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troppo lavoro fa male alla salute

Lavorare più di 55 ore a settimana è salutare?

Pubblicato il 4 Giugno 2021 Andrea Bertoni In Home page, News /  

Lavorare più di 55 ore a settimana aumenta il rischio di malattie cardiache ischemiche e ictus. A dirlo sono due fonti più che autorevoli, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) che hanno evidenziato questo problema in un’analisi pubblicata sulla rivista scientifica “Environment International” a maggio ed effettuata in base ai dati raccolti in 194 Paesi.

Un allarme che suona ancora più attuale in un momento in cui, causa il Covid e il lavoro a distanza, il tempo passato davanti al pc, al telefono o collegati in meeting virtuali si è allargato a dismisura.

“La pandemia ha significativamente cambiato il modo in cui molte persone lavorano – ha sottolineato il Direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus – Il telelavoro è diventato la norma in numerosi settori di attività, facendo spesso scomparire i confini tra casa e lavoro. Del resto, numerose aziende sono state costrette a ridurre o interrompere le loro attività per risparmiare e le persone che continuano a lavorare finiscono per avere un orario di lavoro prolungato”. Tuttavia, ha aggiunto, “nessun lavoro vale il rischio di ictus o di malattia cardiaca. I Governi, i datori di lavoro e i lavoratori devono collaborare per mettere a punto dei limiti che proteggano la salute dei lavoratori stessi”.

Oltre 55 ore di lavoro settimanali aumentano i rischi

Andiamo però nei dettagli dello studio pubblicato su “Environment International”. Innanzitutto i numeri: lavorare 55 ore o più a settimana – si legge nel report – aumenta il rischio di ictus del 35% e di morire d’infarto del 17% rispetto a chi si limita a 35-40 ore di lavoro a settimana. Dati alla mano, nel 2016 in tutto il mondo quasi 400mila persone, per l’esattezza 398mila, sono decedute per ictus e 347mila per una cardiopatia, in entrambi i casi dopo aver accumulato almeno 55 ore a settimana di lavoro. Non solo. Il fenomeno è in peggioramento se si pensa che tra il 2000 e il 2016 il numero di morti per malattie cardiache legate a orari di lavoro prolungati è aumentato del 42%, e quello di ictus del 19%. In generale, si osserva, la categoria di coloro che lavorano in modo eccessivo è in progressiva espansione: oggi riguarda il 9% della popolazione mondiale ma nei prossimi anni questo numero potrebbe lievitare ulteriormente.

Quali sono le categorie più a rischio? Sicuramente gli uomini (interessati dal 72% dei decessi) e – dal punto di vista geografico e demografico – le persone che vivono nell’area del Pacifico occidentale e nel Sud-Est asiatico e i lavoratori di mezza età o anziani. La maggior parte dei decessi registrati dai ricercatori riguardavano, infatti, persone tra i 60 e i 79 anni che avevano lavorato almeno 55 ore a settimana tra i 45 e i 74 anni.

“Lavorare 55 ore o più a settimana – ha concluso Maria Neira, Direttore del Dipartimento ambiente, cambiamento climatico e salute dell’Oms – rappresenta un grave pericolo per la salute. È arrivato il momento che tutti noi, governi, datori di lavoro e dipendenti apriamo gli occhi e ci rendiamo conto che orari di lavoro prolungati possono provocare morti premature”.

Parole che confermano l’estrema attualità di questo studio e anche uno dei temi affrontati più volte da Assidai: il work-life balance, ovvero il giusto equilibrio tra vita privata e lavoro. Un concetto, quest’ultimo, che è poi alla base anche del welfare aziendale, principio ispiratore di un nuovo tipo di rapporto tra dipendente e datore di lavoro, trend sempre più rilevante in Italia e su cui il nostro Fondo ha sempre lavorato attivamente.

Gli stili di vita e la prevenzione primaria

Quando detto finora conferma un’altra grande campagna portata avanti in questi anni da Assidai, quella per la prevenzione primaria, principale strumento a nostra disposizione contro le malattie croniche (patologie dell’apparato cardiocircolatorio e respiratorio, tumori, diabete) che sono i principali killer a livello mondiale.

Non è un caso che proprio l’OMS abbia messo a punto un piano di azione per ridurre su scala globale del 30% entro il 2030 l’incidenza di queste malattie, anche dette non trasmissibili. Nel 2018 il nostro Fondo aveva promosso la campagna di prevenzione proprio contro il rischio ictus , consentendo a tutti gli iscritti di effettuare gratuitamente l’esame ecocolordoppler dei tronchi sovraortici per rilevare eventuali stenosi carotidee. Era stato possibile prenotare l’esame in tutta Italia presso le strutture sanitarie  convenzionate aderenti all’iniziativa.

In generale un’alimentazione equilibrata, evitare il consumo di alcol o tabacco, svolgere un’attività fisica in modo regolare (o quanto meno evitare la sedentarietà) e adottare stili di vita corretti rappresentano il punto di partenza fondamentale – appunto la prevenzione primaria – per diminuire il più possibile l’insorgenza di malattie croniche. È evidente come il “troppo lavoro” (55 ore a settimana sono l’equivalente di 11 ore al giorno se si assumono cinque giorni lavorativi) – laddove esso non rappresenti, ovviamente, un’eccezione motivata da particolari esigenze o momenti di un’azienda – vada a incidere proprio sullo stile di vita di una persona, azzerando il tempo a disposizione per l’attività fisica oppure costringendolo a pasti improvvisati che, spesso, sono anche quelli meno equilibrati.

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