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infarto

L’inquinamento dell’aria aumenta il rischio di infarto

Pubblicato il 30 Settembre 2022 Andrea Bertoni In Home page, News /  

L’inquinamento dell’aria soffoca i vasi del cuore e può provocare l’infarto, anche in un cuore sano. Ad affermarlo è uno studio coordinato dai dottori Rocco Antonio Montone e Filippo Crea, cardiologi di Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS- Università Cattolica, campus di Roma, presentato recentemente al congresso della Società Europea di Cardiologia di Barcellona e pubblicato in contemporanea sul Journal of American College of Cardiology (la rivista ufficiale del cardiologi americani) In altre parole: l’inquinamento fa ammalare e può essere letale, non soltanto danneggiando i polmoni, ma anche il cuore e senza necessariamente passare per le placche di aterosclerosi. Esso, infatti, determina – sostengono i ricercatori – un’ischemia da spasmo delle coronarie che aumenta fino a 11 volte nei soggetti più pesantemente esposti all’inquinamento da particolato fine (il cosiddetto PM2.5), causato soprattutto dal traffico veicolare. Tecnicamente, lo spasmo delle coronarie “taglia” il flusso di sangue al miocardio, determinando un infarto, cioè la morte del muscolo cardiaco, da “strozzamento” dei vasi. Per PM2.5 (particolato fine) si intendono invece, nel dettaglio, particelle di dimensioni infinitamente piccole che derivano da tutti i tipi di combustione (motori di automobili, impianti per la produzione di energia, combustione di legna per il riscaldamento domestico, incendi boschivi e vari processi industriali).

Numeri, tecniche e risultati della ricerca sull’inquinamento

Come è stata realizzata esattamente la ricerca? Sono stati esaminati 87 pazienti di entrambi i sessi, di età media di 62 anni: il 56% di loro era affetto da ischemia miocardica cronica in presenza di coronarie “sane” mentre il 44% aveva addirittura avuto un infarto a coronarie sane. La loro esposizione all’aria inquinata è stata determinata in base all’indirizzo di domicilio. Tutti sono stati sottoposti a coronarografia, nel corso della quale è stato effettuato un test provocativo all’acetilcolina. Il test è risultato positivo (cioè l’acetilcolina ha provocato uno spasmo delle coronarie) nel 61% dei pazienti. Aspetto cruciale: la positività del test è risultata molto più frequente tra i soggetti esposti all’aria inquinata, in particolare se sono anche fumatori e dislipidemici (la dislipidemia è la presenza anomala di lipidi nel sangue, causata da uno stile di vita sedentario con eccessiva assunzione dietetica di calorie, grassi saturi, colesterolo, e grassi).

 

L’impatto dell’inquinamento sul cuore

“Questo studio dimostra per la prima volta – ha sottolineato il dottor Montone — un’associazione tra esposizione di lunga durata all’aria inquinata e comparsa di disturbi vasomotori delle coronarie, suggerendo così un possibile ruolo dell’inquinamento sulla comparsa di infarti a coronarie sane; in particolare, l’inquinamento da particolato fine (PM2.5) nel nostro studio è risultato correlato allo spasmo delle grandi arterie coronariche”. Gli spasmi del cuore, secondo i ricercatori, potrebbero essere dovuti al fatto che l’esposizione di lunga durata all’aria inquinata determina uno stato di infiammazione cronica dei vasi, con conseguente disfunzione dell’endotelio, cioè lo strato di rivestimento della parete interna dei vasi. “Alla luce dei risultati di questo lavoro – ha fatto notare il professor Filippo Crea, Ordinario di Malattie dell’apparato cardiovascolare all’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma e Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Cardiologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – limitare l’esposizione all’inquinamento ambientale, possibilmente riducendone le emissioni, potrebbe abbassare il rischio residuo di futuri eventi cardiovascolari correlati alla cardiopatia ischemica, sia su base aterosclerotica, che da spasmo delle coronarie. L’uso di purificatori di aria in casa e l’utilizzo delle mascherine facciali quando ci si trova immersi nel traffico delle grandi città potrebbe dunque già essere consigliato ai soggetti a rischio, in attesa di studi che ne valutino il reale impatto sulla riduzione del rischio. E naturalmente ribadiamo il divieto di fumo e la necessità di uno stretto controllo dei fattori di rischio per tutti, ma ancora di più a chi è esposto all’inquinamento, come chi vive in una grande città”.

 

La conferma dai ricercatori di Berlino

Tutto ciò è dimostrato da un altro studio, anch’esso presentato al Congresso della Società Europea di Cardiologia a Barcellona. Un gruppo di ricercatori tedeschi dell’ospedale Berlin Brandenburg Myocardial Infarction Registry ha incrociato i dati relativi a quasi 18mila infarti verificatisi tra il 2008 e il 2014 con quelli relativi alle condizioni atmosferiche come la temperatura giornaliera e i livelli di particolato atmosferico e ossido nitrico. Dalle analisi, corrette da eventuali fattori confondenti, è emerso che gli infarti sono risultati più frequenti nelle giornate con i maggiori livelli di ossido nitrico e nel giorno seguente ad almeno tre giornate continuative in cui si è verificato un innalzamento dei livelli di PM. Relativamente alle condizioni ambientali, si è registrato un aumento nel numero di infarti nelle giornate con temperature più fredde. Risultati che messi insieme indicano, seppur indirettamente, l’effetto dannoso dell’inquinamento sul sistema cardiovascolare.

 

L’importanza della prevenzione primaria

Come sottolineato dai ricercatori del Gemelli e dell’Università Cattolica, i risultati di questi studi fanno emergere, con enfasi ancora superiore, la necessità di praticare una prevenzione primaria all’altezza, a maggior ragione se si vive in grandi città esposte inevitabilmente all’inquinamento dell’aria. Abitudini e stili di vita sani, cioè un’alimentazione equilibrata e ricca di fibre, lo stop a qualsiasi uso di tabacco, un consumo moderato di alcol e un’attività fisica regolare sono gli strumenti principali a nostra disposizione per evitare l’insorgere delle malattie croniche (cardiovascolari, tumori, diabete) che sono la principale causa di decesso nei Paesi occidentali.
La parola d’ordine, di cui Assidai come Fondo di assistenza sanitaria si è sempre fatto portatore presso i propri iscritti (manager, quadri, consulenti e le loro famiglie) con costanti campagne informative e divulgative, è ridurre al minimo i fattori di rischio, insiti invece negli stili di vita sedentari e che prestano scarsa attenzione alla varietà dell’alimentazione.

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