuato in concreto il test bioimpedenziometrico? Vengono applicati degli elettrodi sulle mani e sui piedi e lo strumento induce un passaggio di una lieve corrente elettrica attraverso il corpo. Lo strumento misura così la resistenza offerta dall’organismo a questa corrente e ricava tutti i dati.

Elettrocardiogramma sotto sforzo, testarsi come atleti per un cuore in salute

Un conto è controllare gli ingranaggi della nostra macchina quando è in garage, un altro spingerla al massimo e sentire se il motore gira al meglio. È questa la filosofia del test cardiovascolare da sforzo (anche detto ECG sotto sforzo): un esame che consiste nella registrazione dell’elettrocardiogramma appunto durante uno sforzo fisico. Ciò a differenza dell’elettrocardiogramma basale, che diversamente viene registrato in condizioni di riposo. In questo modo è possibile esaminare la risposta dell’apparato cardiocircolatorio all’esercizio fisico, in particolare per quanto riguarda la frequenza cardiaca, i cambiamenti della pressione arteriosa ed eventuali alterazioni del tracciato elettrocardiografico. Durante lo sforzo fisico, infatti, aumentano le richieste di lavoro al cuore, mettendo in evidenza eventuali alterazioni che non si manifestano a riposo.

L’elettrocardiogramma da sforzo può essere considerato l’esame cardine nella cardiopatia ischemica, soprattutto in tema di prevenzione: un elemento cruciale specie per chi, come i manager, è purtroppo spesso soggetto a vita sedentaria. Questo test permette, infatti, di diagnosticare la cardiopatia ischemica in una persona con episodi di dolore toracico che fa sospettare un’angina pectoris oppure di valutare la gravità di una cardiopatia ischemica nota, per esempio tenendo sotto controllo una persona che ha avuto un infarto o soffre di un’angina stabile. Non solo: l’elettrocardiogramma sotto sforzo consente di valutare l’efficacia di una terapia farmacologica e i rischi di alcuni casi particolari di aritmie.

Come si svolge esattamente il test? Si applicano al paziente elettrodi adesivi sul torace e sul dorso, con cui si registra inizialmente un elettrocardiogramma basale. Il paziente stesso inizia poi lo sforzo fisico, solitamente pedalando su una cyclette oppure camminando su un tappeto rotante. Lo sforzo è progressivo e viene incrementato aumentando la resistenza opposta dai pedali del cicloergometro o la velocità del tappeto rotante. Si continua a far crescere il carico di lavoro fino a raggiungere un determinato valore di frequenza cardiaca, calcolato dal medico in base al sesso e all’età del paziente.

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