The European House Ambrosetti sottolinea: resta il divario Nord-Sud e aumenta la concorrenza di altri Paesi come la Spagna e la Francia
“Il ruolo della ricerca e dell’innovazione è cruciale per rispondere alle sfide di salute e alla sostenibilità del sistema. In Italia, abbiamo un ecosistema competitivo nelle Life Sciences, con medici e ricercatori qualificati e strutture di eccellenza. L’impegno politico e istituzionale è evidente, come dimostra la recente ricostituzione del tavolo tecnico sulla ricerca clinica. Tuttavia, assistiamo a una progressiva perdita di competitività dell’Europa in questo settore e dell’Italia stessa rispetto ad altri Stati Membri, come la Spagna, che grazie a solide infrastrutture e un quadro normativo efficace sta diventando sempre più attrattiva”.
È quanto affermano, in un intervento su 24Ore Salute (il portale della sanità del gruppo Sole 24Ore), Daniela Bianco e Giovanni Brusaporco, rispettivamente Responsabile Healthcare ed Healthcare Consultant di The European House Ambrosetti.
Sintetizzando: nelle sperimentazioni cliniche l’Italia mantiene un ruolo di rilievo in Europa, dove si posiziona al quarto posto, ma ci sono due punti su cui prestare attenzione: il persistente divario Nord-Sud che affligge il nostro Paese e l’aumentata concorrenza di altri Stati come Spagna e Francia.
I dati: focus sulla ricerca oncologica
Per quanto riguarda l’Italia, una prima analisi sui dati consolidati al maggio scorso, condotta dal think tank Meridiano Sanità di The European House – Ambrosetti, ha esaminato i trial clinici in oncologia, l’area di ricerca più attiva a livello globale.
I numeri mostrano che almeno un centro italiano partecipa al 30,3% dei 7.623 trial attivi o autorizzati nell’UE, collocando l’Italia al quarto posto dopo Spagna (39,1%), Francia (38,3%) e Germania (30,5%).
Dei 2.311 trial con partecipazione italiana, 1.050 (45,5%) riguardano l’oncologia. Coerentemente con altri report, quasi tutte le sperimentazioni oncologiche sono multicentriche (98%), coinvolgendo strutture di almeno due Regioni (86%) o estere (83%), confermando l’importanza della collaborazione.
Il divario Nord-Sud e la frammentazione delle strutture
L’attività, tuttavia, è concentrata in alcune aree: la Lombardia partecipa all’84% degli studi, seguita da Emilia Romagna (56%) e Lazio (53%).
Inoltre, l’analisi delle 131 strutture italiane coinvolte in trial oncologici evidenzia una forte frammentazione: solo 18 (14%) partecipano a più di 100 studi. Di queste, 11 si trovano nel Nord Italia e solo una nel Mezzogiorno.
Questo divario Nord-Sud – proseguono i due esperti di Ambrosetti – è un problema noto, legato a infrastrutture, investimenti in ricerca, attrattività per i professionisti e organizzazione delle reti.
Per quanto riguarda la distribuzione per patologia, il 79% degli studi (830 su 1.050) si concentra sui tumori solidi, in particolare polmone (177 studi), mammella (101) e colon-retto (64). I tumori del sangue (leucemie, linfomi, mielomi) rappresentano il restante 21% (220 su 1.050).
In linea con i dati AIFA, la maggior parte dei trial oncologici in Italia è promossa da soggetti for-profit, costituiti principalmente da aziende farmaceutiche (75,3% del totale, 791 su 1.050).
I restanti 259 (24,7%) fanno capo a soggetti no-profit, come strutture sanitarie pubbliche (54,1%), associazioni di pazienti (23,2%) e università (9,3%). I primi 20 promotori (16 for-profit e quattro no-profit) sponsorizzano complessivamente il 50% delle sperimentazioni.
L’Irccs Istituto Nazionale Tumori Pascale di Napoli, con 18 studi, è il promotore no-profit più attivo del Sud. Infine, conclude lo studio, l’analisi delle fasi sperimentali rivela che un trial su due (50,5%) si trova in Fase III. I trial di Fase I e II coprono il 47,9% del campione, mentre quelli di Fase IV sono poco più dell’1 per cento.











